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Daniela Santanchè, ministro del Turismo

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IL GIORNO dopo l’informativa di Daniela Santanché, il termometro dei palazzi della politica oscilla. Le temperature salgono e scendono, a secondo dell’orario. All’ora di pranzo, ad esempio, nel Transatlantico di Montecitorio c’è chi scommette sul passo indietro della titolare del ministero del Turismo. Anche perché dalle parti di via della Scrofa temono che da qui in avanti il clima possa ulteriormente surriscaldarsi e non intendono dunque ritrovarsi a battagliare con la magistratura nel pieno del mese di agosto. Per di più nelle ultime ore si è aggiunta l’imputazione coatta per il sottosegretario Andrea Del Mastro. Un altro caso che può sicuramente impattare sugli equilibri del governo. Ecco perché un senatore di fede meloniano ammette: «A oggi non abbiamo elementi per valutare il quadro. Bisognerà vedere cosa ci sarà scritto in questo fantomatico avviso di garanzia».

Di sicuro la ministra del Turismo Daniela Santanchè è indagata dallo scorso 5 ottobre nell’inchiesta milanese con al centro Visibilia, il gruppo editoriale che ha fondato. Oltre a lei sono indagate altre cinque persone che hanno avuto ruoli societari, tra cui la sorella Fiorella Garnero che è stata consigliera e il compagno della senatrice di Fdi Dimitri Kuntz D’Asburgo, il quale è stato presidente di Visibilia Editore. Da quanto si è appreso da fonti qualificate del palazzo di giustizia milanese, la secretazione del nome della ministra è del giorno successivo all’iscrizione, ossia il 6 ottobre ed è “scaduta” tre mesi dopo. Eppure la diretta interessata continua a negare: «Non ho ricevuto ad ora, alle ore 15, nessun avviso di garanzia», ribadisce all’uscita dall’evento sul Pnrr organizzato dall’Anci.

Certo è che qualcosa si muove dalle parti di maggioranza. Ufficialmente le truppe di Forza Italia e Lega sono allineate alla titolare del dicastero del Turismo nel segno del garantismo. Sotto sotto, però, i malumori sono diffusi. I più infuriati sono i leghisti che a bassa voce si lasciano andare con frasi del tipo: «La sua difesa in Aula non sta in piedi». E quando i colonnelli di Meloni vengono a sapere queste voci replicano a muso duro: «Ma il Capo della Lega, nonché il vicepremier, non è sotto processo?». Insomma, seppur a bassa tensione, volano gli stracci tra alleati della stessa maggioranza. Poi certo, le dichiarazioni ufficiali vanno in altra direzione. Ad esempio, il capogruppo a Montecitorio della Lega, Riccardo Molinari – il primo a chiedere alla ministra Santanché di presentarsi in aula a dare spiegazioni – usa queste parole ai microfoni di Agorà Estate: «La Santanché ha fatto un’informativa che non era tenuta a fare, l’ha fatta su atti che non riguardano la sua attività di ministro. Ha voluto fare chiarezza. Come maggioranza non possiamo che prendere atto della sua scelta e essere soddisfatti di quello che ha detto. Quello che sarà lo dovranno decidere altri organismi non certo il Senato della Repubblica». E ancora: «Che la Santanché abbia mentito è tutto da verificare. La mozione era scontata, la maggioranza difenderà ovviamente il ministro Santanché e non voterà la mozione di sfiducia».

Fortuna che in soccorso della maggioranza sia arrivato il sostegno di Italia viva di Matteo Renzi. «Il parlamento non è un tribunale. Inoltre l’approccio che adotta una parte dell’opposizione, affrettandosi a presentare una mozione di sfiducia nei riguardi della ministra di Fratelli d’Italia, ottiene come sempre il solo l’obiettivo di cementare ancora di più la maggioranza» teorizza il super renziano Ettore Rosato. Tutto questo basterà a impedire le dimissioni? Parola, quest’ultima, che viene pronunciata solo da una parte dell’opposizione. Ma lontano dai microfoni e dai taccuini diversi esponenti della maggioranza si sentono in imbarazzo per tutto quello che sta succedendo. L’ipotesi rimpasto viene esclusa a più livelli. Semmai, in caso di passo indietro da parte di Santanché, la war room di Palazzo Chigi immagina una sostituzione lampo con l’azzurro Valentino Valentini in pole position. L’ex pontiere di Silvio Berlusconi con la Russia ha già la delega al commercio estero. Meloni vorrebbe evitare di aprire il vaso, anche perché a quel punto i leghisti proverebbero a conquistare il ministero del Turismo. Casella su cui Salvini si era assai speso nei giorni della formazione dell’esecutivo. Certo, si tratta di voci. Ma sono voci che girano con insistenza nel Transatlantico di Montecitorio e nel salone Garibaldi del Senato. E che di fatto non aiutano la posizione di Santanché, la quale viene presa di mira dalle opposizioni, anche nelle ore successive all’informativa.

Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana è il più duro: «Non è degna di rappresentare le istituzioni». Segue a ruota il M5S che ha depositato la mozione di sfiducia nei confronti di Santanché. «Anche alla Camera il Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione di sfiducia alla ministra Santanchè. Abbiamo chiesto più volte che la ministra venisse in Aula a fornire le opportune spiegazioni sulle gravi accuse ed evidenze che la riguardano, ma ha provato a sottrarsi in tutti i modi e così facendo ha mancato di rispetto a un ramo del Parlamento e a una delle istituzioni che dovrebbe essere in grado di rappresentare». E se il Pd si è accodato in un secondo momento sulla mozione di sfiducia, dal Nazareno Toni Ricciardi insiste sul passo indietro: «Ci si è dimessi per molto meno. Credo sia del tutto evidente che la Santanché non possa più ricoprire l’incarico di ministro della Repubblica senza ledere l’immagine del Paese e quella dell’esecutivo. Abbia un pò di dignità, di rispetto delle Istituzioni e dei cittadini e faccia oggi stesso un passo indietro». Non è dato sapere se tutto questo compatterà la maggioranza. Di sicuro, l’impressione è che alla fine sarà Meloni a decidere per cercare di evitare che gli strascichi della vicenda si riflettano sul governo.


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