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La presentazione della ricerca da parte di SRM alla riunione digitale di Aspen di giovedì su “ Resilienza e sviluppo nel Mezzogiorno” apre prospettive su cui necessita riflettere attentamente. La ricerca mette in evidenza gli oggettivi ritardi del Mezzogiorno, dal minor Pil pro-capite ad un tasso di disoccupazione al 14,1%, doppio della media nazionale.

In particolare si esplicitano con lucidità i limiti nelle capacità di innovazione, con un 2,5 addetti alla ricerca e sviluppo ogni mille abitanti, attestandosi alla metà della media nazionale, un numero di laureati in materie tecnico-scientifiche più basso del già basso livello Paese (8,8 contro 13,2 ogni mille abitanti), con un tasso di migrazione dei laureati che raggiunge un ordine di quattro volte il valore nazionale.

Detto questo la ricerca SRM mette in evidenza alcuni dati che propongono in una prospettiva diversa l’intera economia meridionale. Se dunque il Mezzogiorno rappresenta il 34 per cento degli abitanti del Paese, ma solo il 22 per cento del Prodotto interno lordo, è dalle infrastrutture e dall’energia che viene la prima novità.

Per le regioni del Mezzogiorno passa il 42 per cento del traffico merci nazionale, il 40,5 per cento dell’energia solare ed il 96,5 per cento dell’energia eolica del Paese.

Il dato che risulta più impressionante è tuttavia la dimensione del sistema produttivo presente nel Mezzogiorno, che secondo i ricercatori del SRM si posizione a livello europeo poco sotto la dimensione del sistema produttivo della Gran Bretagna, e certamente sopra all’industria di un paese come la Slovacchia, che era stata indicata in passato come un cuore manifatturiero dei Paesi dell’Est.

Certamente il 90 per cento degli occupati sono in imprese di piccola e media dimensione, tuttavia nel nostro Mezzogiorno sono state censiti 60 gruppi industriali in settori di punta come il farmaceutico, l’automotive, l’aeronautico, l’alimentare che sono pilastri necessari per il rilancio del Paese, per uscire dalla trappola della bassa crescita, in cui siamo caduti da oltre venti anni.

Vi è quindi una base industriale, che tuttavia va esplorata e valorizzata di più. Se è finita la fase in cui nel Sud si posizionavano i grandi centri siderurgici ed i grandi poli chimici, emblemi di un tempo ormai passato e di una visione dello sviluppo legato al ‘900, oggi si può ricostruire una industria nazionale contando innanzitutto di stringere di più i bulloni di catene del valore che mantengono molto dei loro centri di ricerca al Nord – l’intensità brevettuale al Sud è di soli 12,7 brevetti per milione di abitanti contro una media di 74,6 su media nazionale – ma che hanno nel Mezzogiorno linee di subfornitura che in questi anni sono cresciute, anche come capacità d’innovazione.

Infatti la media delle imprese innovative al Sud non è tanto inferiore di quella nazionale, contando il 40 per cento di imprese innovative nel Mezzogiorno contro 48,7 per cento in Italia), testimoniando che questo sistema produttivo comunque di grande dimensione e paragonabile per numero di imprese a quello inglese può crescere e compattarsi, soprattutto contando su una catena logistica che comunque diviene lo sbocco dell’intera Europa sul Mediterraneo e che può contare su una crescente disponibilità di risorse di energia alternativa e pulita.

Ciò che è evidente è che questa struttura deve compattarsi, quindi non solo integrarsi a livello territoriale ma anche essere più permeabile con le infrastrutture di ricerca nazionali, e quindi divenire parte essenziale di un rilancio dell’industria italiana che sia di spinta ad una profonda riorganizzazione di tutta l’economia italiana.

Restano due punti su cui porre attenzione, essendo gli stessi punti oggi più dolenti dell’economia italiana, che sono la dimensione troppo piccola delle imprese ed il nodo delle risorse umane, quindi di un sistema educativo che non disperda tante forze giovani e sia effettivamente in grado di sostenere questo straordinario slancio per il quale non basta la sola promessa di risorse europee, ma capacità di visione e di governo, sia a livello nazionale che regionale adeguate alla sfida che abbiamo di fronte.

La ricerca presentata da Aspen testimonia quindi ancora una volta quel principio che fu caro ai nostri padri costituenti, cioè che lo sviluppo del Mezzogiorno è fondamentale per la crescita di tutto il Paese.


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