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Un’immagine della frana di Casamicciola, Ischia, del 2022

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“SIAMO vicini alle popolazioni”. “Il Governo c’è”. “Faremo subito”. Riecheggiano ancora le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, nei confronti dell’Emilia Romagna la regione – martire di un nubifragio di proporzioni mai viste con un bilancio che fa rabbrividire: 14 vittime, 15mila sfollati, danni per oltre 7 miliardi di euro. Ma quante altre volte, negli anni passati, di fronte ad eventi geologici (terremoti ed eruzioni), meteorologici (siccità, alluvioni, inondazioni) e di dissesto idro-geologico (slavine, frane, smottamenti) abbiamo ascoltato e letto frasi più o meno simili pronunciate da Capi di Governo e da ministri. Che hanno manifestato, com’è giusto che fosse, la loro solidarietà alle popolazioni colpite da catastrofi naturali, rassicurandole che “nessuno sarebbe stato lasciato solo”, che “bisogna avviare presto la ricostruzione” e prendendo provvedimenti e stanziando fondi per ristorare i danni e ricostruire i territori. Malauguratamente, il nostro Paese non è tra i più virtuosi quanto ai tempi per la realizzazione degli interventi di ricostruzione e all’efficacia nell’impiego dei finanziamenti.

Perché? Perché tra il dire ed il fare, tra fronteggiare l’emergenza nell’immediato e predisporre piani di ricostruzione, finanziarli ed attuarli, c’è sempre di mezzo la burocrazia. La quale, tra lacci e laccioli, ritarda l’attuazione dei piani di riedificazione e ristabilimento dei territori colpiti da eventi meteo-climatici o idro-geologici estremi. Dal terremoto dell’Aquila alla frana di Ischia, dal sisma del Centro Italia all’uragano tropicale della Sicilia orientale e della Calabria jonica fino alle eruzioni dell’Etna: tutti esempi di quanto al di là delle dichiarazioni e degli impegni solenni assunti dalle autorità pubbliche, la “macchina” della ricostruzione avanza lentissima.

L’AQUILA, IL TERREMOTO CONTINUA

All’Aquila il terremoto del 6 aprile del 2009 oltre ad avere spezzato tragicamente 309 vite e causato oltre 1600 feriti, ha investito gravemente il vasto patrimonio edilizio, residenziale e pubblico, nonché importanti tesori dell’arte e dell’architettura del capoluogo e di altri 55 comuni abruzzesi. Lo Stato fino ad oggi ha stanziato per la ricostruzione delle infrastrutture pubbliche e degli immobili privati risorse per circa 17,7 miliardi di euro. Provengono dal Bilancio dello Stato e dal Fondo Europeo di Solidarietà e sono state nel tempo destinate, con differenti disposizioni legislative, a finanziare tutte le misure poste in essere a seguito del sisma. In termini di dati relativi ai centri storici del capoluogo e delle frazioni, la cui attività istruttoria ha avuto sostanziale impulso con l’entrata in funzione dell’Ufficio Speciale, i contributi effettivamente concessi ad oggi per i centri storici dell’Aquila e di altri centri abruzzesi corrispondono a 2.091 istruttorie per complessive 9.614 unità immobiliari interessate, mentre per il solo centro storico del capoluogo il dato corrispondente è di 2.245 istruttorie per complessive 66.495 unità immobiliari interessate.

Dal punto di vista della realizzazione fisica degli interventi, l’avanzamento della ricostruzione privata si attesta ad oltre il 60%, mentre quella delle infrastrutture pubbliche è ancora ferma al 50%. Nel frattempo sono trascorsi 14 ani da quegli eventi terribili. Nello specifico per il settore pubblico si riscontra ad oggi un costo complessivo richiesto di 2,411 miliardi di euro per finanziare 668 interventi. In termini di importi il costo del finanziato dallo Stato è pari a 2,249 miliardi di euro, mentre quello effettivamente erogato è stato di 1,454 miliardi di euro. Nel merito degli interventi sulle infrastrutture 36 sono in fase di programmazione, 93 in fase di progettazione, 91 in fase di attuazione, 130 in fase di collaudo ed infine 318 risultano conclusi. Per completare la ricostruzione a L’Aquila e negli altri comuni si stima occorrano ancora almeno 7 anni: la fine dei lavori dovrebbe arrivare entro la fine del 2030.

