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Il ministro Luigi Di maio

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C’è un tempo per attaccare e uno per prendere tempo E sembrano ormai lontani tempi in cui Luigi Di Maio, da leader del suo Movimento e vice primo ministro attaccava gli alleati di ieri e di oggi.  L’effetto-Farnesina è un potente sedativo diplomatico. E con l’emergenza continua anche i toni si sono molto attenuati. Ma tutto non questo non gli impedisce di chiarire le sue posizioni. La Sanità, tartassata, da rifare; il federalismo da riscrivere quando tutto sarà finito, le contraddizioni innescate dai governatori, il futuro dei pentastellati. E gli errori da non ripetere.

Ministro Di Maio, in molti si meravigliano di come il Mezzogiorno sia entrato in emergenza ancora prima che la curva dei contagi si sia impennata. Sono gli stessi che hanno forse hanno dimenticato le condizioni in cui versa la sanità delle regioni meridionali. Vale per la Campania ma anche per la Calabria. È mai possibile che investimenti sanitari in Calabria ammontino a 15,9 euro pro-capite contro gli 84,4 pro-capite dell’Emilia-Romagna? Non crede che la prima cosa sia correggere questi numeri?

«Guardi, le voglio dire una cosa molto chiara: il Sud non può essere abbandonato. Lei dice bene in merito alla sanità, per decenni è stata tartassata da politiche che invece di rilanciarla ne hanno tagliato le risorse. La sanità è stata il bancomat della politica italiana e oggi a farne le spese sono i cittadini. Come Movimento lo denunciamo da tempo e adesso stiamo iniziando a invertire la rotta, perché uno Stato serio deve investire nella sanità, come stiamo facendo. Certo, ci ritroviamo nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria e i nostri ospedali sono davvero sotto stress. È un dato di fatto. Questo è inaccettabile e dobbiamo lavorare per stanziare ancora altre risorse a favore della nostra rete ospedaliera, da Nord a Sud. Senza eccezioni». 

Sembra che in questo momento in Campania, la sua regione il problema sia soprattutto di quale colore dipingerla: gialla, arancione o rossa? Quando il governatore De Luca chiede di chiudere tutto, il governo si mostra meno rigido. Quando è il governo che vuole chiudere dalla Regione arriva una indicazione opposta. E intanto i contagi aumentano. Per quanto tempo ancora i napoletani e i campani dovranno assistere a questo assurdo balletto?

«Come ho detto più volte, serve unità e bisogna dialogare con tutte le Istituzioni, sia nazionali che regionali e locali. Però serve serietà da parte di tutti, i cittadini non possono essere bombardati da messaggi discordanti, non possono sentire un giorno una cosa e il giorno successivo l’opposto. Alcune regioni prima chiedevano maggiore autonomia, adesso meno responsabilità. Ecco, questo non va bene: serve una collaborazione costante, non possiamo permetterci di alimentare sterili polemiche che fanno del male agli italiani. In Campania la situazione va monitorata al meglio e bisogna ascoltare le persone, i medici, gli infermieri che ci stanno dicendo che la situazione non è facile. Dunque, governo e regione devono dialogare e intervenire. E bisogna prendere decisioni chiare, che tutelino la salute dei cittadini. La vita è un bene prezioso, teniamolo bene a mente». 

Vaccini che vengono prescritti ma che, come sta accadendo in Lombardia, non ci sono. Medicina territoriale invisibile. La app Immuni si rivelando un fallimento. Ventilatori polmonari consegnati ma non installati e comunque senza il personale idoneo ad utilizzarli. Medici di base che devono acquistarsi da soli i presidi individuali di protezione. E potrei continuare, con i banchi che arrivano solo ora nelle classi vuote perché gli studenti stanno a casa. Chi doveva gestire tutto questo è il commissario all’emergenza Arcuri. Seppure sempre poco utilizzato nel nostro Paese c’era una volta il nobile istituto delle dimissioni. Che cosa si aspetta a sollecitarle?

