Il Palazzo della Consulta a Roma
3 minuti per la letturaÈ opinione comune che la buona, corretta ed efficace utilizzazione, come è dovuto, delle risorse finanziarie che l’Unione Europea rende disponibili con il Recovery Fund, costituisca, per ammontare e obiettivi, una straordinaria e non ripetibile occasione di ripresa e sviluppo del Paese, e consenta finalmente di perseguire e raggiungere il riequilibrio economico e sociale tra le sue diverse aree, assicurando nuove prospettive di sviluppo per il Mezzogiorno.
Ne dovrebbe dare una efficace immagine il Piano nazionale di ripresa e resilienza, le cui Linee guida il Governo ha sottoposto all’esame del Parlamento per raccoglierne le valutazioni e gli indirizzi in vista della sua definizione. Ma proprio l’analisi e le convergenti valutazioni delle Commissioni della Camera e del Senato ne mettono in luce la non adeguata rispondenza all’esigenza di rimuovere gli squilibri e assicurare il rilancio del Mezzogiorno, che non costituisce solamente un dovere legato alla coesione ed alla solidarietà, ma è condizione per lo sviluppo dell’intera comunità nazionale.
Il Senato, con le sue Commissioni riunite, per la Programmazione economica e per le Politiche dell’Unione europea, ha indicato un principio guida, stabilendo che “un’attenzione particolare dovrà essere posta nell’azione di rinnovamento e rilancio del Mezzogiorno, nonché delle aree interne e delle isole minori, dove maggiormente si concentrano le difficoltà italiane, e quindi verso la necessaria identificazione di criteri specifici per il riequilibrio della competitività delle varie aree del Paese”. Sono stati anche indicati settori “come le infrastrutture fisiche e le infrastrutture sociali, in cui i fabbisogni di investimento di alcune aree del Mezzogiorno sono ben superiori alla ricordata misura del 34 per cento”, vale a dire alla percentuale che dovrebbe raccordare la ripartizione dei fondi alla popolazione residente.
Un analogo indirizzo è stato dato dalla Commissione Bilancio, tesoro e programmazione della Camera, per la quale «l’obiettivo prioritario resta quello di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, al fine di colmare, nel giro di alcuni anni, il divario infrastrutturale che rallenta la crescita di quei territori», segnalando l’effetto di «più elevata crescita economica complessiva, nel breve come nel lungo periodo, derivante da una maggiore concentrazione delle nuove risorse di investimento nel Mezzogiorno».
In entrambi i casi si tratta di osservazioni critiche e propositive delle quali il Governo è tenuto a tener conto, rivedendo in conformità ad esse le Linee guida, in modo da adeguare la redazione del Piano nazionale alle indicazioni del Parlamento. Si potrebbe ritenere che ne derivi un vincolo politico per il Governo, giuridicamente non costrittivo, rispetto al quale tuttavia il Parlamento ha strumenti per assicurarne l’osservanza, intervenendo sulle leggi di bilancio in conformità agli indirizzi enunciati, come pure disponendo vincoli di conformità a quegli indirizzi nella allocazione delle risorse per le grandi opere da programmare e finanziare.
Del resto, non può essere considerata priva di fondamento la possibilità di prefigurare un vincolo costituzionale per la ripartizione di queste straordinarie risorse finanziarie secondo criteri che tengano adeguato conto della esigenza di riequilibrare le condizioni economiche e sociali del Paese, in conformità agli indirizzi parlamentari.
La costituzione stabilisce che lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali per promuovere lo sviluppo e rimuovere gli squilibri economici e sociali, bilanciando le linee del cosiddetto federalismo fiscale introdotto nell’articolo 119 della costituzione con la riforma del 2001. È ragionevole ritenere che le risorse aggiuntive siano tali se nella loro misura si aggiungono, appunto, a quelle che risulterebbero dal criterio di ripartizione rapportato alla popolazione residente, venendo destinate a colmare le carenze nelle infrastrutture che limitano lo sviluppo economico. Si può obiettare che l’articolo 119 enuncia una disposizione programmatica, che orienta il legislatore tenuto alla sua attuazione ma non vincolato da un puntuale contenuto. Ma anche le disposizioni programmatiche hanno un valore precettivo, e se ci si discosta palesemente da esse ne deriva una illegittimità che la Corte costituzionale, se investita della questione, potrebbe sanzionare. Il percorso per proporre una simile questione, da parte delle Regioni interessate, non è semplice ma neppure fantasioso o impossibile.
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RE-INVITO AL DIRETTORE ROBERTO NAPOLETANO
Dopo aver letto l’articolo del 3.8.2020 dell’ex Presidente della Corte Cost. Cesare Mirabelli (v. appresso), in data 2.9.2020 (https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/le-due-italie/economia/2020/09/02/lo-scippo-al-sud-non-si-ferma-piu-dirottati-al-nord-altri-645-miliardi/ ) ho auspicato che il Quotidiano del Sud chiedesse ai Presidenti delle Regioni del Sud di presentare un ricorso alla Corte Cost.:
“La denuncia dello scippo da parte del Quotidiano del Sud è meritoria e opportuna, ma esprimo la speranza che vada oltre. Usando la chiave potente della legge. In questo caso la violazione è duplice: la Costituzione (art. 119) e la legge n. 42 del 2009. A mio avviso, il Quotidiano del Sud dovrebbe chiedere ai Presidenti delle Regioni meridionali di (i) alzare all’unisono la loro voce nelle sedi opportune contro la sperequazione; e soprattutto (ii) promuovere un ricorso alla Corte Cost. contro le leggi che ripartiscono le risorse in base alla spesa storica, a nulla rilevando l’argomentazione del cosiddetto residuo fiscale, poiché il rapporto del cittadino col fisco, secondo Costituzione, è individuale, NON regionale.”
Successivamente, ho invitato più volte il Direttore Napoletano a organizzare un tavolo su tale ricorso con i Presidenti delle Regioni del Sud, dimostratisi inerti.
Il 24 ottobre scorso (https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/le-due-italie/2020/10/24/covid-il-diritto-alla-salute-dovrebbe-essere-uguale-per-tutti-ma-per-il-sud-e-meno-uguale-lo-stato-e-tenuto-a-intervenire/ ), allora, ho rivolto al Prof. Cesare Mirabelli, sull’incostituzionalità del riparto delle risorse tra le Regioni, che penalizza il Sud, il seguente quesito.
Ora (9.12) il Prof. Mirabelli, riferendosi al PNRR, scrive:
Facendo, dunque, carico alle Regioni interessate, e soltanto a loro, del ricorso alla Corte Costituzionale.
Allora, Direttore Napoletano, sotterri per un po’ il bastone e promuova un incontro, anche virtuale, dei presidenti delle Regioni meridionali su questa questione fondamentale, che ora riguarda il riparto sia delle risorse ordinarie che di quelle straordinarie del PNRR.