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Un'opera di Tina Sgrò

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Ritorna, rinnovato, il premio Sulmona, alla 48a edizione, e dedicato oggi al suo fondatore, Gaetano Pallozzi, e conferma la sua storica funzione di “asilo” per artisti esiliati dal loro stesso rigore e dalla solitudine cui li costringe un mercato orientato e disorientante, come se l’arte, non diversamente dal pensiero, fosse una sola.

Il pensiero unico è la dannazione del nostro tempo; e ne abbiamo dimostrazione nella retorica antifascista, ben definita da Ennio Flaiano: “ i fascisti si sono sempre divisi in due categorie: i fascisti e gli antifascisti”. Così il mercato dell’arte guida le scelte di critici e collezionisti.

L’arte indipendente è uno spazio marginale ed emarginato. Gli spazi pubblici sono generalmente preclusi a chi non si piega al dogma di una sperimentazione spesso velleitaria, e stretto resta il margine all’affermazione di ricerche originali o solitarie.

Singolare è stato quest’anno il verdetto pressoché unanime della commissione che io presiedo, composta da Carlo Fabrizio Carli, Giorgio Di Genova, Roberto Di Giampaolo, Raffaele Giannantonio (Presidente esecutivo), Enzo Le Pera, Marcello Lucci, Cosimo Savastano, Duccio Trombadori, Maurizio Vitiello, nel riconoscere il merito di un giovane artista calabrese, libera e isolata, quanto tenace nella ricerca.

Evidente il suo richiamo a classici del Novecento come Alberto Giacometti, ma anche la riflessione su ricerche più’ recenti come quelle di Giancarlo Ossola e di Alessandro Papetti. Ma da quelle fonti esce una pittura che scava dentro, raggiungendo una coscienza profonda oltre l’esercizio di un virtuosismo nel gesto e nella velocità del segno che si fanno stile. Boldini aveva aperto la strada, ma si era tenuto lontano dagli abissi e dai tormenti che le atmosfere evocate dalla Sgrò ci rivelano. E’ la realtà interiore che le interessa, mentre descrive ambienti e spazi desolati, divorati da vuoto, risucchiati dentro di lei. Quegli ambienti sono ritratti. Dipingere non è illustrare, non è far vedere le cose come sono, ma far sentire le musiche , le parole, le emozioni che un luogo, una stanza , un paesaggio, determinano nel pittore che le trasmette a chi guarda.

Così fa, nei suoi interni, Tina Sgrò , pittrice di sentimenti come sono stati grandi pittori intimisti come Bonnard e Giacometti, di intimità diverse, com’è diversa quella della Sgrò. Chi guarda i suoi dipinti entra in quelle stanze e ne esce con i suoi pensieri, prima che con le sue immagini . Nessun dubbio che la sua visione sia originale, e che indichi una strada per un percorso coerente e rigoroso.

Tina Sgrò vive la pittura come una esperienza totale, da cui non si può uscire se non contaminati. Ma la mente, da quegli abissi, sale. La piccola selezione ospitata al Mart di Rovereto, dopo Nicola Samori e Lino Frongia, pittori totali, documenta in modo essenziale una pittura altrettanto essenziale ed intensa.


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