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Il senatore Roberto Calderoli

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LA LEGA è pronta a stendere tappeti rossi: in Senato martedì prossimo farà il suo ingresso “trionfale” il disegno di legge sull’autonomia differenziata. Seguirà un cammino che nonostante le apparenze e le tante dichiarazioni sull’unità d’intenti della maggioranza, si presenta in salita. Giovedì scorso, alle 17 in punto, sono scaduti i termini per la presentazione degli emendamenti al testo uscito dalla commissione Affari costituzionali. Ne sono stati presentati 337 più 6 ordine del giorno. In Aula saranno giudicati solo quelli ammissibili. Il testo presentato dai relatori porta la firma del ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, leghista della prima ora. Il suo Ddl di iniziativa governativa, collegato alla legge di bilancio, è stato corretto ma nella sostanza è rimasto lo stesso.

Un provvedimento Spacca-Italia che se approvato aumenterà le disuguaglianze tra le regioni più ricche del Nord e quelle più povere del Sud. E’ il concetto sostenuto in punta di diritto nelle tanti quanto inutili audizioni da quasi tutti i costituzionalisti e gli esperti di federalismo. Sindacati, associazioni, enti vari. Non la pensa così uno dei due relatori. “Questo testo sull’autonomia è il frutto di un lungo lavoro – rivendica il senatore Paolo Tosato, senatore della Lega Nord, veronese di Negrar, patria della Valpolicella – una opportunità per quelle regioni a statuto ordinario che chiederanno di gestire in proprio alcune o solo particolari ambiti di materie attualmente di competenza statale”.

La discussione generale dovrebbe concludersi nell’arco di un paio di sedute. Quindi seguirà la valutazione della commissione Bilancio prima che il testo torni in Aula per la votazione degli emendamenti. Inizierà poi l’esame alla Camera con un primo passaggio in commissione Affari costituzionali. Se il testo del Ddl 615, come è facile prevedere, sarà modificato, il disegno di legge tornerà in terza lettura a Palazzo Madama. Improbabile che ciò avvenga prima delle elezioni europee. Calderoli e suoi della Lega dovranno dunque accontentarsi del primo eventuale e provvisorio via libera all’autonomia da parte del Senato. Una bandierina da sventolare sotto elezioni per far contento il governatore del Veneto Luca Zaia e quello della Lombardia Attilio Fontana, i più accaniti sostenitori di quella che il professor Gianfranco Viesti ha definito la “secessione dei ricchi”.

Diverso è il discorso per l’altro disegno di legge di iniziativa popolare che verrà presentato all’Assemblea in parallelo. Il Ddl costituzionale n. 764 “concernente modifiche agli articoli 116 e 117 della Costituzione in materia di autonomia regionale e riparto di competenze legislative”. E’ il frutto di una raccolta di firme (106 mila) promossa da varie associazioni e ispirata dal costituzionalista, il professor Massimo Villone. Martedì prossimo in piazza del Plebiscito a Napoli, dinanzi alla prefettura, è stata indetta una manifestazione contro l’Autonomia differenziata. Ci sarà anche il Pd che però, come vedremo più avanti, non si è speso più di tanto.

Il Ddl 764 chiede di riscrivere il federalismo, passare un colpo di spugna sulla sventurata modifica del Titolo V che tanti dubbi e tante polemiche ha sollevato senza mai arrivare a compimento. “E’ strano osservare che chi vuole cancellare quella riforma sull’autonomia oggi è proprio quel centrosinistra che la fece nel 2001”, fa notare Tosato, e su questo, al parlamentare della Lega, 51 anni, segretario del Senato, non si può francamente dar torto. Il pasticcio è iniziato infatti molti anni fa con la legge costituzionale 3/2001 che ha modificato l’assetto del governo territoriale sovvertendo i rapporti tra Stato centrale ed enti locali. Si alimentarono attese con uno strascico di ambiguità. Il disegno di legge Calderoli vorrebbe chiudere il cerchio ma è l’ennesima legge- quadro, il perimetro entro il quale sviluppare richieste di autonomia che risalgono a 22 anni fa, 23 possibili materie da devolvere.

Il percorso non si esaurirà con l’eventuale approvazione in Parlamento. Perché il trasferimento delle materie e delle relative funzioni possa avvenire si dovrà passare attraverso la Conferenze delle regioni e le intese con Palazzo Chigi: dovranno esprimersi tutti i ministri competenti. Il Parlamento a quel punto potrà solo ratificare. Ed è questo uno dei punti più incerti e discussi del provvedimento. Senza dire che il vero nodo da sciogliere restano i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Un articolo del Ddl prevede infatti che senza averli determinati non si potrà procedere. E che se questo non avverrà entro 12 mesi dall’approvazione della legge a definirli sarà un’apposita cabina di regia. Altro punto cruciale e in quanto tale contestatissimo.

Per non parlare dei costi che il finanziamento dei Lep – quantificati dalla commissione di esperti presieduta dal professor Sabino Cassese – comporterebbe. Un lusso che le casse indebitate dello Stato non possono permettersi. Un’autonomia differenziata che arriverebbe dunque a scoppio ritardato e senza alcuna garanzia che si compia davvero. Sostenuta dai governatori con il vero scopo – sostengono i più critici – di trattenere sul proprio territorio il gettito dell’Irpef e dell’Iva aggirando i meccanismi di perequazione previsti dalla nostra Carta. Che vorrebbe dire assentare al Mezzogiorno il colpo di grazia. In quella che si presenta come una battaglia campale l’opposizione si presenta in ordine sparso. Il partito democratico che sulla carta sembrerebbe animato dalle intenzioni più bellicose in realtà è spaccatissimo. E’ una battaglia che non ama. Non vuole mettersi contro gli elettori del Nord ma neanche inimicarsi quelle regioni del Sud che al di là degli schieramenti hanno sentito puzza di bruciato.

Inoltre alcuni governatori, come Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna ed Eugenio Giani in Toscana, non sembrano disposti a sostenere Elly Schlein su un terreno così scivoloso A completare questo quadro pieno di chiaroscuri le dissonanze che covano nel centrodestra. Non è un mistero infatti che tra i parlamentari di Fratelli d’Italia questa autonomia in salsa leghista venga vissuta come una pillola amara da mandare giù per non rompere l’alleanza con il Carroccio in cambio il sostegno sul Premierato. Riferimento al disegno di legge Casellati approdato in questi giorni in commissione Affari costituzionali, un disegno di legge che in altri momenti Salvini e compagni avrebbero sostenuto con forza ma ora, con lo strapotere di Giorgia Meloni avanti in tutti i sondaggi, un po’ meno. Ci sarebbe infine Forza Italia. E anche qui altri mal di pancia. Con il risultato paradossale che un ddl che piace solo al Carroccio rischia di passare con il semaforo verde per consunzione degli alleati. E a pagare ancora una volta sarebbe il Sud.


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