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«L’unica battaglia che si è persa in partenza è quella che non si è mai combattuta». A qualcuno sembrerà esagerato scomodare addirittura il comandante Che Guevara per raccontare le campagne di questo giornale. Se diciamo però che aprire l’involucro delle mistificazioni e rovesciare le tante falsità spacciate per verità non è stato facile, credeteci. Per troppo tempo al Sud sono state sottratte risorse, investimenti produttivi, spesa pubblica. Un artificio contabile, un gioco da prestigiatori e, oplà, i conti tornavano. Una foresta pietrificata di pregiudizi, decenni di affabulazioni da smascherare.

OPERAZIONE VERITÀ SCIPPO SMASCHERATO

Sul Mezzogiorno, per anni, la fabbrica all’ingrosso della manipolazione ha prodotto fake. Numeri contraffatti diffusi come granitiche certezze. Presunti vizi antropologici diventati luoghi comuni, caricature geografiche.

Siamo partiti dai numeri. Dai 61,5 miliardi l’anno. Con il trapano della Spesa storica lo Stato ha continuato a regalare al Nord, finanziando ogni genere di assistenzialismo. Abbiamo raccontato, cifre alla mano, come la Regione Piemonte spenda per i suoi servizi generale cinque volte più della Campania pur avendo un milione e mezzo di abitanti in meno. Da sola più di quanto sommano insieme Campania, Puglia e Calabria.

Da queste colonne s’è sollevata, in britannica solitudine, la campagna fatta propria da questo governo e inserita nella legge di bilancio: l’iniqua distribuzione che ha privato il Sud di risorse destinando quote ben inferiori alla soglia del 34%, la quota di popolazione residente.

Scippo raccontato frame dopo frame, come in un film. Titolo: “Operazione verità”. La banca del buco che ha scavato sottotraccia per anni – abbiamo scritto – nelle pieghe del bilancio italiano. Risultato: al Nord 735, 4 miliardi, il 71,7% della spesa pubblica totale totale, al Sud solo 290,9 miliardi. Uno scarto rispetto alla quota dovuta del 6%, pari, appunto, a 61,5 miliardi. Che vuole dire meno mense, meno servizi pubblici, asili zero o quasi, etc., etc.

IL MANIFESTO PER L’ITALIA E LA LETTERA DI CONTE

La lotta per ridurre le disuguaglianze vale al Nord come al Sud. Questo concetto, valido anche in Europa, lo abbiamo chiaro, ed è con questo spirito che nel settembre 2019 è stato sottoscritto il Manifesto per l’Italia (LEGGI), uno stimolo per politici, sindacalisti, ricercatori, studenti per far ripartire il Paese.

Senza tuttavia mai perdere di vista la bussola: il Mezzogiorno, area geografica dal perimetro ben delimitato, il luogo in cui si è perpetrato un “delitto all’italiana” gettando le basi culturali ed economiche della mancata crescita nazionale. A rimetterci è stato infatti l’intero Paese, se è vero come è vero che già prima del Covid-19 Nord e Sud d’Italia erano gli unici territori europei a non aver raggiunto i livelli pre-crisi del 2008. Per l’esattezza: il nostro Meridione 10 punti sotto. Il 12 settembre la lettera del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Caro direttore, accolgo con favore la dichiarazione di intenti del Manifesto, serve una fase nuova, ho condiviso con von der Leyen i contenuti dell’agenda riformatrice…».

La favola di un Sud pigro e sprecone – generata da una classe dirigente inadeguata e corrotta – ha fatto da carburante per alimentare la macchina dello scippo perfetto. Ed ecco in che modo gli aiuti di Stato sono finiti in larga parte alla locomotiva d’Italia, la Lombardia che ora riesce a malapena a trainare se stessa.

