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L’Alto rappresentante dell'Ue per gli affari esteri, Kaja Kallas (a sinistra) e il ministro francese delle Forze armate, Sébastien Lecornu

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Entro la metà di maggio le forze Ue di deterrenza potrebbero entrare in Ucraina. L’invio dei militari solo con una tregua o a guerra conclusa. Riunione dei ministri finanziari: si studia un Mes per la difesa


Entro la metà di maggio la forza di deterrenza potrebbe entrare in Ucraina. Mentre prende forma un Mes dedicato alle spese per la difesa. Travolti dalla guerra commerciale ci siamo un po’ dimenticati le guerre militari sul terreno. In questi giorni tra Bruxelles, dove ha sede la Nato, e il vertice dei ministri economici a Varsavia, si torna a parlare di guerra, difesa e Ucraina.
“La missione militare in Ucraina potrebbe essere finalizzata in circa un mese e le discussioni comprendono la presenza di forze militari a terra, in aria e in mare”. Le parole di Volodimyr Zelensky ricordano che i missili di Mosca continuano ad esplodere in Ucraina anche su strutture civili.

Ricordano anche come la promessa di Donald Trump, vergata alla Casa Bianca un mese fa: “Siamo a 10 yard dalla pace” sia l’ennesimo fake dell’amministrazione di Washington. La guerra di Mosca a Kiev e i tentativi di Putin di ridurre l’Ucraina ad un paese fantoccio restano il problema.
Zelensky ha parlato ieri dalla sede della Nato a Bruxelles dove si sono riuniti i circa trenta paesi, tra cui l’Italia, che fanno parte seppure con modalità diverse, della Coalizione dei volenterosi per l’Ucraina. E’ il primo vertice ufficiale tra le forze di difesa della Coalizione annunciata il 2 marzo a Londra dal premier britannico Keir Starmer, che insieme al presidente francese Emmanuel Macron, è l’unico leader ad aver promesso l’invio di truppe a presidio dei punti strategici del Paese. Altri Stati, tra cui Svezia, Danimarca e Australia, hanno espresso aperture in tal senso, mentre Italia, Grecia e Polonia restano contrarie.

Il summit di ieri precede la 27° riunione (oggi) del gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, il cosiddetto formato Ramstein che coordina l’assistenza militare al Paese e nei fatti da tre anni decide tipologia e quantità di aiuti militari a Kiev. La Gran Bretagna ha già messo sul tavolo un nuovo pacchetto di aiuti. “La realtà quotidiana per milioni di ucraini continua ad essere attacchi con droni, lanci di missili, combattimenti brutali al fronte” ha detto il ministro della Difesa inglese John Healey. Dobbiamo aumentare la pressione su Putin per un cessate il fuoco definitivo e intensificare il sostegno all’Ucraina”.

Obiettivo della riunione dei Volenterosi al quartier generale della Nato – un modo anche per far capire che si fa sul serio – è dare risposte chiare a Zelensky: quali paesi invieranno le truppe, la loro dislocazione, la reazione in caso di attacco, soprattutto le tempistiche dell’invio: se durante un eventuale cessate il fuoco o solo a guerra conclusa. La riunione è stata a livello di ministri della Difesa. Per l’Italia non c’era Crosetto ma il suo consigliere di politica militare, l’ammiraglio Giacinto Sciandra (Defence policy director). Il formato della missione potrebbe essere finalizzato “in circa un mese”, entro la prima metà di maggio, e le discussioni comprendono la presenza di forze militari “a terra, in aria e in mare”. Non è ancora chiaro l’ingresso operativo di queste forze: con una tregua e dopo un cessate il fuoco definitivo? La differenza è sostanziale, come si può capire.

L’Alto Rappresentante della Ue per gli Affari esteri e la politica della sicurezza, l’estone Kaja Kallas, ha chiesto di “chiarire una volta per tutte lo scopo della missione: peacekeeping? Monitoraggio? Deterrenza? Una volta chiarito l’obiettivo, possiamo sottoporre il dossier a Washington. Gli Usa devono stare nella Nato (Rubio ha tolto ogni dubbio su questo una settimana fa, ndr) e Washington lavora per la pace in Europa”. La posizione italiana è nota: intervento in Ucraina solo con l’ombrello delle Nazioni Unite e dopo il via libera del Parlamento. Che è un po’ buttare la palla in tribuna rispetto agli obiettivi che l’amministrazione Trump ha imposto a Bruxelles: non intendiamo fare i vostri angeli custodi, organizzatevi una difesa autonoma, armatevi e organizzatevi.

Bruxelles, come noto, ha risposto con il piano Readiness 2030 (800 miliardi per armare i 27 seguendo criteri comuni negli acquisti e nei sitemi di difesa) e con il Libro bianco della difesa che va riempito di contenuti che non sono solo missili e carrarmati ma soprattutto infrastrutture con doppio uso civile e militare, dalla tecnologia satellitare a quella digitale.
Mentre i generali sono riuniti a Bruxelles per decidere come e quando muovere le truppe, di Difesa parlano anche i ministri economici dei 27 riuniti a Varsavia per un vertice informale dove sarò affrontato concretamente il tema dell risorse per una difesa comune a livello europeo. L’idea è di istituire un Mes della Difesa. Con ordine.

Gli sherpa si stanno confrontando sulla base di un documento del think tank economico Bruegel che traccia un quadro molto realistico dell’Europa della difesa dopo decenni di tagli di bilancio, sottoinvestimenti e soprattutto, frammentazione nazionale. I numeri di questo nanismo sono noti: i paesi europei gestiscono 12 diversi carri armati da combattimento mentre gli Usa ne hanno uno solo. Drammatico l’analisi e il confronto degli aiuti militari all’Ucraina: gli Usa hanno fornito un tipo di carro armato e due tipi di obice mentre i paesi europei hanno consegnato sette diversi carri armati e nove diversi obici. Obbligatorio, per Bruxelles, è imporre “l’accorpamento degli appalti e ridurre la frammentazione”.

Diversamente sarà solo un aumento della spesa. Mercati della difesa “meglio integrati aumenterebbero la concorrenza e faciliterebbero l’ingresso di nuove aziende tecnologiche nel settore della Difesa”. Sempre secondo il report di Bruegel l’Europa è anche “carente di tecnologie moderne per gli armamenti”. Insomma, decina di pagine di informazioni preziose sicuramente per la Germania che ha deciso di fare debito per armarsi. E anche per l’Italia quando si riuscirà a capire che più difesa vuole dire anche più sviluppo, più pil e più lavoro di qualità.

Il paper di Bruegel ha suggerimenti anche per la parte delle risorse. Il piano da 800 miliardi servirà soprattutto alla Germania che non ha debito e molto meno agli paesi, tra cui l’Italia, che invece hanno vincoli di bilancio molto più stretti. Le soluzioni proposte sono due. La prima è comunitaria (serve l’unanimità nel voto) e prevede il potenziamento dei fondi dell’Eda (agenzia europea per la difesa) e della Pesco (cooperazione europea per acquisti nel campo della Difesa e della sicurezza). La seconda via prevede la creazione di un European Defence Mechanism, in pratica un nuovo Mes bancario o sanitario che potrebbe lanciare appalti congiunti per la fornitura di mezzi militari.
Il Med (Edm) sarebbe il proprietario di questi mezzi “riducendo così l’impatto finanziario del riarmo”. Una soluzione, a ben vedere, che potrebbe mettere d’accordo anche i più scettici.

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