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LA guerra parallela, quella cyber, ha bussato alle nostre porte con gli attacchi ddos portati a segno dalla sigla di hacker filorussi Killnet che hanno preso di mira numerosi portali di istituzioni pubbliche e non solo: Senato, ministero della Difesa, polizia e altri. Blitz “di avvertimento” che hanno reso inservibili per qualche ora i relativi siti senza provocare ulteriori danni – compreso il temutissimo furto di dati sensibili o riservati – ma dai quali si comprendono le capacità di inserimento in sistemi ultraprotetti dei cybercriminali. Ma attenzione a pensare che l’emergenza si chiuderà quando il conflitto in Ucraina terminerà.

Perché la cyberwar – non solo con Mosca – era già in corso da tempo e, ragionevolmente, non finirà quando le armi verranno messe a tacere. «Spero che la guerra finisca domani, sono certo che la guerra cyber non finirà, avremo un aumento, probabilmente, dell’attività cyber a cui dobbiamo prepararci» ha avvertito Roberto Baldoni, direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza presentando la Strategia nazionale di cybersecurity. Un piano d’azione, quello illustrato mercoledì scorso nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi, che coprirà il prossimo quinquennio tentando di rispondere all’emergenza. Coprendo, dunque, un arco di tempo si spera più lungo della crisi ucraina. Anche perché non ci sono solo gli hacker russi. «Adesso vanno di moda ma il mondo è molto più ampio e diversificato e insidioso» ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla Difesa, Franco Gabrielli.

La Strategia si basa su quattro pilastri: Cybersicurezza e resilienza; prevenzione e contrasto della criminalità informatica; difesa e sicurezza militare dello Stato; ricerca ed elaborazione informativa. Cinque le sfide da affrontare: assicurare una transizione digitale cyber resiliente della pubblica amministrazione e del tessuto produttivo; autonomia strategica nazionale ed europea nel settore del digitale; anticipare l’evoluzione della minaccia cyber; gestire le crisi cibernetiche e contrastare la disinformazione online nel più ampio contesto della cosiddetta “minaccia ibrida”.

Per poter realizzare davvero gli obiettivi che la Strategia si pone sono ritenuti indispensabili alcuni “fattori abilitanti” ossia “formazione, promozione della cultura della sicurezza cibernetica e cooperazione”. Già perché la battaglia per la cybersicurezza e per costruire un Paese più resiliente passa dalla collaborazione tra tutti gli attori in campo, ma anche da una maggiore consapevolezza da parte di tutti, inclusi i cittadini. E in questo diventa fondamentale una stretta collaborazione fra pubblico e privato che vada a coinvolgere l’intero tessuto sociale: dalle famiglie alle aziende sino al mondo accademico e ai media. Al fianco della strategia si colloca il piano di implementazione, che elenca ottantadue misure da rafforzare entro il 2026 per conseguire gli obiettivi prefissati.

«Le nuove forme di competizione strategica che caratterizzano lo scenario geopolitico impongono all’Italia di proseguire e, dove possibile, incrementare le iniziative in materia di cybersicurezza» ricorda il premier, Mario Draghi, nella prefazione del documento. «Dobbiamo – prosegue – tenere fede agli impegni assunti nell’ambito delle organizzazioni internazionali a cui l’Italia partecipa, anche tenuto conto dell’elevata qualità e dei massicci investimenti realizzati dai principali alleati e partner internazionali. È dunque necessaria una puntuale rivisitazione nella concezione e nella visione strategica dell’architettura nazionale di cybersicurezza».

L’obiettivo finale della strategia, sottolinea Draghi, «è rafforzare la resilienza di dispositivi e apparati Ict, a partire dal 5G e dal cloud, anche al fine di aumentare la fiducia dei cittadini. È nostra intenzione intensificare i progetti di sviluppo tecnologico per arrivare a disporre di un adeguato livello di autonomia strategica nel settore e quindi garantire la nostra sovranità digitale. Per farlo, sarà cruciale stanziare fondi adeguati, con continuità».


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