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Sono i numeri di una strage infinita, una strage finora nascosta. E di cui solo ora si cominciano a conoscere ora le reali dimensioni: dal primo febbraio al 15 aprile i decessi nelle case di cura per anziani sarebbero stati tra i 6.773. Di questi, 3045 nella sola Lombardia, di cui solo 166 classificati come Covid 19 e altri 1.459 con sintomi riconducibili al Coronavirus. In totale il 53,7% di tutti i decessi. Sono i dati del terzo report dell’Istituto superiore di Sanità. Una survey sulle Rsa. «Gran parte dei decessi – rilevano dall’Iss – sono avvenuti nella seconda metà del mese di marzo e nelle strutture del Nord, in corrispondenza del picco di epidemia da Covid-19». In Veneto, la seconda regione per numero di decessi, i casi ufficiali sono 58, quelli con sintomi simil influenzali 226. In totale il virus sarebbe responsabile del 20% dei decessi. Una percentuale che al Sud precipita, 2,4 in Calabria, 2,1 in Abruzzo, 8,3% in Molise. Solo in Trentino, dove i morti nelle residenze sono stati 99, i casi di decessi da Covid certificati dal tampone raggiungono una percentuale maggiore della Lombardia, il 78%.

Sono il risultato di un questionario al quale hanno risposto finora 1082 strutture, pari al 33% delle Rsa contattate su tutto il territorio nazionale. Da ieri sono a disposizione dei magistrati che stanno indagando su questa incredibile strage che si ingigantisce di giorno in giorno.

L’incendio divampato nelle case di riposo della Lombardia non si è spento ma già si fa lo scaricabarile. «Sono stati i nostri tecnici che ci hanno fatto la proposta, che hanno valutato le condizioni delle singole case di riposo e noi ci siamo adeguati», ha iniziato a trincerarsi il governatore Attilio Fontana, sempre più sulla difensiva. Se il copione seguirà la trama di tante altre storie, a pagare, come succede spesso in certi casi, potrebbero essere gli ultimi anelli della catena. Un finale che sembra già scritto.

LE ACCUSE AI TECNICI

«Noi abbiamo fatto una delibera che è stata proposta dai nostri tecnici – ha continuato Fontana -sono stati i nostri esperti che ci hanno detto che a determinate condizioni, cioè che esistessero dei reparti assolutamente isolati dal resto della struttura e addetti dedicati esclusivamente a malati Covid la cosa, si poteva fare».

Fontana non rinnega la delibera dell’8 marzo, la XI/20906, quella che il nostro giornale ha pubblicato in anteprima. Ma scarica la responsabilità su chi l’ha messa in atto e non avrebbe svolto il dovuto controlli. «Noi abbiamo fatto queste proposte, le case di riposo che avevano queste condizioni hanno aderito», ha ripetuto ospite di Mattino 5. «Non bisogna dimenticare che la scelta non è stata fatta per fare spettacolo, ha continuato Fontana, ma perché non avevamo più posti negli ospedali per ricoverare la gente, pazienti che non poteva più essere curati a casa perché non riuscivano a respirare. Era destino che una difesa così affannosa e scomposta del genere potesse produrre più danni che benefici. Anche perché dare la colpa ai tecnici delle Aziende sanitarie territoriali suona come un’ammissione di responsabilità. La legislazione regionale lombarda identifica infatti le Ats e le Asst come una longa manus dell’ente locale, aziende strumentali».

IL GRIDO DI AIUTO DELLE RSA

E le Rsa? «Le nostre strutture sono comunità assistenziali, non ospedali. E soprattutto non siamo terapie intensive», hanno voluto ribadire le 6 associazioni di categoria – Agespi, Anaste, Arlea, Anffas, Aci Welfare, Uneba – che più rappresentano il settore, in un comunicato congiunto. Più che rigettare punto per punto le accuse, le Case di Riposo lombarde lanciano un grido di aiuto perché l’emergenza non è ancora alle spalle.

Che la coppia Fontana-Gallera dirottasse altrove le responsabilità “era previsto”, lasciano intendere alcuni dirigenti. Ci sono sei inchieste in corso. Nei giorni scorsi al Pirellone girava la Finanza. «Per il bene degli anziani e delle persone con disabilità che ospitiamo, persone fragili, spesso con disabilità, chiediamo specialisti, virologi ed infettivologi». E ancora: «Che vengano in struttura in modo da offrire un servizio di supporto ai nostri operatori». Quello che la Regione Lombardia non ha fatto finora si faccia ora. «Se il sistema sanitario non è in grado di ricoverare tutte queste persone nelle strutture ospedaliere, bisogna spostare alcune competenze nelle Rsa e nelle Rsd». Le case di riposo chiedono quello che finora la Regione non è stato in gradi fornire loro. Dispositivi di protezione individuali, tamponi per il personale e per gli ospiti delle strutture, una priorità. Poco meno di un Sos: «La Regione intervenga al più presto». Tra le richieste più urgenti c’è il reclutamento del personale infermieristico in sostituzione di quello in malattia.

Il tentativo di scaricare le responsabilità sulle aziende territoriali del presidente della Regione Lombardia ha scatenato un vespaio di polemiche politiche. Martina (Pd), Nocerino e Botto (M5S), hanno puntato il dito contro il governatore e chiesto di far luce su quanto è accaduto nelle Rsa. Per tutta risposta, Matteo Salvini, a dimostrazione che ormai lo scontro sulla Lombardia ha un riverbero nazionale, ha postato una foto di quando da consigliere lavorava dietro una scrivania in Regione Lombardia. Alla luce di quello che sta accadendo forse al leader leghista converrebbe rimuovere quella foto.


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