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Il nuovo sindaco di Palermo, Roberto Lagalla

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CERTO che si debba in una città del settimo paese industrializzato assistere ad un numero così rilevante di sezioni che non vengono aperte perché i presidenti rinunciano all’incarico in così gran numero è certamente un fatto estremamente grave.

Questo è accaduto a Palermo ed in realtà l’andamento corretto delle votazioni è stato messo in discussione tanto che anche la partecipazione al voto è stata di 10 punti inferiore a quella che si è avuta nell’ultima consultazione amministrativa.

Che le motivazioni siano state la partita che si svolgeva in città e che ha portato il Palermo in serie B oppure la remunerazione contenuta dei Presidenti di seggio, peraltro uguale in tutto il Paese, il fatto rimane estremamente grave. È la magistratura farà bene ad accertare responsabilità così come bene ha fatto, l’amministrazione comunale a trasmettere gli atti alla procura.

A Palermo con questo episodio sconcertante si chiude un’era, quella dominata dalla figura carismatica e visionaria di Leoluca Orlando. Sindaco nel 1985, poi di nuovo dal 1993 al 2000, e ancora per dieci anni dal 2012 a oggi, Orlando ha lavorato come fosse un monarca. Non potendo ripresentarsi dopo cinque mandati e ventidue anni da sindaco, non lascia eredi ed il centro sinistra si è dovuto inventare un candidato all’insegna della discontinuità. Orlando o della capacità di riuscire ad avere tutti contro, dopo aver lottato con tutte le proprie forze per recuperare una città compromessa. Nella quale i sindaci sono stati anche espressione diretta della mafia, vedasi Ciancimino.

Da una città che doveva chiudere le strade perché si costruivano muri che servivano a tenere i palazzi ed a non farli crollare, che si svegliava ogni mattina con un morto di mafia, ad una nella quale, anche nell’immaginario nazionale, non è più necessario arrivare con il giubbotto antiproiettile.

Nel suo commiato ai cittadini Orlando ha sottolineato tutte le cose fatte, come la città sia cambiata, e come abbia una visione del futuro che la vede capitale del Mediterraneo. Ma Orlando nella sua visione, alcune volte immaginifica, non ha capito che se poi ti perdi nella carenza dei servizi essenziali tutti i miracoli possibili, tutte le visioni più stratosferiche, vengono messe in discussione ed annullate da un quotidiano invivibile.

Per cui i fossi nelle strade vincono un percorso Arabo Normanno, la raccolta inefficace di una società comunale vince sulla capitale della cultura e su Manifesta.

Ed aldilà della possibilità del centrodestra riorganizzato di poter raccogliere i voti con le reti piuttosto che con la canna da pesca, vince su tutto, sia che si voti in via Libertà che allo Zen, l’esigenza di una buona amministrazione, che si occupi delle esigenze primarie dei cittadini.

Sperando che come accade spesso non si rimetta in discussione tutto quello che è stato fatto a cominciare dal progetto del tram, che assicurerebbe una mobilità minima ad una città in cui i cittadini perdono ore del loro tempo negli spostamenti, oltreché denaro importante per mantenere un’auto che diventa indispensabile rispetto a molte altre città d’Italia.

La base e l’esigenza da cui i cittadini vogliono che la città abbia un minimo di vivibilità, quella che parte del funzionamento della macchina amministrativa, che in tempi come quelli che viviamo diventa una rivoluzione, considerate le poche risorse che il Comune ha a disposizione. Non è casuale che si stia assistendo, aldilà dei raggruppamenti vincenti, nelle due grandi città meridionali, Napoli e Palermo, con Manfredi ed il probabile vincitore della tornata amministrativo a Palermo, Roberto Lagalla, al ritorno alla normalità.

Questo chiedono i cittadini oggi di là delle dietrologie di gruppi di potere che vogliono rimettere le mani sulla città, dopo essere stati in qualche modo emarginati per parecchi anni, cosa che certamente avrà giocato un ruolo non indifferente considerate le forze in campo.

Non è un compito facile quello che ci si attende da un amministratore di una città in cui lavora una persona su quattro, dove il reddito di cittadinanza ha dimensioni consistenti, dove il lavoro nero è l’attività prevalente.

Non dimenticando che è anche la città dove esistono quartieri off limits, come lo Zen, zona espansione nord, dove la dispersione scolastica è ancora un dramma non adeguatamente combattuto, dove il tempo pieno nelle scuole è un miraggio, dove gli asili nido sono una scommessa da vincere e dove lo Stato e la polizia entrano in forze solo quando vi sono fatti eclatanti.

Rispetto a tutto questo un sindaco, anche se fosse Superman, ha molte difficoltà a vincere la battaglia. Anche perché più che una battaglia è una guerra, nella quale lo Stato deve prendere posizione e svolgere il proprio ruolo, altrimenti Napoli e Palermo saranno, invece che una grande opportunità, un enorme problema.


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