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Il Mose a Venezia

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PIU’ comunicati stampa, più articoli di primari quotidiani nazionali, più dichiarazioni di esponenti della politica (anche di quel mondo che fino a soli 10 anni fa lo riteneva un fallimento) oggi sono concordi nel riconoscere tutti i meriti di questa opera, cioè tutti i meriti del Mose (Modulo sperimentale elettromeccanico) nel salvare Venezia. A tale proposito riporto, solo a titolo di esempio, alcuni comunicati che tutti abbiamo potuto leggere in questi giorni e che in piena sintonia hanno ribadito: «In questi ultimi giorni, cioè il 27, 28 e 30 ottobre alle Bocche di Porto si sono raggiunti anche 154 cm. che, tradotto in acqua alta, significa che il 70% della superficie di Venezia si sarebbe allagata». Inoltre, il referente del centro maree del Comune di Venezia, Alvise Papa, ha fatto presente che Venezia ha avuto il settembre più caldo della storia della città e che nelle ultime due settimane si sono formate, per la prima volta, repentine e intense perturbazioni.

I PERICOLI EVITATI DAL MOSE A VENEZIA

Il sindaco Brugnaro, il prefetto di Venezia, Michele di Bari, e la commissaria straordinaria del Mose, Elisabetta Spitz, hanno affermato, ancora una volta, che il sistema Mose si sta rivelando fondamentale per la salvaguardia di Venezia. In realtà il Mose ha evitato enormi disagi e gravi rischi per la città: il Modulo,che è attivo dal 3 ottobre 2020, è stato sollevato 60 volte per difendere la città dalle maree eccezionali. Io, come consigliere dell’allora ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, professor Pietro Lunardi, e poi come responsabile della Struttura tecnica di missione del Ministero, ho vissuto direttamente tutte le fasi che hanno reso possibile la trasformazione di un’intuizione progettuale, all’avanguardia dell’ingegneria moderna, sostenuta in modo particolare da un grande uomo politico come il ministro Gianni De Michelis, in opera concreta.

Non posso però non ricordare che a sostenere l’opera si è stati in pochi, e non posso non ricordare che l’opera si è realizzata grazie alla legge Obiettivo varata nel 2001 dal governo Berlusconi, all’interno del dicastero delle Infrastrutture e dei trasporti diretto dal ministro Lunardi: sì, abbiamo oggi il Mose grazie a una legge che da alcuni fu ritenuta “criminogena”. Insisto nel ricordare che si è stati in pochi ad apprezzare l’intervento e che, anche a valle della messa in funzione dell’opera nel 2014, abbiamo assistito a critiche e a denunce sulla sua inutilità e sulla sua falsa funzione. Oggi, di colpo, tale approccio è cambiato ed è rimasta sola l’inesauribile critica di quel gruppo di soggetti definiti “ambientalisti” (i veri ambientalisti sono completamente diversi) che di fronte all’evidenza, di fronte alla misurabile sconfitta delle loro supposizioni, delle loro gratuite analisi (non dico delle loro idee perché, a mio avviso, difficilmente in loro albergano idee, hanno detto: «Chi conosce la laguna sa che il Mose è già vecchio e che gli studiosi stanno cercando altre soluzioni. La laguna non è una vasca che si apre e si chiude, ma un ecosistema complesso che riceve l’acqua salata del mare e l’acqua dolce dei fiumi e ha bisogno di un ricambio continuo. Più il livello del mare si alzerà, più si vorrà sollevare il Mose, con il rischio di trasformare Venezia in una città su un lago o su una costa».

Siccome questa dichiarazione è stata riportata virgolettata, ritengo utile che il lettore sappia anche i nomi di coloro che hanno formulato tale dichiarazione: gli ambientalisti Tommaso Cacciari e Andreina Zitelli.

MODELLO INTERNAZIONALE

Ora sono convinto che questa esperienza pilota, come più volte ribadito dal presidente Berlusconi e dall’allora ministro Lunardi, non dovrà essere solamente un sistema ad alta tecnologia mirato alla difesa di una città patrimonio della umanità come Venezia, ma dovrà diventare un vero modello, un vero specialistico laboratorio internazionale per la miriade di realtà territoriali diffuse sul pianeta e soggette o a innalzamento del livello del mare o a sistematiche maree anomale. Cioè un vero riferimento di studio e di ricerca, perché quello che chiamiamo Modulo sperimentale elettromeccanico possa davvero essere un esempio utile per riuscire a salvare altre aree che sono a rischio. Al tempo stesso l’impianto dovrebbe diventare un vero centro universitario in cui poter dare vita a un processo didattico a scala internazionale.

Devo dare atto che queste realizzazioni ci riempiono di orgoglio, e quando siamo presi da scoraggiamento queste eccellenze ingegneristiche ci ricaricano perché, in fondo, ci fanno scoprire che siamo in grado di immaginare, di progettare, di realizzare e di gestire anche sistemi così avanzati, sistemi così complessi come il Mose e oggi stiamo avviando a realizzazione un altro intervento come quello del Ponte sullo Stretto di Messina che testimonierà, ancora una volta, che il nostro Dna contiene anche dei fattori di eccellenza.

I “NO” ALLO SVILUPPO

Voglio concludere questa mia nota ricordando che il Mose non era stato affatto pensato e realizzato per evitare l’acqua alta a Venezia, ma per evitare che un evento con livelli del mare elevatissimi “distruggesse Venezia” (sì, distruggesse Venezia). Come viene riportato da dati oggettivi, questo rischio, o meglio questa serie di eventi, in parte è già avvenuta e Venezia non è scomparsa. Lo so, come detto prima, la nostra memoria storica è corta ma forse tutti ricorderanno il comportamento di alcuni schieramenti politici nei confronti del Mose e tutti oggi stanno assistendo al repentino cambiamento dopo che tutti, dico tutti, hanno potuto apprezzarne il valore.

Lo stesso è accaduto per l’alta velocità ferroviaria e lo stesso è accaduto, e continua ad accadere, per il Ponte sullo Stretto. Questo è, in realtà, un comportamento tipico degli schieramenti politici che motivano la propria esistenza, motivano gli stessi propri convincimenti, opponendosi, anche inconsapevolmente, alla crescita e allo sviluppo e, in modo camaleontico, sono pronti a modificare il proprio atteggiamento quando si scopre che ciò che avevano osteggiato ha successo. Molti della mia generazione, però, hanno una virtù: scoprono quasi sempre i camaleonti e hanno anche il coraggio di denunciarne la loro modestia, la loro miopia.


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