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Elly Schlein

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A distanza di un anno dalla vittoria elettorale del centrodestra bisogna cominciare a chiedersi se l’opposizione di centrosinistra sia capace non solo di opporsi, come è corretto che sia, ma anche di esprimere, una propria idea di governo, capace di proporsi con successo agli elettori nelle prossime occasioni di voto con l’obiettivo di governare il Paese.

Una domanda necessaria, visto il rischio che corre oggi il Pd di ridurre la sua azione politica a uno sterile contrasto, del tutto privo di prospettive di governo.

IL RISCHIO CORBYN

Nel Regno Unito, la sinistra radicale e populista di Jeremy Corbyn, dopo aver conquistato la leadership del Labour, ha trascorso più di un decennio all’opposizione del governo dei Tories. A dispetto dei numerosi errori e scandali che hanno segnato l’operato dei conservatori, i laburisti non sono mai stati capaci di elaborare una credibile alternativa di governo: il risultato è che il sistema dell’alternanza democratica si è momentaneamente bloccato per la manifesta inadeguatezza di uno dei due contendenti.

Solo adesso che la guida del Labour è passata al riformista Keir Starmer si intravvede la possibilità di un cambio di governo a Downing Street alle prossime elezioni generali, dopo quasi 14 anni di governo a guida conservatore.

L’Italia rischia la stessa impasse. Il Pd di Elly Schlein ha deciso di privilegiare una linea radicale e populista all’inseguimento di Cgil e M5s che lo rende del tutto inservibile per un impegno di governo, in controtendenza con la storia che lo ha preceduto (l’Ulivo) e con il suo stesso statuto fondativo che ne esalta la vocazione a governare.

IL PASTICCIO CASELLATI

Un esempio evidente è la riforma costituzionale. Certo, il disegno di legge Casellati si è rivelato un pasticcio. Promette di non stravolgere la Costituzione, ma di fatto l’elezione diretta del premier svuota le prerogative del Quirinale e smonta la forma di governo parlamentare.

Promette di far pesare di più la volontà popolare, ma non cambia la legge elettorale basata su liste bloccate, mentre irrigidisce la dinamica parlamentare a vantaggio della maggioranza pro tempore. Promette di non toccare i poteri del capo dello Stato, ma ne depotenzia le prerogative in fatto di nomina del presidente del Consiglio e di scioglimento delle Camere.

Infine, promette di evitare i ribaltoni ma ne permette un solo caso, del tutto insensato, in cui l’eventuale secondo premier della legislatura, privo della legittimazione popolare diretta, deve essere scelto all’interno della maggioranza e risulta addirittura titolare del potere di porre fine alla vita del Parlamento, prerogativa preclusa al premier eletto dal popolo. Insomma, l’opposizione ha certamente buoni motivi per dire “no”.

Ma dire “no” è sufficiente per un partito come il Pd? Finora, Elly Schlein si è ben guardata dall’avanzare una controproposta alternativa, coerente e competitiva. La prima ragione è che lei per prima, per storia e per cultura, non crede e non ha mai creduto alle riforme istituzionali.

La seconda è che, negli ultimi anni, il Pd ha collettivamente smarrito il senso della sua propria ispirazione riformista. Prima con la celebre Tesi 1 dell’Ulivo e poi con le diverse proposte di riforma avanzate (l’ultima è quella sconfitta al referendum costituzionale del 2016), il centrosinistra ha sempre mostrato sensibilità e responsabilità verso il necessario cambiamento della seconda parte della Costituzione per attrezzarla alle sfide del presente.

LA CONTROPROPOSTA

Oggi la segreteria del Pd ha scelto, contro la sua stessa storia, la via della conservazione dell’esistente. Ma, ritirandosi sdegnata su posizioni “aventiniane” lascia completamente al governo Meloni la bandiera del cambiamento.

Per superare questa paralisi, l’associazione riformista Libertà Eguale ha proposto nello scorso weekend una bozza di articolato per il rafforzamento del premierato. L’autore della proposta, il costituzionalista ed ex parlamentare Stefano Ceccanti, suggerisce due modifiche. Un modello di premierato, con legge elettorale maggioritaria a doppio turno, per legittimare allo stesso tempo una maggioranza di governo e il relativo leader. Un meccanismo coerente di stabilizzazione del governo, basato su elezioni anticipate quando il premier sia stato sconfitto su una questione di fiducia, a meno che entro dieci giorni non sia scelto a maggioranza assoluta un nuovo primo ministro.

Una proposta coerente che potrebbe contribuire a stanare dal suo disastroso immobilismo la sinistra del “no”. Si aspettano segnali di vita da Elly Schlein.


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