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I due decreti, Rilancio e Semplificazioni, considerati dal governo i motori della ripartenza del Paese, chissà quando diventeranno operativi. Le norme sulla carta ci sono: mancano, però, i decreti attuativi, e per il provvedimento Semplificazioni non c’è neanche l’accordo nella maggioranza. Il decreto licenziato da Palazzo Chigi con la formula del “salvo intese” ha raccolto molte perplessità anche da parte dell’Ance, l’associazione dei costruttori.

HANDICAP DI PARTENZA

Entrambi i decreti nascono con una formulazione che ne compromette l’efficacia. Il Rilancio, partito ad aprile nel momento più delicato dell’uscita dalla quarantena del Covid, ha avuto un parto travagliato, nonostante il governo gli abbia spianato la strada con la fiducia. Dopo il via libera della Camera, mercoledì scorso, ci sarà un ultimo passaggio al Senato per la conversione in legge, ma senza modifiche. Questa manovra da 55miliardi è appesa però a 148 provvedimenti attuativi. Serviranno 9 Dpcm su proposta dei ministri interessati, 41 decreti ministeriali da emanare di concerto con il Mef, 15 decreti del Mef in raccordo con altri ministeri o la Conferenza Stato-Regioni e 18 decreti solo del Mef.

Il decreto contiene misure per le famiglie e le imprese, il rinnovo degli ammortizzatori sociali con il prolungamento della cassa integrazione, i bonus babysitter anche per i centri estivi, quelli per colf e badanti e la sanatoria per i migranti, soldi in più per il bonus bici e monopattini. Ci sono poi i bonus di 600 euro per professionisti e autonomi, il credito d’imposta sugli affitti commerciali e la proroga del blocco degli sfratti, il reddito di emergenza e il prolungamento dello smart working per gli statali fino al 31 dicembre oltre ai 3 miliardi per l’Alitalia e i 300 milioni per le scuole paritarie.

ECOBONUS A OSTACOLI

Ma soprattutto contiene l’ecobonus del 110% per le ristrutturazioni esteso anche a seconde case unifamiliari e villette a schiera. Per questo provvedimento, molto atteso, bisogna aspettare le spiegazioni delle Entrate e il decreto del ministero dello Sviluppo economico. Il punto interrogativo principale riguarda la possibilità per il committente di emettere fatture in acconto senza sborsare soldi. Va chiarito quali saranno le modalità e la modulistica per l’acquisto del credito d’imposta.

C’è poi un ostacolo a monte, cioè l’impossibilità per il momento, in base alla normativa sulla sicurezza, di svolgere assemblee di condominio se coinvolgono molte persone. Non sono previste le videoconferenze su piattaforme informatiche, come alternativa. Altro nodo da sciogliere è il prezzario, cioè il riferimento unico su cui si fanno i preventivi in base ai quali si stabilisce se un prezzo è congruo o no. Dovrà essere il ministero dello Sviluppo economico a spiegarlo in un decreto attuativo. Questi sono solo alcuni dei temi in sospeso. Quindi difficilmente qualche condominio o privato si avventurerà a intraprendere lavori di ristrutturazione prima che il quadro sia chiaro, con il rischio di un passo falso che potrebbe mettere a rischio l’agevolazione fiscale. La normativa sembrerebbe fatta apposta per scoraggiare o indurre a sbagliare.

LE INCOGNITE

Numerose incognite ha davanti il decreto Semplificazioni che dovrebbe, nelle intenzioni del governo, portare alla riapertura dei cantieri e spingere l’economia. Innanzitutto il provvedimento è “salvo intese”, ossia nasce senza un accordo nella maggioranza, ma fortemente voluto dal premier Conte per facilitare la trattativa europea sul Recovery Fund.

Poi non sembra soddisfare nemmeno gli operatori direttamente interessati. Il presidente dell’Ance, l’Associazione che riunisce i costruttori, Gabriele Buia, ha sollevato alcune criticità. Il provvedimento, così come è congegnato, non sarebbe in grado di accelerare i tempi dei lavori. Il problema è che l’iter autorizzativo dei progetti, la fase prima della gara, resta identico a prima, non cambia nulla. Stessa dose di burocrazia. Buia sottolinea che la giungla dei procedimenti non è stata sfoltita, mentre sono stati effettuati tagli alla concorrenza. In sostanza si è pensato che abolendo le gare, si possa velocizzare l’avvio dei lavori, in realtà gli ostacoli sono all’origine, nella selva di pareri, procedure e valutazioni. Questo cammino tortuoso fa sì che per realizzare un’opera pubblica sopra i 100 milioni di euro, servano almeno 16 anni e per interventi di manutenzione 4-5 anni. Tempi che l’Italia non può più permettersi.


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