INDICE DEI CONTENUTI
Il numero dei giovani che non lavorano e non studiano, i cosiddetti Neet, sono raddoppiati nel Sud rispetto al Settentrione. A livello provinciale è l’area del Napoletano a guidare la poco confortante classifica. Il rapporto di ActionAid e Cgil dimostra che le disuguaglianze strutturali del Paese incidono sulla condizione di Neet, ma rivelano anche quanto la sofferenza vissuta da un’intera generazione di giovani sia, purtroppo, trasversale, complessa e profonda. Nello stesso tempo proprio per la pluralità dei fabbisogni e dei target l’analisi evidenzia la necessità di costruire percorsi integrati multi misura di media-lunga durata, che siano sostenibili nel tempo e strutturati e sappiano cogliere i bisogni intersezionali delle nuove generazioni, soprattutto se si vogliono avere effetti sulle popolazioni giovanili più fragili
Nel 2020 nel nostro Paese i Neet risultano essere più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni. Si tratta di giovani dai dai 15 ai 34 anni che non lavorano né studiano e l’Italia è il paese europeo in cui sono presenti in quantità maggiore. L’incidenza dei Neet raddoppia nel Sud rispetto al Nord, è maggiore tra le donne, nelle due fasce d’età più adulta, 25-29 anni (30,7%) e 30-34 anni (30,4%), più si cresce con l’età, più aumenta la loro quota. La provincia italiana con il più alto numero di Neet rispetto al totale nazionale è quella di Napoli (6,1%), ma l’incidenza dei Neet rispetto alla popolazione giovanile complessiva è molto alta in tutta la Campania (38,1%), con punte che raggiungono il 41,5% nella provincia di Napoli.
AL SUD L’INCIDENZA PIÚ ALTA DI GIOVANI CHE NON LAVORANO
Un quadro preoccupante caratterizzato da disuguaglianze territoriali, di genere e di cittadinanza che ActionAid e Cgil hanno analizzato nel report “Neet tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche”, presentato ieri a Roma insieme alle raccomandazioni verso il nuovo Governo e Parlamento per indirizzare le politiche nazionali e territoriali per i giovani, a partire anche dalle lezioni apprese dai principali programmi di intervento, tra cui Garanzia Giovani. All’evento hanno preso parte il comitato scientifico del report composto da Chiara Saraceno, sociologa e honorary fellow al collegio Carlo Alberto, Giustina Orientale Caputo, docente dell’università Federico II di Napoli, Alessandro Rosina, professore dell’università Cattolica di Milano, e Cristina Tajani, presidente e A.D. Anpal Servizi Spa, Marco De Giorgi, capo dipartimento politiche giovanili, e Raffaele Tangorra, commissario straordinario Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro.
Nel Mezzogiorno c’è la più alta presenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano: sono il 39% rispetto al 23% del Centro Italia, al 20% del Nord-Ovest e al 18% del Nord-Est. Tutte le regioni superano l’incidenza media dei Neet sulla popolazione giovanile in Europa nel 2020 che resta al 15%. Ai primi posti ci sono tutte le regioni del Sud, con quote molto di giovani che non lavorano alte per Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%). Per il Centro Italia, il Lazio ha la più alta incidenza con circa il 25,1%. La prima regione del Nord per incidenza dei Neet è la Liguria (21,1%), a seguire il Piemonte (20,5%) e la Valle d’Aosta (19,6%). I Neet sono per il 56% donne e la prevalenza femminile resta invariata negli anni, a dimostrare che per una donna è molto più difficile uscire da questa condizione.
DISEGUAGLIANZE DI GENERE ANCHE ALL’INTERNO DEL GRUPP DEI NEET
Le disuguaglianze di genere si riproducono anche osservando i ruoli in famiglia dei Neet: il 26% sono genitori e vivono fuori dal nucleo familiare di origine, tra questi c’è un’ampia differenza tra donne e uomini che vede un 23% di madri Neet rispetto ad un 3% di padri Neet. La più alta percentuale di giovani Neet donne pari al 27% sul totale della popolazione Neet si concentra tra le persone inattive che non cercano e non sono disponibili, il 20% delle Neet sul totale della popolazione dei Neet italiani sono madri inattive. La motivazione all’inattività è spesso legata alla disparità di genere nei carichi di cura che impediscono o suggeriscono alle donne di rimanere fuori o uscire dal mercato del lavoro.
