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Alessa e Irene, le due siciliane creatrici del brand AllucinazionImperfette

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DUE amiche d’infanzia, due lauree in architettura, un paesino della Sicilia orientale e il tempo rallentato dalla pandemia: così nasce “AllucinazionImperfette”, molto più che un brand di abbigliamento, e basta sbirciare sul sito oppure sui loro canali social per scoprire di avere davanti un progetto artigianale che mette insieme ricerca, sostenibilità, passione per l’arte, la fotografia e il digitale, ma anche la capacità di comunicare le emozioni più profonde.

Chiacchierare con Alessia Grillo e Irene Amendolia significa capire come sia possibile incanalare le nostre emozioni in prodotti che loro stesse definiscono “allucinati e imperfetti”, in un brand che tocca corde profonde e unisce a qualsiasi latitudine.

Amiche da una vita e ora anche imprenditrici di un brand carico di emozioni: come conciliate questi due aspetti?

Irene: «Non me lo sono mai chiesto in maniera razionale, le nostre famiglie erano amiche ancor prima che noi nascessimo, eravamo già amiche nei piani insomma. Ho vissuto i primi anni di vita in Friuli, quindi la nostra memoria storica inizia in prima elementare».

Alessia: «Eravamo sempre insieme e abbiamo vissuto in simbiosi fino ai 16 anni, ma abbiamo preso poi strade e indirizzi scolastici diversi».

Irene: «Pur rimanendo amiche poi, per una strana coincidenza, ci siamo iscritte entrambe alla facoltà di Architettura di Reggio Calabria, ritrovandoci al quarto anno a vivere nello stesso palazzo».

Alessia: «Avevo già fatto un’esperienza Erasmus, dopo la laurea e l’abilitazione sono tornata in Spagna per un master in valorizzazione del patrimonio architettonico e lì è nata una scintilla, anche se non riuscivo a capire cosa fosse. Facevo tantissime foto e in tanti mi suggerivano di aprire una pagina Instagram, ma non ci credevo: scattavo foto perché ero affascinata da quei luoghi. Una volta tornata a casa, ecco che arriva la pandemia».

Irene: «Poco prima ci eravamo ritrovate e riavvicinate quando è esploso il Covid, come tutti eravamo chiusi in casa e facevamo le videochiamate finché lei una sera, non lancia l’idea di fare qualcosa con le nostre passioni per la fotografia e il disegno, coinvolgendomi in questo viaggio. Da quel momento abbiamo cominciato a lavorare e il progetto ha preso forma».

Il nome del progetto è decisamente evocativo: come l’avete scelto?

Irene: «Siamo partite dai concetti di visioni e storie imperfette, ma non ci risuonava finché poi, cercando tra i sinonimi, ci siamo imbattute in “allucinazioni”. E Alessia è impazzita».

Alessia: «Ce lo siamo ripetuto e non c’era nessun altro progetto con questo nome, era quello giusto».

Irene: «Ci siamo rese dopo che erano le nostre iniziali».

Come nascono le vostre collezioni?

Irene: «La prima si chiama Videocall perché nata così, mettendo insieme il materiale che avevamo; l’abbiamo sempre pensata come collezione su due livelli paralleli, ma collegati, e ha avuto un bel riscontro. La seconda, Humanity, è più matura, abbiamo cercato di dare un fil rouge che prima non c’era cioè le parti anatomiche attraverso cui raccontare emozioni».

Alessia: «Positive e negative abbiamo cercato di lavorare su questi due livelli complementari».

Con le maglie del vostro brand, insomma, facciamo un viaggio nelle nostre emozioni

Alessia: «Non vogliamo condizionare chi acquista e ogni persona che incontriamo vede qualcosa di diverso, ma siamo contente che il messaggio arrivi».

Dal vostro lavoro traspare una grande cura: è così?

Irene: «Sì, è un po’ una deformazione professionale, per esempio utilizziamo un packaging in carta riciclata, la sostenibilità è un tema a cui prestiamo moltissima attenzione. Ogni maglietta è un viaggio sensoriale e attraverso ognuna di esse cerchiamo di toccare e stimolare i vari sensi: la vista con la grafica, il tatto con un cotone organico 100% bio certificato e l’udito attraverso un QR posto sul retro che racconta la storia del prodotto. Anche lo spacchettamento è un rito».

Alessia: «È inaspettato, guardi l’immagine, inquadri il codice e senti la voce e ti porta dove vorremmo portarti. Le voci sono di persone con vite e accenti diversi, che raccontano la storia del prodotto».

Quanto tempo serve per realizzare una delle vostre magliette?

Irene: «Prepariamo dei “lenzuoli” che vengono stampati a Londra su tessuto jersey, che dà una resa cromatica migliore e quando ci viene consegnato passiamo alla fase di ritaglio e ricamo sulla maglia».

Alessia: «Il tessuto poi ce lo bloccano sempre alla dogana e lavorando entrambe non è facile, passiamo le domeniche in laboratorio».

Fare imprenditoria femminile al Sud è più difficile?

Irene: «Abbiamo avuto un supporto importante da una persona a noi vicina che ci ha guidate dal punto di vista burocratico; i tempi, si sa, sono lunghi e dal punto di vista economico non è facile: lo stesso brand, nato non al Sud, magari avrebbe avuto prospettive diverse».

Alessia: «La vediamo come una sfida siamo arrivate fin qui anche grazie a familiari e amici che hanno portato le magliette in viaggio, dalla Spagna all’Australia. Si è creato un forte senso di appartenenza che non può che renderci felici».

Dopo un brand che suscia emozioni, quali sono i vostri prossimi progetti e sogni nel cassetto?

Irene: «Stiamo lavorando per la prossima collezione e ci affascina il mondo delle copertine editoriali, ma abbiamo un desiderio: essendo noi architette, vorremmo fare un restyling di mobili vintage in chiave AllucinazionImperfette».

Alessia: «Sogniamo di aprire uno studio di interior design e progettazione inserendo questi mobili tra i nostri progetti».

Il brand AllucinazionImperfette è una personale chiave di lettura di immagini che nascono mettendo insieme disegni e fotografia, parlando dritto al cuore di chi guarda e donando la possibilità di lasciarsi andare alla ricerca di prospettive, visioni, emozioni e sensazioni sempre nuove. Un progetto, insomma, tutto da scoprire.


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