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C’E’ un settore dove l’autonomia differenziata ha già effettuato le sue prove generali, prima ancora della riforma spacca-Italia firmata da Calderoli, ed è ovviamente la sanità col suo connesso diritto alla salute. Perché in Sanità da almeno 20 anni si sperimenta quello che significa affidare alle Regioni funzioni fondamentali per la vita dei cittadini.

Il diritto alla salute è l’unico ambito dove, ad esempio, la commissione che dovrebbe decidere, all’interno dell’autonomia differenziata, sui cosiddetti Lep, i Livelli Essenziali delle Prestazioni, ha passato la mano, spiegando che, in realtà, già esistono da tempo, sia pure con un altro nome, i Lea, ovvero i Livelli Essenziali di Assistenza. E, prima ancora del rapporto Svimez-Save the Children che fotografa la drammatica realtà del divario nel nostro Paese (LEGGI), sarebbe stato sufficiente scorrere la consueta statistica messa punto dal ministero della Salute per toccare con mano la persistenza del gap fra Nord e Sud.

Bastano pochi numeri per avere l’esatta dimensione di un fenomeno, quello del diritto alla salute, che l’autonomia differenziata potrebbe addirittura peggiorare. In Campania, già oggi, si vive circa 18 mesi in meno della media italiana, in Sicilia l’aspettativa di vita è è inferiore di 14 mesi rispetto al resto del Paese e vanno un po’ meglio le cose in Calabria, dove la differenza di ferma a cinque mesi. Ancora più importanti sono poi i dati che riguardano la cosiddetta “mortalità evitabile”, termine tecnico con i quali si identificano quei decessi che avvengono in determinate età e per cause che potrebbero essere attivamente contrastate con interventi di prevenzione primaria, diagnosi precoce e terapia, igiene e assistenza sanitaria. In Campania, se consideriamo la fascia fino a 74 anni di età, la percentuale è del 24% più elevata rispetto a quella del resto del Paese, in Sicilia del 12% e in Calabria del 6,5%.

Ma ancora più grave è il trend di queste tre regioni, che dal 2004 ad oggi ha continuato a crescere, scavando un gap sempre più profondo con le altre regioni d’Italia. Se poi passiamo ad un altro dato statistico, non meno interessante, quello dei Livelli essenziali di Assistenza, le regioni del Sud si trovano tutte nelle parti basse della classifica, segno evidente che il Sistema Sanitario Nazionale non riesce ad erogare servizi con la stessa quantità e qualità del Nord. Secondo il Rapporto del Ministero della salute Molise e Campania presentano addirittura valori al di sotto del livello di garanzia. Nonostante, ovviamente, le punte di eccellenza raggiunte in alcune strutture sanitaria, con livelli assoluti dal punto di vista della competenza professionale e della ricerca.

Se poi consideriamo il fenomeno dei cosiddetti “viaggi della speranza”, ovvero i flussi di pazienti che si spostano da una parte all’altra dello stivale per trovare cure migliori si scopre che nei primi quattro posti per saldo positivo si trovano le 3 Regioni che hanno richiesto le maggiori autonomie (+ 10,7 miliardi) mentre 13 Regioni, quasi tutte del Centro-Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a 14 miliardi di euro. Sono tutti dati che fotografano il fallimento dell’autonomia differenziata nel settore della sanità ed è evidente che resta ancora tutta da trovare l’equilibrio fra il ruolo dello Stato centrale, che deve garantire livelli uniformi di assistenza in tutto il territorio e il ruolo delle amministrazioni periferiche su un tema che è tutelato dalla Costituzione.


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