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I leader del centrodestra Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini

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Venerdì, Palazzo Madama. Il Senato è deserto ma è già conto alla rovescia. Cosa succederà mercoledì prossimo? Forza Italia ondeggia: ci sono le colombe ma anche i falchi. Morire responsabili o salviniani? I berlusconiani di ogni gradazione e grado sono in estrema confusione. Passeggiano attorno ai palazzi, si ritrovano nei ristoranti a pochi passi da via San Luigi dei Francesi, sono dubbiosi, guardano continuamente l’orologio, come se da un momento all’altro dovesse arrivare un segnale del grande Capo: «Ragazzi, era uno scherzo, noi siamo per il Mes».

PASSAGGIO CRUCIALE

Nei banchetti si parla, si ride e soprattutto si riflette. L’impressione di molti è che il passaggio di mercoledì sia cruciale per il futuro di Forza Italia. Dice Paolo Romano, ormai ex azzurro: «Ormai Forza Italia si è accucciata alle posizioni sovraniste. Capisco Salvini, capisco la Meloni, ma per gli azzurri di Berlusconi è l’occasione di dimostrare di essere un partito di centro, europeista….».

Votare con Lega e Fratelli d’Italia rovinerebbe i rapporti con quell’Europa e con il Ppe di cui Berlusconi è autorevole esponente. «E di fatto – sospira un parlamentare – segnerebbe la fine di Forza Italia: diventeremo una corrente di via Bellerio».

Responsabili o falchi, è questo il dilemma nelle ore che preparano il voto di mercoledì in Senato. Gli sherpa sono al lavoro per tenere insieme il gruppo parlamentare e forse, è il sottinteso, per salvare la compagine fondata dal Cavaliere nel 1994. La giornata di venerdì scorre all’insegna dell’interlocuzione. «A oggi è tutto fermo. La speranza è che il presidente riceva una telefonata dalla Merkel». Apparentemente, rivelano dai piani alti del palazzo, «il clima dentro la casa azzurra si è rasserenato rispetto ai giorni scorsi».

In questo contesto si deve destreggiare un Cavaliere, tirato per la giacca da una e dall’altra parte. Così, dopo essere stato riabilitato dalla sinistra, dopo aver tirato fuori dal cilindro un coniglio che ha spiazzato gli alleati e condotto il centrodestra a votare lo scostamento di bilancio, si ritrova ora ad aver detto no al Mes. Notizia che non solo ha fatto il giro di mezza Europa ma ha innescato il redde rationem dentro al gruppo azzurro. Raccontano che in queste ore i vertici azzurri starebbero lavorando una exit-strategy, a una risoluzione che possa distinguere la posizione di Forza Italia da quella sovranista degli alleati: in pratica, l’idea di fondo è di presentare una risoluzione che dica sì al Mes sanitario, ma giudicando insufficiente la riforma del Fondo Salva Stati. Basterà, sarà sufficiente? «Non credo che Berlusconi alla fine voterà no al Mes…» profetizza una che sa sempre tutto come Pierferdinando Casini, conoscitore come pochi del palazzo e fino al 2006 a capo di un partito, l’Udc, che componeva la coalizione di centrodestra.

COLPO DI SCENA

Non a caso c’è chi immagina un coup de théatre del Cavaliere che mercoledì – così come nel giorno del voto sullo scostamento – muterebbe posizione sulla riforma del Mes e sosterebbe la risoluzione di maggioranza. Nessuno osa scommettere su questo scenario. Eppure se fosse così sarebbe un cataclisma dentro e fuori la coalizione di centrodestra. Morire responsabili o salviniani? Anche se su Forza Italia vale sempre il teorema di Marcello Dell’Utri: «Dopo lui ci sarà il diluvio».


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