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Dopo la laurea al Sud è fuga verso il Nord

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C’E’ una fuga di giovani dal Mezzogiorno soprattutto verso il Nord Italia, sia per motivi di studio, sia di lavoro, che non si arresta. Se oltre un immatricolato su quattro del Mezzogiorno, il 28,6%, decide di conseguire la laurea in atenei del Centro-Nord, con un trend in crescita negli ultimi anni, anche la mobilità per lavoro non si ferma. Nel 2022 è aumentata dell’1%, attestandosi per i laureati triennali residenti al Sud al 33,3%. È cresciuta dell’1,3% per quelli di secondo livello, portandosi al 47,5%. In sostanza, un laureato su due migra al Nord. Questa dinamica che si replica da anni sulla direttrice Sud-Nord, unita ad una natalità più sfavorevole al Mezzogiorno, ha dei contraccolpi: al Sud (sono dati Istat) il processo di invecchiamento demografico è più rapido rispetto alle altre ripartizioni dell’Italia.

C’è poi un’altra fuga di giovani che in questo caso partono prevalentemente dal Nord Italia verso l’estero: complessivamente sono i laureati spesso più brillanti, in termini di voti negli esami e regolarità negli studi. La tendenza, in ripresa nel 2022, dopo l’interruzione per l’emergenza pandemica nel biennio 2020 – 2021, mostra che a un anno dal titolo, fra coloro che hanno una laurea di primo livello, il 3,4% lavora all’estero, percentuale che sale al 5% fra i laureati magistrali. Le avvisaglie degli effetti della fuga dei giovani migliori già si manifestano: fra il 2011 e il 2022 si è allargato il divario nella disponibilità di occupazione qualificata – profili dirigenziali, imprenditoriali, specialistici e tecnici – fra l’Italia e la media UE.

Il XXV Rapporto Almalaurea e l’Istat: dati schiaccianti. In otto anni saldo negativo di 75mila cervelli “fuggiti” all’estero

A tirare le fila dell’impatto delle migrazioni dei giovani laureati che decidono di lasciare sempre più numerosi il Mezzogiorno o l’Italia è stato il XXV Rapporto Almalaurea, presentato nei giorni scorsi nel corso di un Convegno all’Università di Palermo. Il “focus sulla Mobilità territoriale per motivi di studio e di lavoro”, centrato sulle molte sfaccettature di queste migrazioni, ha trovato nei dati schiaccianti dell’Istat, presentati nello stesso convegno, la controprova di una tendenza che danneggia il Sud e l’Italia stessa. In otto anni il nostro Paese ha perduto, fra “fughe” e rientri dall’estero, 75 mila giovani laureati. Il Sud ha fatto da cassa di compensazione delle perdite dei giovani laureati del Nord.

Lo ha spiegato Cristina Freguja, Dirigente generale per le Statistiche sociali e il Welfare dell’Istat. “Fra il 2013 e il 2021 i giovani laureati di 25-34 enni che hanno trasferito all’estero la residenza sono progressivamente aumentati, almeno fino al 2020 e anche dietro effetto della Brexit”, ha spiegato. “La propensione all’espatrio dei giovani laureati si è quasi raddoppiata, passando dal 5,4 per mille del 2013 al 10,4 per mille del 2021, con valori più elevati per i maschi”.

Anche se il 2021 è stato caratterizzato da un calo degli espatri e un aumento dei rimpatri, “questo riduce solo in parte la perdita complessiva di capitale umano osservata fra il 2013 e il 2021, con un saldo migratorio pari a (meno) -75 mila unità”. “Una perdita di capitale umano tremenda”, ha osservato il presidente di AlmaLaurea, Ivano Dionigi. “Dopo l’investimento formativo fatto per ognuno di questi laureati, che sono bravi e si affermano all’estero, questi giovani vengono dati all’estero chiavi in mano: è come se un folle regalasse per strada le chiavi della sua Ferrari”, ha commentato. Questi “laureati vanno all’estero perché guadagnano circa il 60% in più, perché trovano lavoro qualificato. Dovremmo smettere di esportare laureati e di importare badanti e manovali”, ha più volte ribadito.

Anche il Sud “regala il suo capitale umano qualificato” al Nord

Nel periodo dal 2019 al 2021 il Sud ha perso poco meno di 60 mila giovani laureati 25-34 enni. Le “giovani risorse qualificate del Mezzogiorno sono una fonte di capitale umano per il centro-Nord Italia e per l’estero” ha spiegato la ricercatrice Istat. Un dato che alla luce dei dati del XXV Rapporto Almalaurea trova una spiegazione. I laureati del Nord hanno il 42,9% in più di probabilità di essere occupati rispetto a quelli del Mezzogiorno e chi risiede al Nord ha una maggiore probabilità di essere occupato (+32,1%) rispetto a quanti risiedono nel Mezzogiorno. “Di fronte al trend del 28,6% degli immatricolati dal Sud al Nord e allo scivolamento di capitale umano dal Sud al Nord – ha avvertito il Presidente AlmaLaurea, Ivano Dionigi – il Sud rischia di rimanere un guscio vuoto. Premesso che la mobilità è un bene, ci deve essere la possibilità di poter studiare e poi di poter tornare. A questa criticità di sistema, come alle altre che emergono dal Rapporto (cfr. box pagine 2 e 3), devono provvedere insieme la politica, le imprese e le università”.

Sud depauperato: 60mila i giovani laureati al Nord o all’estero

Tra il 2019 e il 2021 gli espatri di giovani laureati hanno prodotto, per ciascuna ripartizione – Nord, Centro, Sud – un saldo migratorio con l’estero negativo. Il Nord – con una perdita equamente ripartita di 14 mila laureati – e il Centro – oltre 4mila fra uomini e donne laureati – sono riusciti “a compensare in buona parte le uscite verso l’estero grazie ai movimenti migratori provenienti dal Mezzogiorno. Il Nord ha guadagnato poco meno di 13 mila uomini qualificati e circa 17 mila donne con almeno la laurea provenienti dal Sud e dalle Isole. Il Centro ha perso circa 800 uomini, ma ha guadagnato oltre mille giovani laureate”. Viceversa, “le uscite dal Mezzogiorno verso l’estero e verso le altre regioni d’Italia – ha concluso la ricercatrice Istat, Freguja – hanno determinato una perdita complessiva, nel triennio, di poco meno di 60 mila giovani residenti laureati, 27 mila uomini e 33 mila donne”.


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