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Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti

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Una crescita maggiore delle attese, fissata all’1% mantenendo un approccio prudente dovuto all’incertezza che condiziona lo scenario globale, tra la guerra in Ucraina, la stretta monetaria e le crisi nel sistema bancario e finanziario. E un tesoretto di 3 miliardi destinato al taglio del cuneo fiscale per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie contro il carovita e disinnescare la spirale prezzi-salari.

Sono i numeri e gli obiettivi di spicco del primo Documento di economia e finanza del governo guidato da Giorgia Meloni, approvato ieri pomeriggio dal Consiglio dei ministri, che rivede al rialzo le stime sul Prodotto interno lordo, allo 0,9% nel quadro tendenziale, all’1% in quello programmatico, rispetto allo 0,6% indicato nella Documento programmatico di bilancio (Dpb) dello scorso novembre scorso.

«Il governo  ha tracciato la politica economica per i prossimi anni, una linea fatta di stabilità, credibilità e crescita – afferma Meloni -. Rivediamo al rialzo con responsabilità le stime del Pil e proseguiamo il percorso di riduzione del debito pubblico. Sono le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa»

Nonostante il contesto, sottolineano dal Mef, l’economia italiana dà prova di resilienza e vitalità: il 2022 si è chiuso con il Pil in aumento del 3,7% e dopo il rallentamento nella seconda parte dello scorso anno, gli indicatori, tra cui gli indici di fiducia di famiglie e imprese, segnalano un ritorno alla crescita nel primo trimestre.

Viene rivista al ribasso all’1,4% (+1,5% nel quadro programmatico), invece, la crescita prevista per il 2024, dal +1,8% del Dpb; in linea con le precedenti stime, +1,3%, quella del 2025, rallenta al +1,1% nel 2026 (stesse percentuali per entrambi gli anni nel programmatico).

Resta al 4,5% nella previsione programmatica il deficit, che rispetto al 4,35% del quadro tendenziale consente di ritagliare uno spazio di manovra, circa 3 miliardi, per misure di sostegno all’economia. E tanto vale il taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso  annunciato nella nota del Mef che, si sottolinea “sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie e contribuirà alla moderazione della crescita salariale. Insieme ad analoghe misure contenute nella legge di bilancio, questa decisione testimonia l’attenzione del governo alla tutela del potere d’acquisto dei lavoratori e, al contempo, alla moderazione salariale per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”. Si considerano prioritari gli interventi a sostegno di famiglie e imprese, misure per rilanciare gli investimenti e sostenere la competitività del Paese, e la sostenibilità dei conti pubblici – soprattutto in vista della riforma del Patto di stabilità sul tavolo a Bruxelles.

Per il 2024 il deficit è visto al 3,7%%, al 3% nel 2025, fino al 2,5% nel 2026. In discesa – anche se con un ritmo più contenuto rispetto a quello consentito negli ultimi due anni dalla corsa del Pil e appesantito dal Superbonus – il debito, che nel 2022, ha certificato Bankitalia, si è attestato al 144,4% (contro il 145,7% previsto nel Dpb) quindi sotto l’obiettivo fissato nella Nadef per quest’anno, ovvero il 144,6%. Nel 2023 dovrebbe scendere al 142,1%, al 141,4% nel 2024, al 140,9% nel 2025 e  fino al 140,4% nel 2026. “Non possono essere ignorati – puntualizza il Mef –  gli effetti di riduzione del rapporto debito/Pil che si sarebbero potuti registrare se il Superbonus non avesse avuto gli impatti sui saldi di finanza pubblica che sono stati finora registrati”.

«La prudenza di questo documento è ambizione responsabile», sottolinea il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, indicando le sfide da affrontare, dai cambiamenti climatici al declino demografico, «ma anche le notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese».

«Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi e riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell’essere persona». «È realistico puntare – aggiunge – per i prossimi anni ad un aumento del tasso di crescita del Pil e dell’occupazione, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale».

Una spinta significativa in questo senso è attesa dal Pnrr, su cui però pesano i ritardi sulla tabella di marcia, mentre il governo è impegnato sui chiarimenti richiesti da Bruxelles cui è appesa la terza rata da 19 miliardi e nella trattativa per la rimodulazione di alcuni interventi e nella stesura del capitolo RepowerEu con gli investimenti per far fronte all’emergenza energetica.

Ma, sottolineano dal Mef, “per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo non basta soltanto il Pnrr. È necessario, infatti, investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso di quello del Piano e che consenta di creare condizioni adeguate a evitare nuove fiammate inflazionistiche. È questo un tema che deve essere affrontato non solo in Italia, ma anche in Europa“.

Il Consiglio dei ministri ha dato  poi dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale di fronte all’incremento delle migrazioni sulle le rotte del Mediterraneo in modo, spiega Meloni, da «dare risposte più tempestive ed efficaci alla gestione dei flussi»: avrà la durata di sei mesi e prevede un primo stanziamento di cinque milioni.

Disco verde al ddl capitali che, tra le altre cose, alza da 500 milioni a 1 miliardo la soglia per la classificazione delle Pmi quotate in borsa o nei mercati regolamentati, e al ddl con misure contro i vandali d’arte, con molte da 20mila a 60mila euro per chi imbratta o deturpa beni culturali o paesaggistici.  «Chi danneggia deve pagare in prima persona», ha dichiarato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, sottolineando che  il ripristino della facciata del Senato è costato 40mila euro. Resta aperto il dossier “nomine”, e si intensifica il confronto per mettere incastrare tutte le caselle entro domani, quando dovrebbero essere messi nero su bianco in un’unica tornata i nomi dei nuovi vertici di Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna.


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