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Un carroarmato di Israele in guerra

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QUANDO Giorgia Meloni arriva a Bruxelles per il Consiglio europeo su Gaza si lascia alle spalle tutte le tensioni delle ultime ore: dalla relazione finita con l’ex compagno Andrea Giambruno agli scontri, nemmeno tanto velati, con gli alleati di governo, dalle difficoltà della manovra di bilancio alle riforme che non sono ancora decollate. La campagna elettorale in vista delle elezioni europee è lunga e gli ostacoli da ora in avanti saranno sempre di più. Il Mes sarà sullo sfondo del Consiglio europeo, ma di sicuro resta tra i nodi della maggioranza di governo, che non ha ancora deciso il da farsi. «Il Mes è un tema su cui io credo che la presidente Meloni e il ministro Giorgetti siano stati chiari e non abbiano bisogno di ulteriori commenti» sostiene il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

GAZA E LE ALTRE: L’EMERGENZA DELLE GUERRE

Sia come sia, al Consiglio europeo, prima del vertice Ue, Meloni si confronta con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron sull’emergenza a Gaza. «Eravamo impegnati – rivela alla stampa – sulla soluzione di un altro scenario critico, quello tra Serbia e Kosovo. Stiamo cercando di trovare una soluzione. Abbiamo chiesto a entrambi i leader di fare dei passi in avanti nell’implementazione degli accordi redatti». Dopodiché l’inquilina di Palazzo Chigi si sofferma con i cronisti per fare il punto sugli obiettivi del summit europeo. Primo fra tutti l’impegno comune per fermare la guerra tra Hamas e Israele. «È necessaria – dice – una de-escalation per evitare un conflitto che potrebbe avere oggi delle proporzioni inimmaginabili. Mi pare che ci possa essere unità d’intenti. Il dibattito di oggi servirà per capire cosa la Ue nel concreto possa fare. Penso che possa giocare un ruolo importante». E ancora: «Ribadisco che uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare una concretezza e tempistica per la questione palestinese, dando più peso all’Autorità nazionale palestinese. È un ruolo che la Ue può giocare».

Tutto questo senza perdere di vista l’altro conflitto che attanaglia il mondo, quello tra Russia e Ucraina. In particolare, continuando a sostenere Kiev. «Quando la Russia invase l’Ucraina, io dissi al tempo che se fossero saltate le regole della pacifica convivenza, le regole del diritto internazionali, noi ci saremmo trovati in un mondo nel quale il più forte pensava di poter liberamente invadere il suo vicino. Un mondo certamente meno sicuro, un mondo di caos, un mondo che avrebbe impattato inevitabilmente a casa nostra anche quando pensavamo che gli scenari fossero lontani. Mi pare che quello che accade in questi mesi racconti che questa ipotesi di allora stia diventando abbastanza reale».

«MIGRANTI, GRANDE CAMBIO DI PASSO»

Sulla questione migranti, Meloni si dice «soddisfatta», perché la Ue «ha fatto un cambio di passo sulle politiche migratorie, ora serve andare sul concreto. Oltretutto, il fatto che von der Leyen, prima del Consiglio europeo, invii una lettera per fare lo stato dell’applicazione dei principi che abbiamo stabilito va oltre il tema di una Ue unita su una visione, che è quello che si discute al Consiglio Ue. Qui siamo a come lo stiamo realizzando, è molto significativo. Ho detto in passato che la Ue ha fatto un’inversione a U, un grande cambio di passo nelle politiche migratorie ma che ora bisogna andare nel concreto e quello che von der Leyen ha dimostrato con la lettera di ieri è che la Ue vuole andare avanti concretamente. Vuol dire che il tema non è più un tema di visione in capo al Consiglio, ma un tema di fatti, che sta in capo alla Commissione».

In tema di migranti sarà fondamentale costruire partnership con Paesi come l’Egitto e la Tunisia. Ma per far funzionare eventuali accordi, sottolinea, «quello che serve è il rispetto». Non a caso subito dopo Meloni fornisce la ricetta: «Secondo me il tema con la Tunisia, ma anche con l’Egitto, con i Paesi nordafricani e africani, non è andare in questi Paesi e dire: “Ti do delle risorse se mi controlli i flussi migratori”. Il tema è costruire una partnership molto più ampia, che preveda anche investimenti, una migrazione legale, sulla base di una formazione fatta in loco, insomma di un lavoro serio».

LO STALLO DEL CONSIGLIO EUROPEO SU GAZA

Su queste basi il primo giorno del vertice scivola via con le parole di Roberta Metsola che sottolinea come «il bilancio Ue sia al limite» e che dunque «serve un accordo». Il sostegno a Kiev è in cima alla lista di giornata, perché, dice la presidente dell’Europarlamento, «non possiamo permetterci che il nostro appoggio vacilli, perché è esattamente quello che vuole Putin». Quanto al Medio Oriente, il premier spagnolo Sanchez, presidente di turno della Ue, lancia una proposta: una conferenza di pace entro sei mesi che servirà a coinvolgere tutta la comunità internazionale per riuscire ad arrivare «definitivamente» alla soluzione dei due Stati.

In tarda serata, però, si riaccende lo scontro nel Consiglio europeo sulle conclusioni su Gaza: la maggior parte dei Paesi è pronta ad accettare la formulazione di una proposta di pausa umanitaria, ma alcuni Paesi vogliono ricorrere a un linguaggio più forte che chieda non una o più pause, ma direttamente il “cessate il fuoco”. Da qui lo stallo.


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