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Superare la quota di assegnazione del 34% delle risorse del Recovery Fund al Sud e determinare immediatamente i livelli essenziali delle prestazioni: sono due dei punti inseriti nel documento che oltre 300 sindaci della rete “Recovery Sud” avevano presentato al parlamento e che, ieri, la Commissione Affari costituzionali della Camera, presieduta dall’onorevole Giuseppe Brescia, ha approvato come “rilievi” al Piano nazionale di ripresa e resilienza.

“Una importante vittoria”, esultano i sindaci sulla pagina Facebook del gruppo nato da un’iniziativa di due primi cittadini della provincia di Bari, Davide Carlucci di Acquaviva delle Fonti e Raimondo Innamorato di Noicattaro.

Lentamente “Recovery Sud” ha preso piede, la Rete è cresciuta e oggi ne fanno parte oltre 300 sindaci. Questo ha permesso di avere maggiore potere contrattuale anche nei confronti del parlamento e governo. L’altra richiesta accolta dalla commissione è quella di prevedere un piano straordinario di assunzioni per i Comuni del Mezzogiorno, almeno 5mila nuovi professionisti da inserire nelle piante organiche degli uffici tecnici. 

“Un segnale importante” commentano i sindaci, ringraziando “il presidente Brescia e la relatrice Vittoria Baldino per la sensibilità e l’attenzione nei confronti della nostra battaglia per l’obiettivo divario zero”. Nell’atto licenziato dalla Commissione compaiono alcuni passaggi ispirati dal documento dei sindaci, come “la necessità di attuare un programma organico straordinario di assunzioni a tempo determinato di personale altamente qualificato, attraverso procedure concorsuali snelle e veloci, tenendo in considerazione gli squilibri territoriali esistenti, in particolare nelle regioni del Meridione”.

 E, ancora, la “semplificazione degli adempimenti burocratici indispensabili per l’assegnazione delle risorse” e “la necessità di applicare, con eventuali aggiustamenti, il criterio di riparto tra i Paesi previsto per le sovvenzioni dal Dispositivo di ripresa e resilienza (popolazione, Pil pro capite e tasso di disoccupazione), superando in maniera significativa la quota del 34% di investimenti al Mezzogiorno”.

“Ci sono però molti altri impegni su cui chiediamo garanzie”, dice Davide Carlucci che lunedì incontrerà il ministro Mara Carfagna con una delegazione di altri rappresentanti delle città del Sud. Nel documento presentato a parlamento e governo qualche settimana fa, i sindaci del Mezzogiorno evidenziavano alcune “ingiustizie”: dai “trasferimenti ancora troppo scarsi per servizi come gli asili nido” alla “distribuzione dei ristori Covid ripartiti in base alla ricchezza fiscale dei territori”; dal “ridotto turnover di docenti e ricercatori universitari alla riduzione dei posti letto negli ospedali”; dal “sempre più risicato numero di dipendenti nei Comuni alla spesa sociale procapite diseguale rispetto al Nord” alla “ridotta speranza di vita alla crescita continua del differenziale di reddito certificato dalla Banca d’Italia e dai più importanti istituti di statistica ed economici”.

Il coordinamento spontaneo chiede che vengano stoppate “le ingiustizie” ai danni del Sud, a partire dall’iniqua ripartizione dei diversi fondi nazionali, da quello sanitario a quello per l’Istruzione. La protesta nata in Puglia ha trovato la partecipazione soprattutto dei sindaci dei piccoli Comuni del Mezzogiorno, quelli più insofferenza e più danneggiati; ora sono i primi cittadini a invocare una “risposta istituzionale alla grave crisi di rappresentanza del Sud”.

Nel documento parlano di “una vera e propria ingiustizia che sarebbe sufficiente a giustificare una mobilitazione generale delle popolazioni dell’Italia meridionale per il riequilibrio territoriale del Paese”. Per questo i sindaci avevano chiesto anche un confronto urgente al Governo Draghi e la risposta non si è fatta attendere, visto che il ministro Carfagna li ha convocati immediatamente.

I primi cittadini ritengono del tutto “insufficiente la quota del 33% del piano europeo assegnata al Sud” e chiedono anche “interventi di edilizia sociale attraverso il recupero dei centri storici, piani di recupero delle acque reflue, un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, azioni per il recupero di castelli e dimore storiche, deroghe per i Comuni in dissesto, l’eliminazione dei vincoli burocratici, interventi nelle aree interne e nei borghi autentici, l’introduzione capillare di linee di bus elettrici o a idrogeno, investimenti nella bike economy, la promozione dell’agricoltura sociale e dei terreni confiscati”.

I sindaci del Sud hanno evidenziato alcuni report e dati che Il Quotidiano del Sud-L’Altra voce dell’Italia ha pubblicato nel corso degli ultimi mesi: “Numerosi studi – ricordano i primi cittadini – dicono che continua ad aggravarsi il divario economico fra l’Italia meridionale e il Centro-nord, secondo la Cgia di Mestre il differenziale di reddito procapite è passato dai 14.255 euro del 2007 ai 14.905 euro del 2015. La crisi del coronavirus, inoltre, ha dato un ulteriore colpo: secondo Banca d’Italia, l’occupazione, nel secondo trimestre 2020 è calata del 4,4% rispetto al 2019, contro dell’1,2 per cento nel Nord”.


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