X
<
>

Raymond Poulidor

Condividi:
4 minuti per la lettura

HA CORSO il Tour 14 volte e non lo ha vinto mai: eppure è salito otto volte sul podio (tre secondo, cinque terzo); nel 1964 ci andò vicino: perse per 55 secondi da Jacques Anquetil, pesò sull’esito il minuto di abbuono che “Jacquot” guadagnò sul traguardo della nona tappa, la Briançon-Monaco; alla fine, Poulidor sprintò e taglio il traguardo per primo. Ma non era la fine e neppure il traguardo. C’era ancora un giro di pista da compiere. L’acido lattico ebbe la meglio su Raymond, e il furbo Anquetil sprintò la volta giusta e si prese i 60 secondi che decisero il trionfo all’Arco di Trionfo, il luogo dove il Tour si conclude sempre a Parigi.

In quelle 14 volte, vinse sette fra tappe e semitappe: eppure non indossò mai, neppure un giorno, la maglia gialla. Una volta ci andò vicinissimo, la toccò quasi: fu quando, nel cronoprologo del 1973, a Scheveningen, in Olanda, alla fine dei 7,1 chilometri, l’olandese Joop Zoetemelk lo precedette appena di un secondo. Vinse anche molte altre gare, come la Sanremo o la Vuelta; però, giacché tante ne perse, fu “L’Eternel Second”; eppure i tifosi francesi l’hanno amato assai di più di quelli che arrivavano primi. Come il “maudit” Henri Pelissier, quello che si opponeva allo schiavismo degli organizzatori d’inizio secolo dicendo “non vogliono il cavallo ma il mulo, non il muscolo ma il callo”, concetto che potrebbe essere sottoscritto da molti campioni, non solo di ciclismo, del Terzo Millennio, quello dei mercanti. Pelissier morì “sparato” a 46 anni dalla fidanzata Camille, che ne aveva venti di meno, e che lo uccise con la pistola con la quale si era suicidata, due anni prima, Leonie, la moglie di Henri.

O come lo stesso Anquetil, l’elegantissimo “Jacquot”, sempre intorno belle donne e sul piatto ostriche (veniva di Normandia, del resto: Poulidor invece era un contadino dell’Aquitania, di un paesino, Masbauraud-Mérignat, 300 abitanti) la cui pedalata perfetta invitava i competenti a dire che “se gli metti una coppa di champagne sulla schiena, te la porta pedalando senza versarne una goccia” tale era l’equilibrio, mentre, dicevano sempre quelli, un bicchiere (d’acqua, ovviamente) sulla schiena di Poulidor, si vuoterebbe al primo colpo di pedale. O come Bernard Hinault, che chiamavano “le blaireau”, il tasso, perché come quest’animaletto se cerchi di prenderlo si nasconde nella tana e quando esce lo fa per morderti.

Hinault azzannò cinque Tour, tre Giri, un mondiale e una Roubaix fra l’altro. Poulidor, più delicatamente, era chiamato “Poupou”. Ha vinto meno corse ma più cuori, come fa ogni Ettore contro ogni Achille. La rivalità con Anquetil fu la più formidabile e storica nello sport francese: era negli Anni Sessanta; erano, a modo loro, Coppi e Bartali, il diavolo e l’innocenza come ha scritto un grande giornalista de “L’Equipe”, Pierre Chany. Venivano dalla campagna, ma Anquetil coltivava fragole (le “dispotiche fragole” le chiamava), Poulidor era più dedicato ai lavori pesanti, tanto pesanti che in famiglia non c’erano mai abbastanza braccia da far faticare e dovette abbandonare gli studi che pure gli piacevano. Anche a Jacquot, specie la matematica: una volta che vinse con 14 secondi di vantaggio fece subito di conto, “ce n’è tredici di troppo”.

Anquetil aveva un’ossessione: la vittoria. A Poulidor bastava aver fatto della sua passione il suo mestiere. L’aveva scoperto tardi, come il treno, il servizio militare in Algeria, che quando tornò di lì Anquetil, che pure aveva due anni soltanto più di lui, era già ricco e famoso. Pure medagliato olimpico. Erano, lungo la strada, il ciclismo di ieri e quello di domani, Bartali e Coppi appunto. Poupou la prima volta che arrivarono i controllori dell’antidoping al Tour, che già in quegli anni era “chiacchierato”, si presentò; Anquetil guidò la rivolta e il mezzo sciopero dei corridori. Jacquot vinse cinque Tour e il Gran Premio delle Nazioni, una cronometro di lusso, tutte le nove volte che lo corse.

Poulidor diceva: “Io la notte dormo, e la mattina non mi sveglio mai per andare a vincere a tutti i costi”. Quando Anquetil si ritirò precoce, sembrò arrivare il grande momento di Poupou. E invece comparve un ragazzo belga: Eddy Merckx. Però, in quegli anni, Jacquot e Poupou divennero “quasi amici”. Tanto che quando Anquetil si ammalò di cancro allo stomaco (che ne morì ad appena 53 anni) Poulidor andava a fargli compagnia.

Raccontano che Jacquot, nei giorni estremi, una volta si sia rivolto con un sorriso a Raymond e debolmente gli abbia detto: “Ehi, Poupou, ti ricordi di quella volta al Puy de Dome? Beh, anche questa volta arriverai secondo”. Quell’eterno secondo sempre a ruota dei più grandi


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE