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Il premier Giorgia Meloni e il ministro Daniela Santanchè

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Dalle indagini a carico del ministro Santanché (la premier è pronta a chiederne le dimissioni se la situazione dovesse peggiorare) alla richiesta di imputazione coatta per il sottosegretario Delmastro. E per finire l’accusa di violenza sessuale per il figlio di La Russa. Il Governo di Giorgia Meloni alle prese con il caso giustizia

Mai Giorgia Meloni avrebbe pensato di ritrovarsi sotto attacco dalla magistratura. Mai, proprio lei, che aveva difeso l’operato delle toghe. A Palazzo Chigi mettono in fila quello che è successo nelle ultime 24 ore: la campagna stampa messa in atto da alcuni giornali che hanno rilanciato le indagini a carico di Daniela Santanché nel giorno dell’informativa al Senato della ministra del Turismo.

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E ancora: la presa di posizione da parte del Gip di ordinare l’imputazione coatta per il sottosegretario Andrea Delmastro. E per finire: l’indagine con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato. Ecco, mentre tutto questo succedeva l’inquilina di Palazzo Chigi ha fatto filtrare che il vaso dei rapporti tra politica e magistratura fosse stracolmo.

E ha fatto diffondere un dispaccio firmato, nella serata di giovedì, firmato “fonti di Palazzo Chigi” in cui la premier accusa «una fascia della magistratura» di muoversi in sintonia con l’opposizione e di aver aperto in grande anticipo la campagna elettorale delle Europee del 2024. Insomma, il sentiment della war room meloniana rimanda a un titolo famoso degli ultimi trent’anni di politica nazionale: «Giustizia ad orologeria».

Ed è su queste note che ieri mattina «fonti di via Arenula», dunque del ministero della Giustizia, «manifestano ancora una volta, lo sconcerto e il disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe essere riservato». Ed è per tal ragione che dal dicastero guidato da Carlo Nordio viene fatto filtrare che sia necessaria una riforma dell’avviso di garanzia, con l’obiettivo di «eliminare questa anomalia tutelando l’onore di ogni cittadino presunto innocente fino a condanna definitiva».

In questo contesto il viceministro della Giustizia, Paolo Sisto, prova a spegnere lo scontro tra poteri dello Stato e in un’intervista al Messaggero mette a verbale che «il tempo delle guerre con la magistratura è finito. I magistrati belligeranti e i guerrafondai “En pendant” vanno isolati perché il Paese e i cittadini hanno bisogno della migliore politica e della migliore giustizia possibile».

Caso giustizia governo Meloni: le reazioni

Va da sé che tutto questo ha infiammato il clima politico e ha acuito la distanza tra la destra e la sinistra, presenti in Parlamento. L’ex Guardasigilli Andrea Orlando, dirigente e parlamentare del Pd, respinge la tesi della teoria del complotto ai danni dell’esecutivo Meloni: «Non conosco nel dettaglio le vicende processuali che riguardano il ministro Santanchè. Ho avuto modo, invece, di seguire, per ragioni forse note, con più attenzione quelle del sottosegretario Delmastro. Per questo posso dire che la teoria di un complotto giudiziario mi pare un po’ azzardata e sorprende che possa essere attribuita a “fonti Palazzo Chigi».

Ancora più dura la nota diffusa dal M5s: «L’attacco di queste ore del governo alla magistratura sui casi Santanché e Delmastro è una vergogna e un bruttissimo momento per la nostra democrazia. Siamo di fronte a una fase pericolosa e grave per la vita delle nostre istituzioni – proseguono – dopo mesi di assalti e aggressioni ad altri soggetti istituzionali. Ogni qualvolta qualcuno, legittimato a farlo, smentisce il governo o fa osservazioni sul suo operato, partono attacchi, annunci di riforme o interventi normativi immediati, come nel caso del controllo concomitante della Corte dei Conti sul Pnrr».

La Russa difende il figlio

La giornata scivola via tra una difesa del presidente del Senato nei confronti del figlio che fa discutere – «mi ha detto che quella ragazza era una sua compagna di scuola che non vedeva da tanto tempo. E che durante la serata gli ha raccontante cose della sua vita a dimostrazione che era lucida» – e sfoghi di esponenti della maggioranza che ripetono che «non si possono spendere 200 milioni all’anno per intercettazioni che si rivelano nella maggioranza dei casi inutili».

Insomma, lo scontro tra magistratura e politica continua. Sembra di essere tornati agli anni più caldi della stagione berlusconiana quando l’esecutivo del Cavaliere duellava con il Csm e le procure d’Italia. Al contempo c’è un governo, quello di Meloni, in difficoltà.

Meloni pronta a chiedere le dimissioni di Santanchè

L’inquilina di Palazzo Chigi è pronta a chiedere le dimissioni di Santanché, se lo scenario dovesse peggiorare. Di sicuro, non sarà semplice gestire uno scenario del genere, perché la diretta interessante è un pezzo da novanta del partito ed è strettamente connessa al presidente del Senato. Non è dato sapere quando arriverà il momento del passo indietro. «Prima arriverà, prima sarà meglio per Giorgia».

Resta da capire se sostituirà la ministra con un esponente di Fd’I o con un profilo di Forza Italia. Non aprire il mercato del ministero del Turismo, «come se fossimo al calciomercato», è il comandamento della war room di palazzo Chigi. Perché, spiega una fonte qualificata, «un rimpasto indebolirebbe prima di ogni cosa Meloni». Una sostituzione lampo o al più prenderebbe le deleghe la stessa Meloni.

E che la situazione stia deflagrando lo si comprende dall’attacco della segretaria del Pd, Elly Schlein: «Vorrei sapere dov’è il presidente Giorgia Meloni e perché non esce dal suo silenzio e non si assume le sue responsabilità su quando dichiarato dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, sull’idea che le donne che denunciano più tardi non meritano di essere credute; che cosa ne pensa della ministra Santanché che ha affermato pubblicamente in aula di non essere indagata quando risulta invece di essere indagata. E ancora, cosa pensa del ministro Nordio che ha detto che delle informazioni rivelate del sottosegretario Delmastro non erano riservate quando si scopre che erano riservate».


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