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Il Ministro Mara Carfagna

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Il Paese e il Mezzogiorno hanno dinnanzi a sé «la più grande occasione di rilancio dalla seconda guerra mondiale», con una «mole di risorse enorme» per generare sviluppo, crescita e ridurre i divari territoriali, ma anche di genere e generazionali. La «sfida» è diventare capaci di usarli bene, segnando un cambio di passo rispetto a quanto finora avvenuto con i fondi strutturali europei, con la «corsa alla rendicontazione dell’ultimo scontrino» e le risorse «per la riduzione dei divari territoriali “parcheggiate“» e non finalizzate.

Se sulle risorse del Pnrr “vigilerà” la struttura di governance che il governo varerà a breve, all’Agenzia per la coesione territoriale – che tornerà alla sua missione di «braccio operativo del ministero del Sud» – il compito di aiutare, sostenere ma soprattutto “sostituirsi” alle amministrazioni, meridionali principalmente, che non riescono ad attuare i programmi di spesa europei.

L’opportunità, il problema e le possibili soluzioni: il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, ne ha parlato facendo il punto sullo stato di attuazione delle politiche di investimento dei fondi strutturali europei in audizione – in collegamento online – di fronte alla Commissione Politiche Europee del Senato.

Il ministro ha spiegato che tra le misure dei prossimi decreti Semplificazione e Governance rientra anche la previsione di «un meccanismo semplificato che consenta all’Agenzia per la coesione – non in una logica punitiva, ma collaborativa e di sostegno – di sostituirsi alle amministrazioni qualora sia necessario», in modo da poter utilizzare in modo tempestivo quel potere sostitutivo di cui è già dotata, ma che di fatto è “ostaggio” di meccanismi farraginosi. A questo si accompagnerà la valorizzazione del personale dell’Agenzia – che ha in organico 383 persone – e l’irrobustimento delle amministrazioni locali con l’innesto di nuove professionalità, come i 2.800 tecnici arruolati entro fine luglio negli enti meridionali.

La sfida di programmazione e attuazione che si pone al Paese è enorme: c’è la “coda” della programmazione 2014-2020, la cui spesa va realizzata entro il 2023, il ReactEu (13,5 miliardi, di cui 8,4 destinata al Mezzogiorno, il 64,3%), il Pnrr (221,5 miliardi, 82 riservati al Mezzogiorno), il nuovo ciclo di fondi strutturali 2021-2027 (alle regioni meridionali 54 miliardi su 81), la programmazione Fsc, Fondo sviluppo e coesione 2021-2027 (58 al Sud su circa 74).

Centinaia di miliardi, cui si aggiungono poi le risorse nazionali del fondo completare da 30 miliardi finanziato in deficit, e il fondo per le opere speciali che comprende i 9,4 miliardi per la realizzazione – prevista entro il 2030 – dell’alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Considerando anche questi ultimi fondi, ha sostenuto Carfagna la quota Sud del Pnrr – fondo complementare compreso – passa dal 40% al 43-44%.

Il ministro lo ha puntualizzato per sgombrare il campo dalle accuse – rilevate nel corso dell’audizione – di uno scippo di risorse al Mezzogiorno nel Pnrr che sarebbe derivato dall’aver disatteso i criteri indicati dalla Commissione europea nella distribuzione delle risorse tra i diversi Stati (inversione del Pil, tasso di disoccupazione e popolazione). «Chi dice che il Pnrr ruba soldi al Sud non ha letto le carte, o le ha lette ed è in malafede. La commissione ha distribuito fondi agli stati membri basandosi su tre criteri di riparto, ma ha lasciato gli stati liberi di scegliere gli strumenti ritenuti più opportuni per ridurre i divari e concentrare le risorse per realizzare gli obiettivi – ha sottolineato il ministro – Abbiamo fatto una scelta di concretezza, di destinare cioè al Sud i soldi che riteniamo sia in grado di spendere nel giro di 5 anni. Chi parla di uno scippo di soldi al Sud deve esser consapevole che parliamo di 82 miliardi da spendere tassativamente nel giro di cinque anni». Cui si aggiungono tutti gli altri fondi europei e nazionali. E per spenderli il Sud «va supportato».

Intanto si aspetta l’anticipazione delle risorse del Recovery, mentre il ministro ha sostenuto la necessità di «trasformare il Next generation Eu in uno strumento permanente di stabilizzazione economica».


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