I Neet italiani sono per la maggior parte inattivi, coloro che, scoraggiati, hanno smesso di cercare lavoro: il 66% del totale, quindi 2 su 3, e tra questi circa il 20% non cerca ma è disponibile. C’è una tendenza ad essere inattivi soprattutto tra i diplomati (32%) o con un titolo di studio minore (16%). Rispetto ai disoccupati (coloro che cercano regolarmente un lavoro) il dato preoccupante è relativo al tempo: il 36,3% dei disoccupati è in cerca di un lavoro da più di un anno. Quasi uno su due ha avuto precedenti esperienze lavorative e tra questi il 54,3% è donna.
Un’ulteriore disuguaglianza attraversa il tema della cittadinanza e delle migrazioni. I giovani di origine straniera o senza cittadinanza italiana sono in numero inferiore rispetto agli italiani (il 18% del totale), ma anche tra questi c’è una maggioranza di donne (57%), la maggioranza delle e dei Neet con cittadinanza straniera (48,4%) ha solo la licenza media.
LA FOTOGRAFIA ATTUALE DEL MONDO DEI NEET
L’analisi dei dati quantitativi (età, sesso, regione, etc) ha reso possibile la definizione di alcuni cluster (sottocategorie) che aiutano a raccontare e fotografare meglio il fenomeno Neet, tendenze e ricorrenze che aiutano a delineare gruppi al di là degli stereotipi e che potrebbero guidare alla definizione di politiche e interventi specifici e davvero efficaci. Il primo cluster raccoglie i Giovanissimi fuori dalla scuola: hanno dai 15 ai 19 anni, senza precedenti esperienze lavorative e inattivi.
Non percepiscono un sussidio, hanno soltanto la licenza media e vivono in un nucleo familiare composto da coppia con figli. Si tratta di un gruppo abbastanza residuale, ma allo stesso tempo significativo rispetto alla popolazione e trasversale a tutta l’Italia. Il secondo racchiude i giovani dai 20 ai 24 anni, senza precedenti esperienze lavorative e alla ricerca di una prima occupazione. Sono residenti nel Mezzogiorno, hanno la cittadinanza italiana e il diploma di maturità. Sono in un nucleo familiare monogenitoriale, maschi e vivono in una città metropolitana o grande comune.
AL SUD I GIOVANI NON LAVORANO: LA FRAGILITÀ DEL MERCATO DEL LAVORO
Questo è il cluster più numeroso e mette in luce la fragilità del mercato del lavoro del Sud, dove nonostante le azioni di ricerca e l’immediata disponibilità, i giovani hanno difficoltà ad introdursi per la prima volta nel mercato occupazionale. Il terzo gruppo descrive gli Ex occupati in cerca di un nuovo lavoro. Hanno tra i 25 e i 29 anni, hanno perso o abbandonato un lavoro e ora sono alla ricerca. Sono principalmente maschi, con un alto livello di istruzione, appartenenti ad un nucleo familiare single e percepiscono un sussidio di disoccupazione. Vivono nelle regioni centrali del Paese.
Infine, ci sono gli Scoraggiati: giovani dai 30 ai 34 anni con precedenti esperienze lavorative e ora inattivi. Sono principalmente residenti nelle regioni del Nord Italia e in aree non metropolitane. Incidono in questo gruppo il genere femminile e il nucleo familiare composto da una coppia senza figli.
SCANNAVINI (ACTIONAID): «DESTRUTTURARE IL FENOMENO NEET»
«Destrutturare il fenomeno Neet e decostruire gli stereotipi che per anni hanno ostacolato la realizzazione di politiche adeguate sono passi essenziali da fare – ha spiegato Katia Scannavini, vicesegretaria generale ActionAid Italia – Servono politiche integrate, sostenibili nel tempo e che rispondano in modo efficace ai bisogni specifici dei giovani, riconoscendo tra le cause della condizione di Neet le disuguaglianze che attraversano l’intero Paese. È necessario ripensare ai servizi, lavorare a stretto contatto con i territori, rafforzare le reti di prossimità, intercettare i giovani più lontani dalle opportunità. Prevenire e contrastare il fenomeno Neet significa per ActionAid garantire giustizia economica e sociale alle nuove generazioni, l’esercizio dei propri diritti, l’accesso ad eguali opportunità, indipendentemente dalla condizione socioeconomica di partenza, dal genere, dalla cittadinanza e dalla regione in cui si vive».
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA