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L’aumento dell’energia ha un aspetto micro e un aspetto macro. L’aspetto micro è quello che ci schiaffeggia quando riceviamo la bolletta della luce o del gas, o quando facciamo il pieno alla pompa. L’aspetto macro è noto solo agli addetti ai lavori e, fortunatamente, è meno doloroso – macroeconomicamente parlando, appunto – di quello micro.

I lamenti strazianti sull’impennata dei prezzi delle materie prime e segnatamente dell’energia sono, naturalmente, più che fondati. Molto più silenziosi sono i giubili dei Paesi produttori e delle grandi società occidentali che estraggono greggio e gas, minerale di ferro, rame, nickel… Fra extraprofitti delle società ed extra-royalties dei Paesi, è in corso un massiccio spostamento di potere d’acquisto fra consumatori e produttori.

I CONTI CON L’ESTERO

Abbiamo già visitato questi episodi, con le due crisi petrolifere – la prima nella prima metà degli anni Settanta, e la seconda alla fine di quel decennio – e in ambedue i casi quelle impennate avevano portato a un’inflazione generalizzata.

Succederà anche questa volta? Il giudizio sulla durata di questo episodio inflazionistico – una fiammata temporanea oppure l’inizio di una duratura tensione sui prezzi? – è ancora, come si conviene a un giudizio, sub judice. Ma in questa sede ci preoccupiamo di un altro aspetto di questa fiammata, e più precisamente quello che riguarda la ragioni di scambio e i nostri conti con l’estero. Il concetto di “ragione di scambio” è semplice. È un rapporto fra un indice dei prezzi all’export e un indice dei prezzi all’import. Se questo rapporto si deteriora, vuol dire che si incassa meno per unità di export rispetto a quanto si paghi un’unità di import. Ed è appunto quello che sta succedendo.

Dato che i prezzi di quello che importiamo – segnatamente, come detto, di materie prime ed energia – aumentano più rapidamente dei prezzi di quel che esportiamo, questo deterioramento delle ragioni di scambio ci impoverisce.

UN TREND CHE NON PREOCCUPA

Guardiamo però al grafico sull’andamento delle nostre ragioni di scambio dal 1996 a oggi. Lo sgomento di famiglie e imprese di fronte al balzo dei prezzi dell’energia è palpabile, e bene fa il governo a cercare di trovare delle misure capaci di attenuare l’impatto. Ma uno sguardo al passato ci dice che questo andamento non è preoccupante.

Quel rapporto fra prezzi dell’export e prezzi dell’import stava scendendo da un paio di anni, ma da un livello molto elevato: nel 2020 aveva segnato il record, a nostro favore, in quest’ultimo quarto di secolo.

I dati di contabilità nazionale, così come i prezzi (valori medi unitari) di import ed export si fermano all’autunno 2021, e non c’è dubbio che da allora le ragioni di scambio siano ulteriormente peggiorate. Ma rimangono in una zona che non preoccupa, e in ogni caso, la posizione estera dell’Italia ha le spalle larghe. Continuiamo a produrre più di quel che consumiamo, e il nostro saldo corrente rimarrà saldamente in nero.

IL SALDO COMPLESSIVO

L’altro grafico mostra il saldo estero dell’Italia, in due versioni, in percentuale del Pil: export meno importi di beni e servizi, ed export meno import di soli beni (le ragioni di scambio di cui al primo grafico riguardano solamente i beni). Come si vede, il nostro saldo, che era andato in area deficit con la Grande recessione e la susseguente coda velenosa della crisi da debiti sovrani, si è portato in area surplus, soprattutto grazie alla performance dell’export.

Non c’è dubbio che il recente balzo dell’import (non ancora catturato dal grafico) andrà peggiorando il saldo, ma è altrettanto sicuro che si manterrà positivo. Insomma, siamo entrati in questa zona di peggioramento delle ragioni di scambio partendo da una situazione forte, e questo ci rende macroeconomicamente tranquilli.

Certo, sarebbe stato meglio se l’erosione in corso del nostro saldo estero fosse dovuto a più alti volumi di importazioni e non a più alti prezzi. Non ci resta che aspettare che l’offerta di energia si adegui alla domanda. A quel punto, allora, tireremo silenziosi sospiri di sollievo e ascolteremo i lamenti rumorosi dei produttori…


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