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La conferenza stampa di Catania con Spirlì e Musumeci

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“Non è il Ponte sullo Stretto, ma il Ponte d’Europa; non è il collegamento tra due regioni, ma tra due territori europei” dice Nino Spirlì, presidente facente funzioni della Regione Calabria. “E da oggi lo chiameremo Ulisse, perché l’opera è considerata una figlia di… Ulisse è una vertenza che si chiama futuro”, gli fa eco Nello Musumeci, presidente della Regione Sicilia.

La punta dello Stivale, porta d’ingresso al continente, e l’isola più grande del Mediterraneo ribadiscono un impegno comune che possa finalmente rendere concreto il sogno di generazioni di siciliani e calabresi: la continuità territoriale che solo l’attraversamento stabile dello Stretto può garantire.

L’occasione è “Grazie Ponte sullo Stretto: l’opera possibile e necessaria, per l’Italia e per l’Europa”, un incontro organizzato ieri presso la sede della Regione Siciliana a Catania dall’associazione “Lettera150”, think tank composto da oltre 300 docenti universitari e coordinato da Giuseppe Valditara. Allo stesso tavolo, con i due governatori dell’estremo Sud, l’ingegnere Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild, l’ex ministro del governo Berlusconi, Pietro Lunardi, e gli assessori alle Infrastrutture delle due Regioni, Marco Falcone (Sicilia) e Domenica Catalfamo (Calabria), che da mesi seguono direttamente il dossier.

“Abbiamo la necessità di cogliere la presenza importante dell’imprenditoria nazionale e internazionale per parlare di Ulisse. Chi è Ulisse? Il Ponte sullo Stretto. Da oggi lo chiameremo così, perché l’opera è considerata una figlia di… – si lascia scappare di bocca Musumeci per dare forza al concetto -. Il Mediterraneo è un mare che unisce, dove passano le merci. E dove non passano le merci passano gli eserciti. Abbiamo diritto a una risposta definitiva – aggiunge – Il Governo Draghi è un governo di emergenza per situazione di emergenza, e Calabria e Sicilia rivendicano il diritto di sapere cosa si vuole fare di Ulisse, del Ponte sullo Stretto. Basta con i rinvii. Ci dicano se le due regioni sono ancora continente europeo. Non ci offendiamo. Ma il governo Draghi ci dica che vuole fare del Mezzogiorno, del bacino afro-asiatico. Se dobbiamo essere soltanto un contenitore per consumare prodotti che vengono dal Nord. Siamo stanchi di essere considerati colonia, vogliamo essere protagonisti del nostro futuro”.

Un futuro nel quale tuffarsi magari da quel trampolino di 3,3 km a campata unica e largo 60 metri per il passaggio di auto e treni, il cui progetto definitivo risale al luglio 2011, e che renderebbe funzionale la continuità del Corridoio Helsinki-La Valletta, cordone ombelicale e spina dorsale insieme di un’integrazione comunitaria non solo politica ed economica.

“Noi vogliamo diventare il cuore del Mediterraneo. La piattaforma naturale delle navi che lo attraversano. Non è possibile diventarlo se non c’è l’alta velocità. Non ci può essere alta velocità se non si attraversa in tre minuti lo Stretto di Messina. Questo è l’appello che lancio al governo: siamo stanchi di essere considerati marginali rispetto al continente europeo – insiste il presidente della Regione Sicilia parlando dei tempi biblici della realizzazione dell’opera – Per le persone in buona fede i problemi sono tecnici, per quelle in malafede, che sono tante nella politica dei Palazzi romani e non solo, è la volontà di mantenere il sistema Italia diviso in due: un Nord ricco e opulento, che produce, e un Sud povero che arranca e consuma i prodotti del Nord. Finiamola con questa farsa”.

Sulla megastruttura l’unità d’intenti tra le due Regioni forse non è mai stata così salda.

“Calabria e Sicilia sono le porte per chi arriva dal Canale di Suez e dai Paesi che oggi detengono un grande potere economico, come Cina e India, ormai ago della bilancia dell’economia mondiale; senza contare il continente africano, che, nei prossimi decenni, sarà l’interfaccia naturale con l’Europa. Non è dunque ammissibile che i primi territori europei non siano tra loro collegati – incalza Spirlì – Il Ponte d’Europa velocizzerà gli spostamenti, lo scambio di merci, l’unione dei popoli; è un’opera fondamentale per creare una sola comunità, una sola economia, un solo patrimonio artistico e culturale. Non stiamo chiedendo un intervento da poveri. Qui siamo Europa, svegliatevi. L’ingresso per il continente non è il porto di Rotterdam, ma Gioia Tauro. Il progetto c’è, chiavi in mano. Ce lo devono dire che cosa vogliono fare”.

E ancora: “Il Pnrr sta per mostrare la sua debolezza perché non passa dalle Regioni, ma ci scende sopra come le gemelle Kessler scendevano dalla pertica in televisione. Ci saranno progetti moribondi, asfissiati, tenuti chiusi nel cassetto e che adesso sembreranno nuovi. Noi crediamo in Ulisse e deve prendere vita dentro l’Europa. Siciliani e calabresi sono i popoli maggiormente rappresentativi del Continente”.

Un’opera che per decenni è stata descritta come il frutto di una “inutile e dannosa” propaganda politica, oggi diventa una richiesta senza condizioni. “Noi abbiamo fatto mille chilometri di ponte nella nostra storia imprenditoriale, compresi due a campata unica tra i 10 più grandi del mondo. Quello sullo Stretto si può fare. Lo stavamo facendo, ma ci hanno fermati. La differenza tra Paesi che crescono e quelli che annaspano è anche nella capacità di creare le grandi opere, di creare prospettive e di essere attrattivi – dice Salini – La struttura creerebbe 20mila posti di lavoro. Noi siamo pronti a partire, anche domani. Il progetto ha superato un sacco di ostacoli, superando tutti i passaggi burocratici previsti. È un progetto che era stato cantierato ed è pronto per essere eseguito. Poi il Paese ha deciso di interrompere questo ciclo e ci siamo fermati come è giusto che sia. Se il Paese ritiene sia una priorità, noi siamo pronti a farlo”. Se non ora, quando?


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