X
<
>

Share
5 minuti per la lettura

L’Italia cerca la terza via tra Europa e Usa su dazi e spesa militare: Rubio chiede pegno mentre Meloni tranquillizza: niente panico


“Noi stiamo nella Nato ma dobbiamo spendere meno, l’Europa deve invece rafforzarsi, comprare armi, arrivare al 5% del pil e farlo il prima possibile”. Parla Marco Rubio, sottosegretario agli Esteri dell’amministrazione Trump. E a ben vedere sembra essere proprio il dossier armi il primo tassello della trattativa dazi che vedrà al tavolo Usa e Unione europea.

Rubio parla dal quartier generale della Nato a Bruxelles dove sono riuniti i ministri degli Esteri dell’Alleanza atlantica. Giovedì i ministri della Difesa dei 27 si erano visti a Varsavia. La bomba dazi americani è “esplosa” in Europa tra questi due vertici e in attesa che la prossima settimana si riunisca probabilmente un Consiglio straordinario per mostrare anche plasticamente la risposta europea. Che prevede, al momento, tre pilastri: restare compatti e fare fronte unico; trattare come Europa, guai a chi tenta iniziative bilaterali; reagire. Che vuol dire tante cose tra cui anche alzare la tasse sulle big tech. Il tempo stringe: la data dell’entrata in vigore è il 9 aprile. Poco ma tantissimo visto che si tratta di Trump.

Il governo italiano sta cercando di mettere in fila i danni reali del 20% di tassazione in più sul nostro export negli Usa. “Niente panico” dice Tajani. “Nessuna tragedia, non drammatizziamo” ribatte Giorgia Meloni. Intanto le borse di tutto il mondo crollano, un tonfo così pesante non si vedeva dall’11 settembre, correva l’anno 2001. In apertura del Consiglio dei ministri ieri sera la premier ha ribadito la “necessità di non amplificare ulteriormente l’impatto reale che la decisione americana può avere sulla nostra economia”. L’introduzione dei dazi, ha aggiunto, “può forse ridurre la quota di export ma è ancora presto per quantificare l’effetto e per capire quanto saremo effettivamente penalizzati”.

DAZI, SPESA MILITARE E LA LINEA DELL’ITALIA

Un dazio alla frontiera del 20% – ha argomentato – “difficilmente si traduce in un pari incremento di prezzo per i consumatori americani”. Se la riduzione sul pil europeo sarà, come dicono le proiezioni, pari a – 0,3%, “parliamo di percentuali affrontabili”. Occorre quindi, ha proseguito la premier parlando ai ministri, “fare in modo che tutte le istituzioni riportino l’intera discussione alla reale dimensione del problema”. Per fare questo, Meloni ha incaricato i due vicepremier Salvini e Tajani, i ministri dell’Economia, del Made in Italy, dell’Agricoltura e delle Politiche europee di preparare per lunedì una relazione “ciascuno per la propria competenza, uno studio sull’impatto reale”. Il tema dazi sarà per la task force “l’impegno prioritario” che sarà affrontato martedì con le associazioni di categoria. Ne dovrà uscire “una linea d’azione da portare in Europa per sostenere le filiere coinvolte e per avviare il negoziato con gli Usa”.

E mentre prendiamo tempo, finalmente allineati e compatti con l’Europa (almeno nelle ultime 48 ore), i pezzi della trattativa si dispongono sul tavolo. Le spese per la Difesa sembrano essere il primo round. Rubio è stato chiaro: il presidente Donald Trump “è contro una Nato che non ha le capacità necessarie per adempiere agli obblighi che il Trattato impone a ogni singolo Stato membro”.

Le voci di abbandono da parte degli Usa dell’Alleanza sono classificate a livello di “isterie non giustificate”. “Neanche gli Usa tagliano volentieri spesa sociale per finanziare la difesa. Però sono scelte che vanno fatte e spiegate ai cittadini”. Purtroppo, ha continuato Rubio, “gli eventi degli ultimi anni, con una guerra terrestre su vasta scala nel cuore dell’Europa”, quella scatenata dalla Russia in Ucraina, “ci ricordano che la potenza è ancora necessaria come deterrente. E quindi – ha sottolineato – vogliamo andarcene da questo vertice con la consapevolezza che siamo su un percorso realistico” per ottenere che “ogni singolo membro” dell’Alleanza “s’impegni e mantenga una promessa di raggiungere fino al 5% di spesa, inclusi gli Stati Uniti”.

RUBIO I PAESI CON LA SPESA MILITARE SOTTO IL 2% DEL PIL

Rubio sa bene che ben sette paesi su 27 in Europa sono sotto il 2% di spesa. E che nessuno è al 5%, neppure la Polonia che comunque viaggia verso il 4%. Fuori dalle cifre, questo significa che l’Europa dovrà spendere decine di miliardi in armamenti nel breve periodo. L’obiettivo di Rubio, sebbene non così esplicitato, è che l’Europa si armi buy American (acquistando gli Usa) visto che nei prossimi mesi non è ipotizzabile il buy european.

Il tema Difesa è altamente divisivo in un’opinione pubblica che da ottanta anni è abituata ad affidare allo zio Sam questo comparto potendo così dedicare assai di più alla spesa sociale. La questione è ben chiara a Ursula von der Leyen e alla Commissione che ha lanciato due strumenti – Readiness 2030 e il Libro Bianco della Difesa – e ha adattato all’esigenza i Fondi di coesione includendo la Difesa tra le materie finanziabili con la Coesione.

Non solo: se per gli altri settori – acqua, alloggi,- è necessario il cofinanziamento di ogni singolo progetto da parte del paese destinatario dei fondi, per la Difesa l’Europa coprirà il 100% delle spese. Parliamo di decine e decine di miliardi. Sono 42 disponibili solo per l’Italia nel periodo 2021-2027 e di questi ne sono stati finora spesi solo il 2%. È chiaro che questo sarà il tesoretto dove pescare per pagare la difesa.

IL METODO TRUMP DEL DO UT DES

Nel metodo “do ut des”, poco più di uno scambio commerciale, che Donald Trump utilizza in ogni sua trattativa tocca quindi fare due conti in tasca all’Europa. E all’Italia. Oggi l’Italia spende in armamenti 1.6% del pil, circa 36 miliardi. Per arrivare al 2% (target fissato nel 2014 entro il 2027 ma che dovremmo dimostrare di poter raggiungere entro giugno) occorrono circa 10 miliardi in più. Non li abbiamo. Per arrivare al 3, target che il segretario generale della Nato Mark Rutte ha detto che sarà ufficializzato (e anche in misura “ampiamente superiore”) nel vertice di giugno a l’Aja servono un totale di 66 miliardi. Il doppio della spesa attuale. Si potrà fare deficit. Ma si potrà soprattutto pescare nei Fondi coesione.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha già messo le mani avanti: “Un conto è arrivare al 2% come era stato promesso. Ma se si chiede di arrivare al 5% e si mettono anche i dazi, è un po’ difficile fare entrambe le cose”. Dazi e difesa sono le prime merci di scambio della trattativa.

La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.


Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE