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La Corte dei Conti

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Da marzo a oggi, cioè da quanto la pandemia di Coronavirus ha fatto irruzione in Italia, la Puglia ha potenziato gli organici degli ospedali inserendo 2.691 operatori sanitari, ma di questi solo 530 sono medici, a conferma delle difficoltà a reperire specialisti, anestesisti in particolare.

LO STUDIO

Il dato emerge da una elaborazione svolta a livello nazionale dalla Corte dei conti su dati forniti dal ministero della Salute. In tutta Italia le assunzioni sono state 36.335: a fare la voce grossa è stata l’Emilia Romagna che, nonostante una popolazione simile a quella pugliese e già circa 20mila dipendenti in più rispetto alla Puglia, ha rafforzato gli organici con 5.395 operatori sanitari, di cui 849 medici.

Lo ha potuto fare grazie ai maggiori trasferimenti che arrivano da Roma da ormai 15 anni che le garantiscono la possibilità di spendere di più e, anche, di offrire contratti più alettanti. Un più equo meccanismo di attribuzione delle risorse consentirebbe alla Puglia di ricevere, in media, 250 milioni in più all’anno: è la cifra che l’Emilia Romagna, a parità di popolazione, ha incassato in più dal 2005 a oggi. Negli ultimi 13 anni ha avuto 3 miliardi in più rispetto alla Puglia, a parità di popolazione, come evidenzia il rapporto La finanza territoriale 2018.

Solamente nel 2012, all’Emilia sono andati 7,8 miliardi, alla Puglia 6,97 miliardi, circa 900 milioni in meno. Differenza che è rimasta costante nel corso degli anni. Se la Puglia avesse avuto le stesse risorse dell’Emilia Romagna e avesse, quindi, potuto mantenere lo stesso rapporto dipendenti/residenti, oggi avrebbe 16.662 medici, infermieri, amministrativi in più.

MANCATO RIEQUILIBRIO

L’emergenza Coronavirus avrebbe dovuto spingere, almeno nel campo sanitario, a un riequilibrio delle risorse, economiche e umane, tra le Regioni. E invece la Puglia, assieme a tutto il resto del Sud, rischia di uscirne ancora più indebolito, mentre il divario con il Nord potrebbe lievitare.

Prima della pandemia, in Emilia Romagna i dipendenti erano già oltre 57mila; in Puglia appena 35mila. Nulla di nuovo sotto il cielo, quello che accade anche in tempo di pace: le Regioni ricche del nord, avendo potuto godere per almeno 15 anni di maggiori trasferimenti statali, sono in grado di offrire contratti più vantaggiosi. La Regione Puglia non è rimasta a guardare, ha pubblicato centinaia di avvisi pubblici, ma a rispondere sono stati in pochi, tanto che ora il governo Emiliano ha deciso di puntare al mercato estero.

Non solo: in una circolare indirizzata ai manager delle sei Asl provinciali, il direttore del dipartimento regionale della Salute, Vito Montanaro, ha chiesto di assumere quanto più personale possibile, soprattutto infermieri, e di farlo il prima possibile, invitando le aziende sanitarie a «valutare il ricorso a contratti a tempo determinato di durata pari o superiore ai 24 mesi che consentano di reclutare quel personale che fino ad oggi non ha mostrato interesse per le selezioni per periodi temporali di breve durata». Non più contratti di sei mesi, poco “invitanti” soprattutto in questa fase i cui i turni di lavoro sono massacranti e il rischio professionale molto più alto.

FORZE IMPARI

Anche la seconda ondata di contagi Covid è stata affrontata non ad armi pari: far funzionare una terapia intensiva, un reparto di malattie infettive, uno di pneumologia, senza avere il personale numericamente adeguato è roba da acrobati. Basti pensare che già nel 2002 le Regioni settentrionali spendevano, mediamente, 1,67 miliardi per il personale sanitario, quelle del Sud 1,36; quasi 18 anni dopo, i costi al Nord sono arrivati, mediamente, a 2,18 miliardi, nel Mezzogiorno a 1,74 miliardi: 510 milioni in più contro 380.

Se il Piemonte (4,3 milioni di abitanti) oggi può permettersi di spendere e spandere, investendo per medici e infermieri oltre 2,8 miliardi, la Puglia (4,1 milioni) si ferma a 2. Stesso discorso per i posti letto: nel 2012 in Puglia c’erano 3,12 posti letto ogni mille residenti, nel 2018 sono scesi a 2,88 ogni mille abitanti; al Nord, invece, il taglio dei posti letto negli ospedali è stato molto più contenuto, quasi impercettibile. La Lombardia nel 2012 disponeva di 3,76 posti letto ogni mille residenti, oggi ne ha 3,47; il Veneto è passato da 3,44 a 3,27; il Friuli Venezia Giulia da 3,53 a 3,13; il Piemonte da 3,70 a 3,36; la Liguria da 3,44 a 3,22; l’Emilia Romagna, che nel 2012 disponeva addirittura di 4,17 posti letto ogni mille cittadini, oggi comunque può contare su 3,68 posti ogni mille.

Sapete qual è la spesa sanitaria pro capite? In Puglia di 1.798 euro, in Liguria 2.062, Valle d’Aosta 2.028, Emilia-Romagna 2.024, Lombardia 1.935, Veneto 1.896.


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