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J. R. R. Tolkien

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Saper immaginare e saper raccontare, intessere le parole come fossero fili colorati fino a fargli assumere la forma di una storia: questo fanno gli scrittori. E non per la fama, i soldi, il pubblico, ma per un’urgenza, un bisogno, una necessità. Ricamare personaggi, cucire relazioni, imbastire mondi pagina dopo pagina, come su un tessuto prezioso, è qualcosa su cui non si ha il pieno controllo: la mano sembra costretta a seguire un ago impazzito, che a un certo punto ha preso vita, e che non riesce a fermarsi finché il disegno sulla stoffa non è compiuto.

John Ronald Reuel Tolkien incarna alla perfezione questa figura di sarto/scrittore: dalla fantasia incontenibile; abilissimo nell’intrecciar parole; spinto alla scrittura da una misteriosa e irrefrenabile impellenza, priva di secondi fini, alla quale si abbandona senza alcuna resistenza. Tolkien è universalmente conosciuto come il fondatore del genere fantasy, ambientato in mondi immaginari, in cui magia e soprannaturale si mescolano al folklore. La trilogia de Il signore degli anelli, che ne ha decretato il successo planetario con almeno 150 milioni di copie vendute, è stata definita il libro del XX secolo. Un po’ leggenda e fiaba, un po’ tragedia e poema cavalleresco, è una rappresentazione allegorica della condizione umana al cospetto dell’eterna lotta tra bene e male. Nella Terra di Mezzo, Frodo Baggings è protagonista di mille avventure: ereditato dallo zio Bilbo un anello, che si rivela l’unico anello dell’oscuro signore Sauron, affronta la sua personale epopea per distruggerlo. Un viaggio dell’eroe – o dell’antieroe – a fianco di compagni appartenenti a tutte le razze: umani, elfi, nani, hobbit…

La fantasia incontenibile di Tolkien sta nell’aver immaginato un mondo – Arda – in cui sono ambientate le sue opere principali (oltre a Il signore degli anelli, anche Lo Hobbit e Il Silmarillion), con una sua geografia ben precisa, e ancor di più con una propria cosmogonia e una mitologia a sé. Popolato di creature originali, come gli hobbit: “dolci come il miele e resistenti come le radici di alberi secolari”. E tutto questo, per dare una collocazione fittizia ai suoi linguaggi – ecco cosa significa aver grande abilità nell’intrecciar parole. Da ragazzo rimase ipnotizzato da una lapide in gallese, che riportava la scritta “Adeiladwyd 1887” (costruito nel 1887). Approfondì la conoscenza di quell’idioma un po’ desueto, per lui fonte inesauribile di bei suoni e perfette costruzioni grammaticali. Dopo il gallese, si appassionò al finnico, e prima ancora all’italiano e al greco. Rapito dalla melodia di quelle lingue, si dedicò alla creazione di linguaggi artificiali, con un loro vocabolario, una loro grammatica, una loro fonologia. Videro la luce decine di idiomi – dall’antica lingua degli elfi al Linguaggio Nero, ideato da Sauron e parlato dagli orchi. E da essi vennero create le storie, non il contrario, per dare un mondo ai linguaggi.

In vita Tolkien ha pubblicato una decina di opere, ma ne ha prodotte molte di più. A dimostrazione di come la scrittura si riveli in lui un’esigenza fine a se stessa. Dopo la sua morte i suoi appunti sono stati raccolti e alcuni devono ancora essere dati alle stampe. Lasciando la Terra di Mezzo per il Polo Nord, nel 1976 sono uscite postume le sue Lettere da Babbo Natale, scritte per i suoi quattro figli negli anni che vanno dal 1920 al 1943 e certamente non pensate per il grande pubblico. In esse si immedesima nel panciuto omone rosso dalla barba bianca, e incanta e stupisce con dolcezza e semplicità. Al Circolo Polare non ci si annoia affatto: tra orsi bianchi, elfi e goblin, un altro mondo fantastico è cucito su misura da papà Tolkien, con un’inventiva e una varietà di risvolti da fare onore al grande scrittore.

Tolkien nacque in Sudafrica da coloni inglesi il 3 gennaio del 1892, tra poco saranno 130 anni tondi. A quattro anni perse il padre e si trasferì con la madre e il fratello a Birmingham. Aveva 12 anni, quando anche sua madre morì: la definì “una martire”, per la sua decisione di convertirsi insieme ai figli al cattolicesimo, nonostante l’avversione di tutta la famiglia. Fu affidato a un sacerdote, Padre Morgan. Sotto la sua attenta guida coltivò la passione per le fiabe e le leggende e l’amore per le lingue antiche. A 18 anni si innamorò di Edith, ma il suo tutore gli impedì di vederla e di scriverle fino ai 21. Allora si immerse anima e corpo nello studio, all’Exeter College di Oxford, dove iniziò a muovere i primi passi nel mondo della scrittura.

Nel 1916 finalmente sposò Edith. Nel frattempo, con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, venne richiamato al fronte. Nemmeno in trincea smise di lavorare alla creazione di linguaggi artificiali. Vide morire alcuni dei suoi amici più cari, finché venne congedato per malattia. Nel 1917 nacque il suo primo figlio, l’anno successivo il secondo. Rientrato all’università, ottenne il titolo di Master of Arts e poté portare avanti la sua carriera accademica insegnando lingua e letteratura inglese a Leeds, poi filologia anglosassone e infine lingua inglese e letteratura medioevale a Oxford, dove rimase fino al ritiro dall’attività didattica nel 1959. Grande esperto di dialetto medioevale dell’Inghilterra centro occidentale, scrisse diversi saggi e tradusse e commentò molti testi antichi. Con Edith, ebbe altri due figli.

Fece correre moltissimo la sua fervida immaginazione. Il compromesso tra le favole per i suoi figli e le leggende e le mitologie del suo mondo, gli balenò d’improvviso in una calda giornata estiva alla fine degli anni Venti. Su un foglio bianco scrisse: “In un buco nel terreno viveva uno Hobbit”. Lo Hobbit venne pubblicato nel 1937, da allora continuò a ricamare con la precisione di un sarto la Terra di Mezzo. Nel 1956 la trilogia de Il Signore degli Anelli era completa. Uscirono Il cacciatore di draghi (racconto fantasy), Albero e foglia (raccolta di fiabe), Le avventure di Tom Bombadil (raccolta di poesie). Negli ultimi anni Tolkien si dedicò a Il Silmarillion, fondamentale per completare la creazione del mondo di Arda. Il libro – come altri del resto – venne pubblicato soltanto postumo. Tolkien morì nel 1973, un anno dopo la sua amata Edith. Chiese di essere sepolto accanto a lei. Come segno di attaccamento alla sua opera, volle che venissero incisi sulle due lapidi i nomi di Beren e Lúthien, protagonisti di una romantica storia d’amore in un omonimo racconto dell’autore, neanche a dirlo ambientato nella Terra di Mezzo.



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