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«La debolezza del Pil di alcune parti del Paese è perfettamente sovrapponibile alla debolezza della sua dotazione infrastrutturale: è provato che lo sviluppo e il dinamismo delle diverse aree geografiche è in funzione dell’alta velocità. C’è una corrispondenza biunivoca, perché non parliamo solo di una migliore percorrenza e qualità della vita, ma di sviluppo economico».

Salvatore Margiotta, sottosegretario di Stato al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – potentino di nascita – motiva così la sua soddisfazione per l’inserimento nel decreto Rilancio del finanziamento della progettazione del sistema Alta velocità-Alta Capacità di lungo due itinerari importantissimi per il Mezzogiorno: la Salerno-Reggio Calabria e la Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia, accanto alla Genova-Ventimiglia.

«Si tratta di due ferrovie importantissime, l’itinerario lo dimostra – dice Margiotta – perché consentono finalmente di collegare in alta velocità Reggio Calabria e Taranto a Milano. Abbiamo impegnato i soldi per la progettazione – 40 milioni – e nei contratti di programma di Rfi ci sono anche le opere. Ovvero fatto il progetto sarà possibile finanziarle. E in un anno e mezzo finalmente ci sarà un progetto sull’alta velocità vera su queste linee».

Quali sono le opere più importanti in corso di progettazione e di realizzazione?

«Per quanto riguarda le ferrovie, sulla linea adriatico-ionica è assolutamente necessario l’adeguamento e la velocizzazione della linea Bologna-Lecce, che ha bisogno del raddoppio della Termoli-Lesina attraverso un upgrading sia infrastrutturale che tecnologico; sulla direttrice ionica il potenziamento della Taranto-Paola e della Sibari-Reggio-Calabria. Sull’alta velocità Napoli-Bari siamo in un’avanzata fase di realizzazione, mentre in Sicilia c’è il raddoppio della Palermo-Messina, la Messina-Catania-Siracusa, la Palermo-Catania; in Sardegna la Cagliari-Sasari-Olbia. Per quanto riguarda gli interventi stradali, martedì 19 maggio il ministro De Micheli inaugurerà l’avvio dei lavori dell’ultimo megalotto – da oltre un miliardo – della 106 ionica, dall’innesto con la strada statale 534 fino a Roseto Capo Spulico. Per le città metropolitane, alcuni interventi riguardano la rete tranviaria di Palermo e la metropolitano di Reggio Calabria, sono poi in corso i lavori per il completamento della Circumetnea di Catania e sulle linee 1, 6 e 7 della metro di Napoli».

A che punto è il decreto Semplificazione?

«Il lavoro è tanto avanzato che ci era sembrato possibile riversarlo nel decreto Rilancio, poi abbiamo preferito seguire un’altra strada. Il vero problema in Italia non è reperire i finanziamenti, ma spendere i soldi. Per questo serve una grande operazione di semplificazione e sburocratizzazione che è oggetto del prossimo decreto che avrà certamente una portata generale, ma che gran parte riguarda l’edilizia, gli appalti e le infrastrutture. Se prendiamo i soldi che le diverse Finanziarie hanno attestato per i prossimi anni, vediamo che per i prossimi 10 anni ci sono 130 miliardi spendibili in edilizia scolastica, porti, aeroporti, dissesto idrogeologico. Di questi, velocizzando le procedure, 77 potrebbero esser spesi in tre anni: potremmo dare un impulso fortissimo al prodotto interno lordo, in particolare al Sud. Servono alcune correzioni del Codice degli appalti».

L’idea di applicare il Modello Genova alle grandi opere pubbliche la convince?

«Il Mit sta valutando un elenco di opere. Ce ne sono alcune incagliate su cui è necessario nominare un commissario e agire in deroga alla normativa, in altri casi sarebbe meglio avere una normativa consentisse di portarle avanti anche senza deroga. Proveremo a fare le une e le altre: un pacchetto di cose “miracolose” e un pacchetto di cose ragionevoli che consentano anche a regime di arrivare al risultato. Si può mettere in atto una grande operazione di rilancio dell’economia anche del Mezzogiorno».

Quali sono le opere del Sud su cui si potrebbe applicare il Modello Genova?

«La 106 Ionica, le tratte ferroviarie Bari-Pescara, Salerno Reggio, Palermo-Catania-Messina, Napoli-Bari, la Ferrandina-Matera. E nel centro Italia la Pontina, compresa la bretella Cisterna-Valmontone».

La burocrazia è il male del Paese, ce n’è una tutta meridionale?

«Quello della burocrazia è un problema nazionale, ma sul Mezzogiorno pesa particolarmente. Pendiamo il caso dei progetti degli enti locali che lascia a desiderare per motivi economici, per lungaggini e anche per timori legittimi, perché tutto è più complicato al Sud. La paura della firma, che riguarda i funzionari e i dirigenti di tutta Italia, al Sud ha un appesantimento ulteriore e c’è da capirlo, perché in alcun contesti ambientale la paura della firma è maggiore».

In Italia si contano 647 cantieri fermi, di cui 425 al Sud.

«Qui si apre un grande tema che attiene al fallimento delle imprese e al contenzioso i sui cantieri. Molti cantieri si sono fermati dopo l’avvio dei lavori a causa del fallimento delle imprese. L’ad dell’Anas mi raccontava che questa situazione riguarda il 35% dei loro cantieri e che se si ragiona sulla percentuale del valore delle opere, si supera addirittura il 70%. Poi c’è il contenzioso. Queste due problematiche troveranno risposte nel prossimo decreto, perché renderemo più complicato sospendere i cantieri sia per ricorsi, sia per fallimento, in modo da rendere più facile il subentro del secondo aggiudicatario se il primo sta fallendo. L’altro tema che stiamo affrontando è rendere più difficile la sospensione delle procedure di aggiudicazione attraverso un contenzioso. L’idea che un cantiere non parta mai perché si aspetta un contenzioso che tra Tar, Consiglio di Stato e altro, debba tener bloccato tutto è inaccettabile».


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