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Il ministro Giancarlo Giorgetti

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Il ministro Giorgetti vuole fare chiarezza sui nostri conti e difendere la fiducia che il titolo Italia ha riconquistato sui mercati internazionali


La parola d’ordine è difendere il tesoretto della fiducia che il titolo Italia ha riconquistato sui mercati internazionali. Per questo il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nelle ultime settimane è tornato nella sua trinca in via Venti Settembre, con l’obiettivo di confermare la linea del rigore e, soprattutto, disinnescare una volta per tutte la mina del superbonus che con i suoi 20 miliardi e passa di crediti di imposta all’anno e un peso di oltre un punto di Pil da qui al 2026, rischiava di dare segnali negativi sui mercati. Si spiega così la decisione dell’esponente leghista di usare l’accetta per sfoltire la selva degli incentivi sull’edilizia. Sussidi che, del resto, rischiano ora di pesare due volte sulla nostra economia: la stretta, infatti, avrà sicuramente un effetto recessivo che, come sottolineato dall’Osservatorio dei Conti pubblici dell’Università Cattolica, non ha avuto come contropartita l’aumento del potenziale di crescita della nostra economia.

Giorgetti, insomma, vuole fare chiarezza sui nostri conti e allontanare dall’orizzonte quelle incertezze sulla reale entità dei bonus che hanno fatto finire fuori rotta i conti pubblici alla fine del 2023. Viceversa, la lieve fiammata dell’inflazione a marzo, non preoccupa più di tanto, perché anche questa volta è dovuta ad una progressiva frenata nella discesa repentina del costo del gas e delle materie prime più che ad una ripresa dei consumi. Del resto, l’inflazione di fondo, al netto dei soli beni energetici decelera da +2,6% a +2,5%. Ed è altrettanto importante il rallentamento dei generi del cosiddetto carrello della spesa. Scenari che non dovrebbero compromettere la prospettiva di un calo dei tassi di interesse a partire da giugno e, quindi, una possibile ripresa degli investimenti privati, che continuano ad essere condizionati dalle incertezze geopolitiche.

Da questo punto di vista, i venti di guerra che arrivano da Mosca e che negli ultimi giorni si sono irrobustiti, potrebbero creare qualche problema in più al nostro Paese. Infatti, secondo l’agenzia di rating Moody’s, la corsa al riarmo nei Paesi della Nato innescata dalle minacce di Mosca “complicherà gli sforzi di riduzione del debito e potrebbe indebolire il loro profilo di credito” esacerbando il conflitto sociale. Spagna e Italia sono “particolarmente vulnerabili”, avendo “i maggiori gap nella spesa per difesa (rispetto all’obiettivo Nato del 2% del Pil) e i livelli più bassi di sostegno popolare a ulteriori aumenti di spesa militare”.
Per gli esperti dell’agenzia, nello scenario base il debito dell’Italia salirebbe al 144% del Pil nel 2030, ma arriverebbe al 147% nel caso di raggiungimento del 2% dell’impegno di spesa. Un’ulteriore variabile che i tecnici del ministero dell’Economia dovranno considerare in vista del nuovo Documento di Economia e Finanza che approderà sul tavolo di Palazzo Chigi il prossimo 10 aprile. Un passaggio-chiave per Giorgetti, che dovrà anche fronteggiare le “pulsioni” elettorali dei partiti della maggioranza, in vista dell’importante consultazione delle europee.

Il ministro leghista, finora, si è mosso bene e in anticipo, con forza e determinazione. Forte anche dei numeri positivi che continuano ad arrivare dall’economia reale, nonostante gli scenari internazionali. Non a caso, il deficit monstre del 2023 non ha determinato scossoni sui mercati. Anzi, è stato accolto senza particolari tensioni e lo spread viaggi ai minimi rispetto al 2021. Ora, la sfida, sarà quella di contenere il disavanzo. E, per farlo, il governo può contare su due elementi. Il primo è quello del Pil: la revisione al rialzo dell’Istat insieme alla prospettiva di un calo dei tassi, potrebbe non rendere troppo complicato avvicinarsi a quell’obiettivo dell’1,2% previsto a dicembre dall’esecutivo. Il secondo è la ripresa degli investimenti pubblici dovuta al Pnrr, che quest’anno dovrebbe registrare una forte accelerazione.
Una crescita più robusta semplificherebbe non solo il percorso di riduzione del deficit ma anche quello del debito, la variabile che sta più a cuore ai mercati. Ma questo il ministro Giorgetti lo sa molto bene.


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