CENTRO ITALIA, 130 ANNI PER RICOSTRUIRE TUTTO

Dopo il terremoto del 24 agosto 2016 (altre scosse si ebbero nell’autunno dello stesso anno e nel 2017), che interessò Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio nei territori della Valle del Tronto e dei Monti Sibillini, con un bilancio di oltre 300 morti e 65mila sfollati, gli edifici di edilizia privata dichiarati inagibili sono poco più di 80mila (di cui 45mila nelle Marche). Ad oggi sono stati presentati circa 22mila progetti. In sette anni sono stati autorizzati mille interventi all’anno, ma ne sono stati realizzati 350: di questo passo, i progetti per tutti gli edifici danneggiati saranno autorizzati in 45 anni e realizzati in 130 anni.

ISCHIA ASPETTA ANCORA

Dal 21 giugno 2022 Giovanni Legnini è il commissario delegato nominato dal Governo in carica per gli interventi di messa in sicurezza e ricostruzione dei territori dei comuni di Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno dell’isola di Ischia interessati dagli eventi sismici del 21 agosto 2017 e dalla frana del 26 novembre 2022. Dall’11 aprile scorso è partita la ricostruzione dopo la frana che devastò Casamicciola Terme e fece 12 vittime. La situazione è molto delicata: pochi giorni fa è stato registrato proprio in questa località un evento sismico. Dopo sei mesi dall’evento tragico sessanta famiglie sono potute rientrare nelle loro abitazioni. Il Governo ha stanziato complessivamente 90 milioni di euro. Ma ad oggi non ne è stato speso nemmeno uno per la ricostruzione.

IL MEDICANE IN SICILIA E CALABRIA, NESSUN INDENNIZZO

Dal 24 al 30 ottobre 2021 la Sicilia orientale e meridionale e la Calabria jonica (furono interessati dall’evento pure Malta e la Tunisia) sono stati investiti da un uragano tropicale potentissimo (battezzato dai meteorologi Medicane Apollo), con venti a 100 chilometri orari, e oltre 400 millimetri di pioggia caduta in appena 48 ore ed altri 600 nei giorni successivi. Il bilancio fu pesante: due vittime, fiumi di fango con strade e auto sommerse e infrastrutture in ginocchio. Come se non bastasse, a febbraio scorso il bis con l’uragano Helios che ha colpito nuovamente la Sicilia colpendo infrastrutture, poderi agricoli, impianti serricoli. I danni ammontano a 700 milioni di euro. Ma nessun intervento è stato finora realizzato dalla Protezione civile per la messa in sicurezza del territorio e nessun indennizzo è stato liquidato agli aventi diritto.

ERUZIONE DELL’ETNA, FENOMENI “ORDINARI”

Dal 1977 a oggi si sono verificati 277 parossismi dell’Etna con fontane di lava e relativa ricaduta di cenere. L’attività stromboliana del vulcano più grande d’Europa ha fatto partire la conta dei danni nei centri urbani e nelle campagne (poderi, agrumeti, frutteti, colture di pieno campo) dove si è dispersa l’altissima colonna di fumo, che questa volta secondo le rilevazioni dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania, ha toccato i 12 chilometri. Sono stati stimati danni per circa un miliardo di euro. La Regione Siciliana ha dichiarato lo stato di calamità e inoltrato la richiesta di risarcimento al Dipartimento per la Protezione Civile (retto dal ministro Nello Musumeci, ex Presidente della Regione Siciliana), ma il Governo non ha stanziato un solo euro, considerando questi fenomeni come “ordinari” che non avrebbero diritto a qualsivoglia risarcimento.

PUGLIA, 3 MILIARDI DI EURO DI DANNI, MA NESSUNA DOMANDA ACCOLTA

In 24 ore il 10 giugno 2022 si sono verificati 13 eventi climatici estremi sul territorio pugliese. Grandinate, tornado, trombe d’aria, e tempeste di vento e acqua che hanno colpito a macchia di leopardo la Puglia con danni ingenti nelle città e nelle campagne. Amministratori locali e agricoltori hanno stimato 3 miliardi di euro di danni nell’arco di 10 anni provocati dal cambiamento climatico. La Puglia come regione, prima, e il Governo centrale, dopo, hanno dichiarato lo stato di calamità e promesso fondi per la ricostruzione degli impianti agricoli, la ricostruzione dei poderi e delle strade rurali, la sostituzione delle serre danneggiate. Ma la Puglia li sta ancora aspettando.


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