«Non penso che la cosa da fare in questa fase sia puntare il dito contro qualcuno o qualcosa. Le assicuro che, nonostante le difficoltà, tutto il governo sta facendo il massimo. Fare polemica adesso a cosa porta? Di certo non a risolvere i problemi, ma a generare ulteriore caos. E non possiamo permettercelo. Certo, non dobbiamo abbassare la guardia e se sono stati fatti errori vanno corretti immediatamente, trovando soluzioni concrete. Mi faccia dire una cosa però: questa è una crisi senza precedenti. Come vede, tutto il mondo è colpito da questo virus. La situazione negli altri Paesi europei non è migliore, questo a dimostrazione del fatto che siamo davanti a una emergenza mai vista fino ad oggi. La risposta più efficace è confrontarsi per trovare soluzioni immediate». 

Venti regioni e venti sanità diverse. Una babele di regole e di ordinanze a volte in contraddizione tra loro. Con i governatori che contano più delle grandi città. Vogliamo dire una volta per tutte che l’autonomia differenziata è stato un gigantesco e dannoso equivoco e il Titolo V va riscritto?

«Sul titolo V va aperta una seria riflessione. Non adesso, ovviamente. Ora abbiamo altre priorità e bisogna fermare la diffusione del Covid. Ma, una volta superata la crisi pandemica, sicuramente bisognerà riorganizzare meglio sia le regioni che la sanità. Vanno inoltre eliminati gli enti superflui e va sburocratizzato il Paese. Più digitalizzazione e meno carte inutili». 

Se diciamo che in Calabria si sta sfiorando la rivolta non esageriamo. È una regione che ha pagato più di altre il prezzo delle disuguaglianze. La sanità è stata rasa al suolo. Siamo passati dalle 140 terapie intensive di marzo alle 146 di ottobre. Chi doveva sapere non sapeva, chi dovesse vigilare non ha vigilato. In che mani siamo?

«La Calabria è stata messa subito in fascia rossa. Parliamo di una regione che ha subito per troppo tempo gli effetti di una politica fallimentare. Sono stati fatti troppi errori e adesso bisogna rimediare, senza perdere altro tempo. I calabresi si meritano il meglio e il governo deve dimostrarlo con i fatti».

Sorvoliamo sulla nomina dell’ex commissario Saverio Cotticelli, una nomina che risale al precedente governo. Ma su quella del suo successore Zuccatelli molti parlamentari M5S calabri avevano posto il veto elencando una lunga serie di motivi per i quali la nomina sarebbe stata inopportuna. Perché il ministro alla Salute, Roberto Speranza non ne ha tenuto conto?

«Guardi, è una decisione che chiaramente viene presa al ministero della Salute, lo ha detto anche lei. Posso dirle che questo governo sta lavorando al meglio, ma ovviamente se ci sono delle criticità è giusto che vengano sollevate. Detto questo le ripeto che va messa da parte ogni tipo di polemica e bisogna reagire e risolvere qualsiasi problematica».

Il presidente del Consiglio Conte ha telefonato a Gino Strada chiedendogli di affiancare in Calabria il lavoro del nuovo commissario. Il presidente di Emergency ha maturato una lunga esperienza in Africa dove la sua Onlus ha montato centinaia di ospedali da campo. Nulla da dire sulla persona, co mancherebbe. È amaro però osservare che il nostro meridione viene trattato ormai come il Terzo Mondo.   

«Per me e per questo governo il Mezzogiorno è una priorità. Ad esempio, pensi alla fiscalità di vantaggio: dal 1° ottobre scorso le aziende del Sud godono di un taglio del 30% sul costo dei contributi per i loro dipendenti. Bisogna andare avanti con politiche che rilancino sempre di più il Meridione, creando occupazione e dando strumenti alle imprese per produrre e assumere».

In momenti come questi servono unità e competenze. Il M5S è una forza giovane e su entrambi i fronti ha bisogno, come si diceva una volta, di rifarsi il look. Molto infatti è cambiato da quando una pattuglia molto nutrita di parlamentari mise piede nel Transatlantico ormai sette anni fa. Stare all’opposizione e saper esprimere una nuova classe dirigente sono compiti molto diversi. Lei crede che il suo Movimento riuscirà a compiere questa trasformazione?

«Il Movimento, questa trasformazione, la sta già compiendo. E sa come? Rendendo realtà le promesse fatte agli elettori. Decreto dignità, Reddito di Cittadinanza, risarcimenti ai truffati dalle banche, taglio dei parlamentari e tutti gli altri provvedimenti che stanno cambiando il volto del Paese. Sono tutte leggi che portano la firma del Movimento. Questa è la strada da seguire, perché andare al governo significa trovare soluzioni che migliorino la qualità della vita degli italiani.»


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