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Carla Ruocco

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«La liquidità ai cittadini deve arrivare. Senza se e senza ma. All’atto pratico vanno superati tutti gli ostacoli, le imprese vanno aiutate subito. Oggi, non domani. E le nostre banche che dispongono di liquidità, perché gestiscono i risparmi e i conti correnti degli italiani, devono veicolarla nel tempo tecnico più veloce possibile. Perché vede: se su altre questioni ci possono essere dubbi e incertezze, su questo punto siamo sicuri di non sbagliare. Purtroppo, però, abbiamo un sistema di erogazione del credito bancocentrico».

Ci sono momenti in cui il detto “patti chiari e amicizia lunga” si adatta perfettamente alla situazione. E il tono in cui Carla Ruocco, presidente della Commissione bilaterale di inchiesta sulle banche, nonché esponente del M5S alla Camera, invita gli istituti di credito a fare la loro parte, fa pensare appunto a uno di questi momenti. A qualcosa di definitivo. Non c’è da discutere, la realtà è sotto gli occhi di tutti. Le proiezioni sulla caduta del nostro Pil, lo sguardo perso nella voragine del nostro debito pubblico disegnano varie gradazioni di grigio. Tutte tendenti al nero, però.

La Commissione, nata per indagare sui misfatti del passato, ha cambiato in corso i suoi obiettivi. E i primi ad accorgersene sono stati ieri l’altro i vertici di Bankitalia, Paolo Angelini, capo della Vigilanza e Giorgio Gobbi, capo del Servizio stabilità, auditi a Montecitorio.

«Bisogna fare in fretta», d’accordo . Ma a Via Nazionale questo messaggio è arrivato forte e chiaro, presidente Ruocco?

«Bankitalia ha ripreso le nostre istanze. Stiamo facendo una attività di monitoraggio sull’operatività del settore bancario che sta veicolando la massa di liquidità. E stiamo, ahimè, riscontrando che ci sono molti atteggiamenti poco corretti da parte delle banche».

Nella fattispecie?

«Le segnalazioni che riceviamo da imprese e cittadini sono tante. Riguardano in primo luogo la difficoltà di accesso al finanziamento da parte di aziende sane. Aziende che magari si sono trovate in un momento di difficoltà e non hanno potuto pagare i loro fornitori. Che gli si blocchi il credito ora, proprio ora, è assurdo. Vanno aiutate. E proprio perché sono in difficoltà in un momento del genere, in una situazione che non ha precedenti: hanno bisogno di ripartire. La seconda questione che abbiamo posto, in base anche alle numerosissime segnalazioni ricevute dalla Commissione, riguarda l’iscrizione al Crif. Non è pensabile che essere iscritti sul registro della Centrale rischi impedisca l’accesso al credito. Le Banche devono capire, non mi stanco di ripeterlo, che esiste un prima Coronavirus e un dopo Coronavirus. E il Crif fa parte di quello che è successo prima. I problemi sono arrivati per tutti. Non è pensabile e neanche plausibile che il governo indirizzi un finanziamento ad un’azienda in difficoltà e la banca lo blocchi.  Anche perché, me lo faccia dire, a parte il settore sanitario e la farmaceutica questo è un momento difficile un po’ per tutti. Non oso immaginare cosa vorrebbe dire applicare questo diniego a settori come il turismo che in questo momento sono completamente fermi. Migliaia e migliaia di lavoratori bloccati. Si fermino perciò le segnalazioni alla Centrale rischi. E le rate dei mutui che sono state erroneamente prelevate sui conti correnti vengano riaccreditate».

Qual è stata la reazione di Bankitalia di fronte a queste richieste?

«Molto collaborativa. Si è capito il problema. Sono questioni che la Commissione porrà con grande fermezza anche nelle prossime audizioni. L’attività proseguirà con la task-force, con Medio Credito, Abi, Sace e Consob. La Commissione ha poteri molto ampi, poteri di monitoraggio e controllo. Dinanzi agli abusi i cittadini avranno uno strumento in più per far valere i propri diritti».      

Burocrazia e lentezza cronica dell’apparato rischiano di creare un danno ancora più grande del Codiv-19. E l’inizio, diciamolo, non è stato incoraggiante.

«La banca è solo un veicolo. I fondi da erogare alle imprese sono garantiti dallo Stato. Non possono esserci ritardi. Si può capire che all’inizio ci sia stato un rallentamento, si sia creata una congestione per il numero elevato di richieste. Forse è scattato un istinto iniziale, un istinto tipico del nostro sistema bancario. Qualche funzionario ha continuato evidentemente a usare lo stesso metodo, gli stessi passaggi, la stessa tempistica. Chi a fine mese può contare su uno stipendio e si sente sicuro non capisce che negando la possibilità di ripartire ad un imprenditore o a una piccola o media impresa, nell’arco di qualche mese metterà a rischio anche il suo di stipendio».

La Lombardia è in grandissima difficoltà. Che succede se la locomotiva d’Italia si ferma?

«Quel che è accaduto deve essere di insegnamento a tutti. Il tempo delle Silicon Valley è finito. Non è più l’epoca di una sola locomotiva, il concetto stesso di locomotiva è sbagliato. Ogni vagone deve avere la sua autonomia.  Le realtà ad alta concentrazione industriale non sono più possibili. L’industria deve essere diffusa e non concentrata e polarizzata su un solo territorio. Guardate quello che sta succedendo: in Lombardia non c’è possibilità di fare lockdown».

 L’Unione europea vorrebbe darci con il Mes 36 miliardi di euro. Ma il presidente del Consiglio Giuseppe Conte punta i piedi. Fa bene?

«Fa benissimo, non bene. Senza l’assenza di condizionalità quei miliardi sono collegati alla spesa sanitaria e a noi servono invece per far ripartire l’economia».

Lei non crede che così l’Italia rischierà sempre più l’isolamento?

«Resteremo soli se diventeremo un Paese povero e commissariato». 


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