Dalla metà del 2017 la regione del presidente Fontana – un governatore che a volte sfiora forme di masochismo e si fa male da solo – ha incassato ben 3,5 miliardi di euro contro i 600 milioni della Campania. “Aiutini” di Stato andati anche a Veneto (1,5); Piemonte (1,3); Emilia-Romagna (1,3); Lazio (1,1); Toscana (1,0); Trentino-Alto Adige (1,0).

LE MANI DEL NORD SUI FONDI EUROPEI

Sono i numeri di un’Italia rovesciata. Con il Mezzogiorno che invece di aumentare la spesa degli investimenti pubblici la vedeva ridurre dello 0,5% rispetto all’anno precedente (Fonte Cresme). Il rischio di uno scenario da deriva greca, un Sud dove il reddito pro-capite è la metà o quasi del Nord, un sistema Paese che non tira più, il fantasma della Troika che avanza.

Appena due mesi prima che si scoprisse la diffusione del virus a Cologno una nostra inchiesta sui carrozzoni suonava profetica: Il 42 per cento delle risorse sanitarie incassate dalle Regioni del Nord, il 20 per cento dalle regioni del Centro e il 23 per cento da quelle del Sud. Dati della Corte dei conti, diffusi in tempo non sospetti, in cui si diceva tra l’altro che la quota di riparto del fondo sanitario nazionale era cresciuta in Lombardia del 1.07 per cento contro lo 0,75 per cento della Calabria, lo 0,42 per cento della Basilicata e lo 0,45 per cento del Molise. In pieno lockdown c’è stato anche chi, qualche tecnico del Mef, ha pensato di sfruttare la catastrofe del contagio per dare alla Lombardia i finanziamenti dei fondi europei destinati al Sud. La catastrofe della catastrofe. Una “rapina di Stato” in tempo di pace.

RI-FATE PRESTO IL DECRETO ILLIQUIDITÀ

Con il protagonismo dei governatori si è scoperto l’inganno dell’autonomia differenziata. La sanità pubblica svuotata, i presidi territoriali dismessi, i vantaggi concessi al privato. I viaggi della speranza dei cittadini del Mezzogiorno per gonfiare le tasche dei privati. Il modello-Formigoni che stiamo ancora pagando a caro prezzo.
In questo clima è partita la campagna “Ri-fate presto”. Un conto alla rovescia contro la burocrazia e contro “l’esproprio” del decreto di lancio. L’assurdo di uno Stato che invece di risarcire il danno arrecato ne approfitta per entrare nel capitale sociale delle aziende con Invitalia e Cdp. L’assenza di una cabina di regia, le responsabilità del ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri. Il fallimento del decreto “illiquidità”, l’incapacità di fornire prestiti agli italiani e alle imprese in difficoltà. Il “tappo” delle banche ammesso ancora ieri da Bankitalia, la rabbia degli italiani e di quanti saranno costretti ad abbassare la saracinesca. Il ruolo della Commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario presieduta dalla deputata Carla Ruocco. Il caso limite degli “appestati”, i tanti italiani finiti per avventura o per disgrazia nella famigerata Centrale rischi della Banca d’Italia, Condannati “a morte” magari solo per una rata scaduta.

L’APPELLO PER GLI STATI GENERALI

Difficile in questi giorni liberarsi dall’impaccio del reale e sognare una ripartenza di slancio. La crisi da Covid ha messo a dura prova le difese immunitarie di un Paese già in sofferenza. La liquidità che arriva con il contagocce, le aziende che chiudono, il terrore di una seconda ondata, le nuove stime negative della Federal Reserve.
Da qui l’urgenza di abbattere le burocrazie ministeriali e bancarie e dotarsi di un piano strategico di lungo respiro. È partito da queste considerazioni l’appello lanciato dal Quotidiano del Sud per la convocazione degli Stati generali dell’economia, l’esigenza di gestire in modo ottimale ed efficiente il fiume di denaro che arriverà dall’Unione europea. Un appello raccolto dal premier Conte, osteggiato da falchi, gufi e altri volatili in libera uscita, da gabbia o da voliera. E la battaglia continua.


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