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Il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano con il ministro Francesco Boccia

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Appena la seconda edizione del Recovery Plan è stata pubblicata ho subito fatto notare tra i vari punti negativi della proposta quella relativa all’uso del Fondo Sviluppo e Coesione 2021 – 2027, solo ieri lo Svimez, dopo le recenti considerazioni del Servizio Bilancio del Parlamento sull’uso delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione ha sollevato serie perplessità. “Appare decisivo per la coerenza del Piano – precisa con una nota lo Svimez – esplicitare chiaramente l’impegno del Governo a garantire nel Documento di Economia e Finanza 2021 il pieno reintegro delle risorse con il relativo profilo temporale.

Senza adeguata chiarezza sul punto il Fondo Sviluppo e Coesione finirebbe per svolgere un ruolo sostitutivo venendo meno al principio dell’aggiuntività e contraddicendo la finalità della coesione territoriale che è uno dei pilastri del Next Generation Eu” e sempre lo Svimez ha ricordato che è necessario fare chiarezza sulla allocazione delle risorse: almeno l’80% al Sud.

Non mi meraviglio che lo Svimez sollevi una simile critica dopo oltre due settimane dalla pubblicazione della seconda edizione del Recovery Plan, mi meraviglio invece che lo Svimez critichi in modo formale un suo Vice Direttore che attualmente è preposto alla guida del Ministero del Sud e per la Coesione Territoriale. Ed è davvero discutibile chiedere il reintegro nel Documento di Economia e Finanza di tali risorse.

Ma il Governo, o meglio il Ministro della Economia e delle Finanze e lo stesso Svimez sanno benissimo che il DEF è un atto programmatico e come tutti gli atti programmatici presi finora nei DEF prodotti da questi ultimi due Governi del Presidente Conte sono rimasti tali, cioè solo, ripeto solo, pure dichiarazioni di intenti; dichiarazioni che consentono ad Istituti come la Svimez di prevedere 400.000 nuovi occupati al Sud grazie al Next Generation Eu.

Ma ancora più strana è la richiesta di conoscere l’utilizzo della quota di 20 miliardi presa dal Fondo di Sviluppo e Coesione; anche questa richiesta non trova alcuna motivazione in quanto nella ultima proposta di Recovery Plan si dice chiaramente che di tale importo solo 4 miliardi saranno destinati al Mezzogiorno ed il resto sarà destinato ad interventi nelle zone terremotate ed in altri comparti non certo del Sud.

Tuttavia non voglio soffermarmi a lungo su questo specifico argomento che, come ebbi modo di stigmatizzare poche settimane fa, invoca coperture finanziarie che allo stato o non sono disponibili o sono ancora da definire nelle varie allocazioni operative, mi riferisco sia alle risorse del Next Generation Eu inserite come copertura delle scelte effettuate nei commi dal 1036 al 1050 della Legge di Stabilità 2021 o come quelle del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 ancora non definite formalmente come importo globale e ancora non articolate in Programma Operativi Nazionali (PON) e Programma Operativi Regionali (POR).

Questa leggerezza da parte dei Dicasteri competenti preoccupa perché non posso credere che si tratti di pura sottovalutazione o non conoscenza capillare di tali dati reali e di tali passaggi obbligati, ma sia invece, a tutti gli effetti, un chiaro convincimento che il Mezzogiorno non è in grado di spendere le risorse ed è sufficiente assicurare l’impegno nel tempo solo di quadri programmatici.

Come ho ricordato più volte in realtà diversi membri della attuale compagine di Governo hanno gareggiato nell’anticipare varie percentuali di risorse da assegnare al Sud: in testa alla graduatoria c’è il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che nel suo ultimo intervento in Parlamento ha assicurato un volano di risorse per il Sud (sempre dal Recovery Plan) superiore al 50 e forse al 55%, al secondo posto c’è la Ministra Paola De Micheli che ha assicurato almeno il 45% ed al terzo posto c’è il Ministro del Sud e della Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano con il 40%; tuttavia dal 14 febbraio 2020 data in cui a Gioia Tauro il Ministro ha presentato il Piano del Sud ad oggi, cioè dopo quasi un anno di tali percentuali rimangono solo gli impegni.

Cerchiamo allora di ragionare con dati e risorse concrete e disponibili e chiediamo a chi ha attualmente un ruolo nella definizione e nella gestione delle risorse per quale motivo non si sia fatto riferimento alle disponibilità finanziarie non spese del Fondo di Sviluppo e Coesione 2014 – 2020 pari a 30.441.884.804 euro. Sono risorse presenti nel Capitolo 8000 del Ministero dell’Economia e delle Finanze di seguito riportato.

L’Unione Europea ha detto apertamente di essere disposta ad accettare un nuovo e diverso utilizzo delle risorse previste dalla Programmazione comunitaria 2014-2020 a valere sui 4 Fondi Strutturali e di Investimento europei a condizione di completare il processo di spesa e non di semplice impegno entro il 31 dicembre 2023.
Scatta allora immediatamente un altro interrogativo: perché tali risorse non vengono subito inserite nel Recovery Plan senza graffiare le risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 che allo stato non sono ancora disponibili?

Infine sarebbe bene conoscere se le risorse della Legge di Stabilità 2020 destinate ad investimenti per un importo pari a circa 19 miliardi di euro che alla fine del 2020 non erano state attivate per mancanza dei Decreti attuativi siano o meno state attivate. Purtroppo penso che siano ancora disponibili, se così fosse nel bilancio dello Stato sarebbero allo stato disponibili:

• la quota delle risorse non attivate per mancata approvazione dei Decreti attuativi della Legge di Stabilità 2020 pari a circa 19 miliardi
• la quota delle risorse residue del Fondo Sviluppo e Coesione pari a circa 30 miliardi

Sorge, addirittura un dubbio: forse il Ministro Gualtieri ha voluto evitare un ulteriore appesantimento del debito pubblico e quindi ha preferito ritardare questa assegnazione di risorse. Se così fosse scatterebbe automaticamente un altro interrogativo perché invece di utilizzare risorse destinate al Sud non abbia tentato una rivisitazione delle risorse destinate al “reddito di cittadinanza” e agli “80 euro di adeguamento dei salari minimi”; una simile scelta oltre a non penalizzare il Mezzogiorno avrebbe rispettato una precisa richiesta che la Unione Europea ci imporrà per poter accedere al Recovery Fund.

Questi interrogativi e questa mancanza finora di risposte e di certezze penso ci porti verso una proposta che si caratterizza a mio avviso come una prima possibile riforma: istituire un Fondo Unico delle risorse destinate al Mezzogiorno. Un Fondo che aggreghi tutte le varie provenienze e tutte le possibili destinazioni e sia davvero un riferimento certo e trasparente delle responsabilità di chi a vario titolo e nelle varie sedi (Ministeri, Regioni, Provincie, Comuni) concretamente impegna ed utilizza tali risorse. Penso che la gente del Mezzogiorno non vuole più conoscere percentuali, non vuole più leggere quadri programmatici ricchi di risorse ubicate in tante tessere di un mosaico inesistente come il Recovery Fund, il Fondo Coesione e Sviluppo, il Fondo Reti TEN – T, il Piano Junker, ecc..


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