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Luca Zaia

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Si infiamma l’apocalisse nel Triveneto. Esonda l’Adige, l’Autostrada del Brennero è chiusa, 150 case vengono scoperchiate e ridotte a mucchietti di calce, le città sono talmente flagellate dalla pioggia tropicale che ognuna di esse somiglia da una piccola Venezia. E, nel mezzo di questo delirio che avvolge la Padania a nordest, ecco che s’erge un solo uomo al comando.

L’UOMO SOLO AL COMANDO

Il suo nome è Zaia, Luca Zaia: el governador, el Doge, il “leghista dal volto umano”, secondo la vulgata dei suoi nemici che tentano di contrapporlo a Matteo Salvini (peraltro riuscendoci perfettamente).

Zaia, pura razza padana, oggi, alla vigilia delle elezioni Regionali del suo Zaiastan, ossia del Veneto al di fuori delle rotte dove la sua egemonia tocca anche il 60/70% dei consensi, è sugli scudi più del solito. Zaia, memore delle alluvioni benissimo gestite nel 2010, estende lo stato di crisi in tutta la sua Regione laddove i politici romani di territorio latitano.

Eppoi, promette l’apertura delle scuole con più autobus e mascherine. I suoi interventi inondano la cronaca nazionale. Sono uscite astutissime dal punto di vista della retorica, ma prendono ferocemente le parti dei propri elettori i quali forniscono allo stato 150 miliardi di Pil all’anno: «Voglio vedere – dice el Doge – se qualcuno ha il coraggio a livello nazionale di dire che qui non c’è diritto di indennizzo. Le avversità atmosferiche ci dicono che questa è la stessa perturbazione che è partita da Verona e sta massacrando il Veneto in questi giorni. Per me è quindi un unico stato di crisi, un unico pacchetto che stiamo costruendo, spero nel giro di qualche giorno di chiudere anche questa partita e presentare il conto a Roma».

I SONDAGGI

Oppure: «Se due lavoratori possono operare fianco a fianco, in virtù dell’accordo nazionale che è stato siglato ad aprile tra governo e parti sociali, ovviamente usando la mascherina, non capiamo perché gli stessi due colleghi in autobus devono stare distanziati. Chiediamo che ci sia la capienza dell’omologazione dei bus con l’uso della mascherina a bordo».

Cose così. E questo fa in modo che i sondaggi lo blandiscano senza che lui si produca in un comizio che sia uno. Per “Repubblica” nella classifica delle leadership nazionali Zaia, col 54%, è di poco dietro a Giuseppe Conte ancora primo ma in calo di 5 punti (60%); e mantiene il podio di un punto sopra la new entry Mario Draghi. Nel sondaggio elettorale del Sole 24Ore, invece sbaraglia tutti col 60%.

Può piacere o meno, ma l’homo venetus sta diventando il punto d’orizzonte, l’arca perduta del popolo degli scontenti del centrodestra. Stimato da avversari come Calenda, Renzi e Bersani, invocato da sodali di coalizione come Berlusconi, attenzionato dai suoi stessi dirigenti di partito (da Borghi a Salvini stesso), Zaia con il suo savoir faire di antico lignaggio democristiano -della Dc che poco parlava e molto faceva, potrebbe far di tutto. Il leader di partito, il ministro, perfino il premier.
Solo che non fa nulla per alimentare questa sua onnipotenzialità in pectore. Primo perché non è scemo, e scendere ora in campo ora, col casino che c’è, sarebbe estremamente antiigienico. Secondo perché quel suo senso di lealtà, bizzarro per un politico medio, gli impedisce di tradire i vecchi compagni di viaggio, soprattutto se fanno i segretari di partito (Maroni ha ragione: non farà mai le scarpe a Salvini).

PESCA VOTI SENZA MUOVERSI

E proprio per questa atipicità da vecchio politico di territorio, rende Zaia, sulla carta, il più appetibile candidato per qualunque tipo di ripartenza, sia essa politica, morale, economica. Sulla gestione del Covid ci ha messo ogni giorno la faccia, contenendo alla grande il contagio e stracciando ai punti la Lombardia (lo dico orgogliosamente da veneto). Sulla vendemmia che s’avvicina ha appena chiesto il blocco della quarantena per 3.000 operai delle Marca trevigiana. Sul nubifragio che ha colpito Verona, ha provveduto sotto l’hashtag #orgoglioveneto a informare con tanto di foto che la situazione era stata risolta in 24 ore: «Questo è il Veneto, questo sono i veneti».

In più viene – come sottolinea spesso – dalla zolla. Ha fatto l’operaio, il dj, l’istruttore di equitazione, l’insegnante. Gode quasi sessualmente quando gli parlano di animali, di cibo e di ecologia. Quindi è in grado di pescare, senza muovere un dito, negli elettorati più disparati. Il suo silenzio elettorale, ora, è il più rumoroso…


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