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Nell’Italia a due velocità, al Sud e nelle Isole il gender pay gap è negativo ecco tutti i divari di genere nel lavoro e retribuzione

Nell’Italia a due velocità, al Sud e nelle Isole il gender pay gap è negativo. Un dato inaspettato, da analizzare e di cui tenere conto soprattutto alla luce dell’introduzione delle norme europee sulla trasparenza retributiva, ma partiamo con ordine.

Con gender pay gap (GPG) si intende la differenza di genere nella retribuzione media oraria, espressa in percentuale della retribuzione maschile. La disaggregazione per ripartizione geografica su dati Istat mostra un valore positivo al Centro-Nord e un valore negativo al Sud e nelle Isole. Dobbiamo chiarire subito che la retribuzione media oraria utilizzata per calcolare il GPG si ottiene dal rapporto tra la retribuzione mensile percepita dai dipendenti delle aziende con più di 10 addetti e le ore lavorate, sia ordinarie che straordinarie.

La differenza di genere nelle ore lavorate è a vantaggio degli uomini ed essendo più marcata al Sud e nelle Isole rispetto alla media nazionale contribuisce alla riduzione del GPG proprio in questi territori. Osservando invece i dati inerenti alla retribuzione media annua, potremo notare come il gap torni a favore della componente maschile in ogni area geografica. La differenza nelle ripartizioni meridionali appare notevolmente più bassa rispetto a quelle del nord: rispettivamente l’11,55% nelle Isole, il 10,11% nel Sud, il 15,81% nel Centro, il 18,21% nel Nord-Est e il 21,64% nel Nord-Ovest contro il 17,35% del dato nazionale.

LAVORO RETRIBUZIONE E PARITÀ DI GENERE, LA RICERCA DI BANCA D’ITALIA

A tal proposito, Banca d’Italia con il progetto di ricerca “Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico”, pubblicato nel 2022 e riferito al biennio precedente, ha analizzato la composizione settoriale dell’occupazione del Mezzogiorno, che qui si caratterizza da un forte sottodimensionamento del settore privato e da una maggiore incidenza dei settori a prevalente gestione pubblica, dove la maggioranza dei dipendenti è di genere femminile.

Nel 2019 sanità, servizi delle amministrazioni pubbliche e istruzione rappresentavano il 23% dell’occupazione delle regioni meridionali, a fronte del 18% nel Centro-Nord. La diversa composizione settoriale dell’occupazione si riflette, ovviamente, sulle retribuzioni: nel Mezzogiorno la differenza tra il salario medio nel pubblico impiego e quello nel settore privato è particolarmente elevata, data anche la minor qualità degli impieghi offerti dalle imprese private e dall’omogeneità delle retribuzioni pubbliche su tutto il territorio nazionale. Tra il 2014 e il 2019 la differenza tra i due settori ammontava al 18% nel Centro-Nord e addirittura al 36% al Sud.

IL DATO DELL’OCCUPAZIONE FEMMINILE AL SUD

Al Sud, quindi, le donne meno qualificate hanno maggiore probabilità di essere inoccupate oppure di lavorare in aziende con meno di dieci addetti, rimanendo così fuori dalle statistiche sulla retribuzione; le donne più qualificate, invece, trovano un’occupazione soprattutto nel settore pubblico, sostenendo così il salario medio femminile e riducendo la differenza di genere nella retribuzione media annua.

Un GPG negativo è quindi possibile? Sì, in alcune partizioni dell’insieme a causa della disomogeneità delle posizioni lavorative, delle caratteristiche individuali e di differenze che vengono “diluite” nei dati aggregati nazionali. Ipotizzando un’occupazione femminile concentrata a livello nazionale nel settore privato, il GPG italiano sarebbe negativo (-26,7%) perché la media nazionale della retribuzione femminile nelle attività pubbliche è di 19 euro l’ora, mentre la retribuzione maschile nelle aziende private è di 15 euro l’ora.
Si fa strada, anche alla luce di questi dati, una maggiore consapevolezza sul tema, che si concretizza con prime misure a livello nazionale ed europeo.

Il “Sistema di certificazione della parità di genere” è un intervento del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri che accompagna e incentiva le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere e a promuovere una maggiore inclusione delle donne nel mercato del lavoro. Il provvedimento dà attuazione alla Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 che punta a ottenere l’incremento di 5 punti in classifica sull’indice dell’uguaglianza di genere elaborato dall’EIGE, che vede attualmente l’Italia al 14° posto.

LA DIRETTIVA UE 2023/970 DEL PARLAMENTO EURO

Si affianca a questo la Direttiva UE 2023/970 del Parlamento europeo sulla trasparenza retributiva, che mira a contrastare il divario retributivo tra i generi e impone alle imprese UE di divulgare informazioni che agevolino il confronto degli stipendi dei dipendenti e la denuncia di eventuali divari retributivi esistenti. Entrata in vigore proprio in questi giorni di fine estate, dovrà essere recepita dal nostro Paese entro il 7 giugno 2026. Misure importanti che, tuttavia, rappresentano solo i primi timidi passi: non può esserci crescita nel nostro paese senza che il lavoro delle donne sia equamente retribuito da Nord a Sud e senza azioni strutturali concrete contro le disomogeneità, la polarizzazione degli impieghi su settori tradizionali e l’incidenza ancora troppo alta di impieghi part-time.


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