X
<
>

Un palazzo distrutto a Kiev

Condividi:
3 minuti per la lettura

QUALCHE giorno fa il Consiglio Europeo ha preso l’importante decisione di aprire i negoziati per l’adesione dell’Ucraina e della Moldova all’Ue. Si tratta di una mossa gravida di conseguenze politiche e di sicurezza. Così facendo abbiamo anche segnalato a Mosca che non accetteremo alcuna forma di rinascita dell’impero sovietico in Europa e che non siamo disposti a riconoscere alla Russia alcuna superiorità o primazia. In altri termini abbiamo fatto la voce grossa. Ora però dovremmo prepararci a gestirne con successo le conseguenze, pena il rischio di essere giudicati come dei “quaquaraquà”.

La strada sarà aspra e difficile. In questo momento l’Ue, sull’Ucraina e non solo, può ancora contare sul pieno appoggio e sulla garanzia difensiva degli Stati Uniti, ma siamo tutt’altro che sicuri che questa situazione continuerà nel 2025, dopo le prossime elezioni presidenziali americane. Nel caso peggiore, dovremo trovare le capacità e le risorse per poter continuare ad assicurare la nostra sovranità e capacità di perseguire con successo i nostri obiettivi. Di più, l’Europa non sta solo confrontandosi con la grave crisi ad oriente, ma anche con crisi non meno gravi e significative in Medio Oriente e in Africa. Se Israele continuerà ad ignorare gli avvertimenti e i suggerimenti dei suoi alleati, rifiutando di prendere in conto le conseguenze politiche della crisi umanitaria a Gaza, ma soprattutto rifiutandosi di affrontare con lungimiranza la questione palestinese, il rischio che questa guerra rimetta in gioco tutti i delicati equilibri mediorientali diverrà altissimo, e così anche la possibilità di un allargamento del conflitto all’area del Golfo.

Il progressivo aggravarsi dei rapporti europei con i paesi del Nord Africa e del Sahel vede la fine degli equilibri post-coloniali e l’assenza di qualsiasi altro sistema di ordine regionale. Organizzazioni terroristiche in combutta con il crimine organizzato controllano ampie aree, in totale dispregio delle legittime autorità nazionali. Benché siano nati vari tentativi di raggruppare gli interessi e le forze dei singoli paesi, per acquisire maggiore stabilità e sviluppo, queste costruzioni, che l’Ue ha giustamente incoraggiato, sono fragilizzate dall’instabilità politica interna e da interferenze internazionali, tra cui spicca il ruolo delle formazioni mercenarie controllate dalla Russia. Lo sviluppo economico europeo ha bisogno delle risorse africane, specialmente in campo energetico e nel settore delle nuove tecnologie. Ed infine si profila con urgenza la necessità di dare maggiore sostanza, credibilità e soprattutto coerenza al rapporto dell’Europa con la Cina. Questa potenza ha grandi ambizioni sia in Asia che nel resto del mondo, ed ha risorse molto significative, in gran parte sviluppate grazie al significativo surplus commerciale accumulato nei confronti dei paesi industrializzati.

Gli Stati Uniti stanno affrontando il problema con una strategia di confronto globale. L’Europa vorrebbe invece tentare una via di confronto flessibile, che non danneggi le nostre prospettive economiche e tenga conto dei diversi livelli di vulnerabilità dei singoli paesi europei. In ogni caso è evidente l’esigenza di una forte coordinazione e unità di intenti. A fronte di queste esigenze, riconosciute più o meno da tutti, c’è però la difficile evoluzione del quadro politico interno di molti paesi e la possibilità che i singoli sviluppi interni finiscano per accrescere le divisioni e le incomprensioni, rendendo più arduo il tentativo di definire un’azione politica comune. In realtà, le esperienze di questi ultimi anni dovrebbero alimentare un certo ottimismo.

Pur tra battibecchi e ritardi, l’Ue è riuscita a gestire una grave crisi pandemica, una guerra al suo confine orientale, quella dell’Ucraina, il rischio di una recessione economica e persino il ritorno dell’inflazione (che, in questo quadro, non dovrebbe certo sorprendere nessuno). Ora mostra anche di avere significative ambizioni politiche. Coscienza di sé oppure, come alcuni temono, semplice incoscienza? Prendere le decisioni che sono state prese era opportuno. Ora sarà necessario dimostrare anche di avere la capacità di mobilitare le risorse necessarie e la volontà di agire di conseguenza.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE