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GLI INGLESI scappano dall’Inghilterra e dagli investimenti a perdere, ma non c’è di che preoccuparsi, perché a prendersi tutti i rischi, arrivano i nostri: nel caso, Trenitalia. Ma per comprendere in che tipo di situazione si sia cacciata la partecipata (al 100%) di Ferrovie dello Stato, prima bisogna tratteggiare la figura di un magnate londinese. Lui è Sir Richard Charles Nicholas Branson, imprenditore miliardario, ed è il papà del gruppo Virgin, che comprende 400 società. Tra queste, oltre a una linea aerea, anche una compagnia per il trasporto su ferro. Si tratta di treni di ultima generazione che fanno dell’eleganza, del comfort e della modernità, sposate alla sicurezza, il non plus ultra del settore.

SCOMMESSA BRITISH

Ma Sir Branson è scappato a gambe levate dalla East Coast Main Line Company, vale a dire la più prestigiosa linea ferroviaria britannica, quella che collega Londra e tutto il sud dell’Inghilterra, al nord-est, fino alla Scozia. Nemmeno l’imprenditore di successo, con la sua Virgin Trains East Coast, è riuscito a rendere redditizia la tratta e, dopo anni di tentativi falliti, si è letteralmente ritirato dalla gestione, subendo un passivo di milioni di sterline. La proprietà della East Coast, all’atto della “ritirata” di Branson, è ritornata allo Stato. Stessa cosa, per l’altra linea, la West Coast, abbandonata dopo una gestione di 22 anni. E allora, con tali presupposti, chi è andato a investire in Gran Bretagna, che, in questo momento, almeno sul fronte delle strade ferrate, non sembra essere il migliore dei Paesi in cui portare avanti un affare? Lo scrivevamo in apertura di pezzo, Trenitalia. O meglio Trenitalia Uk, controllata della partecipata di Ferrovie dello Stato. Dal 2019 fino al 2031, quindi per un periodo di poco più di 12 anni, si occuperà di gestire la tratta della West Coast. Insieme al colosso britannico dei trasporti, FirstGroup (che ha il 70% della gestione), avrà l’onere di occuparsi dei collegamenti intercity tra Inghilterra e Scozia, nello specifico tra Londra, Manchester, Chester, Liverpool, Preston, Edimburgo e Glasgow. Secondo i dati forniti dai vertici dell’azienda di cui è amministratore delegato Gianfranco Battisti, i ricavi relativi alla gestione del franchise in questione, nel 2019, sono stati pari a oltre un miliardo e 250 milioni di euro. Ma c’è un però, anzi più di uno. L’investimento, ribadiamo, è a lungo termine, quindi anche il volume degli utili va considerato nello stesso periodo e, soprattutto, va sottolineato che al partner FirstGroup toccherà il 70% dei ricavi, a Trenitalia, il restante 30%. Solo il tempo, dunque, dirà se a Ferrovie dello Stato è convenuto andare a investire nel Regno Unito. Del resto, il fallimento della gestione di Branson, non certo l’ultimo arrivato, è sintomatico della situazione in cui versano le infrastrutture nella patria di Shakespeare, che negli ultimi anni è stata funestata da un gran numero di incidenti ferroviari. E la frequenza dei sinistri è in crescita.

VISIONE MONDIALE

Nel frattempo Fs è sempre più decisa a investire all’estero, e la visione “mondiale”, come abbiamo più volte sottolineato dalle colonne del Quotidiano del Sud, di contro non riesce a fare rima con una visione “meridionale”. All’orizzonte, poi, c’è l’affare dell’Alta velocità di esportazione. Dal primo gennaio 2020, infatti, partirà la liberalizzazione totale dell’Av nei Paesi europei. Ferrovie dello Stato vuole essere presente a tutti i costi e ha pronto, da qui al 2023, oltre un miliardo di euro. A partire dal 2026 Fs, sempre relativamente all’Inghilterra, principierà dei nuovi servizi sulla linea ad alta velocità (High Speed 2) da Londra a Birmingham (160 chilometri di tratta).

IL FRONTE EUROPEO

Ma nel mirino ci sono anche Francia, Grecia e Spagna. A metà del prossimo anno, infatti, ha annunciato Ferrovie dello Stato, in territorio transalpino sbarcherà il Frecciarossa 1000, prima con la linea Parigi-Lione-Milano, poi con la Parigi-Lione-Marsiglia. Più o meno nello stesso periodo i Frecciargento collegheranno Atene a Salonicco; mentre dal 2023 Madrid sarà unita, attraverso i Frecciarossa 1000, alle principali città spagnole. Ma non è finita qui. La visione esterofila di Ferrovie dello Stato è orientata alla “conquista”, in ben 60 Paesi. Anche in questo caso, a fronte degli investimenti previsti, bisognerà vedere, attraverso i dati che saranno pubblicati da Fs, se è convenuto sobbarcarsi gli oneri e i rischi. Vale a dire, se il gioco è valso la candela. Attualmente Ferrovie dello Stato è impegnata in opere anche in Est Europa, principalmente in Romania e in Serbia. In Grecia, al momento, prima che si avvii il progetto dei Frecciargento, è presente invece, con Trainose, e gestisce sempre la già citata tratta Atene-Salonicco.

GLI USA E GLI ALTRI

Negli Stati Uniti d’America, poi, partecipa a programmi infrastrutturali da 22 miliardi di dollari. Dieci miliardi per il piano in attuazione in California, a Los Angeles, dodici per quello di Washington. Oltre all’Europa c’è il mondo, dunque. Ferrovie dello Stato investe anche in Medio Oriente, per la precisione a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, dove fa i conti non solo con l’efficienza richiesta alla propria opera, ma con il lusso. In Sudafrica, a Johannesburg, l’azienda attualmente guidata dall’amministratore delegato Gianfranco Battisti è impegnata nella realizzazione del principale nodo intermodale del Paese. Si tratta di grandi scommesse, di grandi rischi e di tanti soldi investiti. Solo il tempo e i numeri di cui dovrà rendicontare Fs, diranno a cosa porterà la “svolta mondiale” della compagnia italiana dei trasporti.


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