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Giorgia Meloni

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La premier è riuscita a concludere un anno difficile in cui, oltre a fronteggiare le crisi legate alle guerre, è stato necessario evitare che la Ue ponesse seri vincoli su Pnrr, Fondi europei e Repower, nel 2024 si dovrà puntare sul Sud

Comprendo benissimo la soddisfazione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nell’aver concluso il 2023 con una legge di Stabilità che, senza dubbio, ha evitato di appesantire ulteriormente il debito pubblico. E credo che la sua massima soddisfazione sia da collegarsi anche con il fatto di essere riuscita a concludere un anno non facile. Un anno in cui è stato necessario affrontare più emergenze. Soprattutto, è stato necessario evitare che l’Unione europea ponesse seri vincoli sull’avanzamento del Pnrr, sull’attuazione del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027, sul Repower.

Voglio, quindi, ricordare sinteticamente le varie criticità che sono state vissute nel corso del 2023. Ciò solamente per testimoniare che le varie tragiche previsioni sui risultati dell’attuale governo, sia da parte degli schieramenti politici dell’opposizione sia da parte di quelli che definisco rappresentanti della “intellighenzia economica”, si sono rivelate infondate.

IL PESO DELLE GUERRE E L’ABILITÀ DI MELONI

Comincio ricordando le guerre che, a differenza del passato, cominciano e non finiscono mai. Mi riferisco alla guerra in Ucraina, alla guerra in Israele ma anche a quella in Sudan o in Niger, alla grave tensione su Taiwan. Alcune sono guerre geograficamente lontane ma geo-economicamente vicine e pesantemente responsabili della crisi di alcune specifiche nostre attività economiche. A tale proposito ho ricordato pochi giorni fa che l’attacco degli Houthi nel Mar Rosso sta incidendo in modo rilevante sui nostri approvvigionamenti.
Ebbene, questa grave emergenza legata agli eventi bellici ha visto sempre presente il nostro ministro degli Affari esteri e quello della Difesa, pronti a supportare possibili azioni di contenimento delle crisi e, al tempo stesso, abbiamo assistito a un’attività diplomatica della presidente Meloni davvero encomiabile. La stessa opposizione, pronta a colpirla sempre anche su argomentazioni ridicole, ha dovuto riconoscere l’abilità della premier.

PNRR, GOVERNANCE E CANTIERI STRATEGICI

Una seconda area, che ormai ritenevamo praticamente persa (mi riferisco in particolare a quella legata alle risorse del Pnrr, a quella legata alle risorse del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027, a quella legata al Repower), oggi, dopo questo anno di avvio concreto della nuova Legislatura, dispone ancora di spazi che consentono concrete previsioni di recupero dei tempi persi.

Il lavoro del ministro Fitto, ma soprattutto la sua intuizione procedurale, ha evitato il fallimento delle varie azioni programmatiche definite di concerto con l’Unione europea. Fitto è riuscito a ottenere, praticamente in soli dodici mesi, i seguenti risultati. La governance unica (rispetto alle sette definite nei precedenti governi) non solo nella gestione del Pnrr ma, indirettamente, in tutti gli altri strumenti programmatici supportati dall’Unione europea. Attraverso tale nuovo impianto decisionale, produrre un cambiamento sostanziale dello stesso Pnrr, trasferendo opere che sicuramente non sarebbero state realizzate entro il giugno del 2026 in altri programmi comunitari, cioè il Fondo di sviluppo e coesione o programmi supportati dal bilancio ordinario. In tal modo quel 2026 diventa una soglia temporale più accettabile, almeno per alcuni interventi.

Una terza area è quella legata all’impegno del governo e del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Salvini ad aprire davvero cantieri essenziali come quelli relativi all’alta velocità ferroviaria nelle tratte Catania- Palermo e Catania-Messina o quelli relativi al collegamento ferroviario tra l’aeroporto di Venezia e l’asse Padova-Trieste e tante altre opere che erano rimaste ferme durante la passata Legislatura a causa di una precisa scelta dei governi Conte 1, Conte 2 e Draghi di garantire le coperture finanziarie del Reddito di cittadinanza e del Quota 100.

MEZZOGIORNO: LE CRITICITÀ E LA ZES UNICA

Una quarta area è quella relativa al Mezzogiorno; poche settimane fa, in una mia nota, ho lamentato una sottovalutazione di alcune emergenze come, solo a titolo di esempio, quelle relative alla crisi dell’area di Termini Imerese e a quella più grave dell’Ilva di Taranto. È vero, sono criticità, sono drammi ereditati, ma in politica, e in particolare quando si rivestono ruoli istituzionali, si deve spegnere l’attenzione sul passato e risolvere le emergenze: sarà poi l’elettorato a misurare e a distinguere i meriti e i demeriti.

Senza dubbio sul Mezzogiorno l’azione più significativa è stata l’istituzione della Zona economica speciale unica. Ora bisognerà dimostrarne tutti i vantaggi rispetto alla ipotesi delle Zes volute da un decreto legge che in sei anni non ha raggiunto alcun obiettivo concreto, e non per colpa dei vari Commissari responsabili della relativa attuazione, ma soprattutto per una frantumata azione delle stesse Regioni del Sud.

2024 ANNO DEL SUD: I VANTAGGI DELLA ZES UNICA

La Zes unica, quindi, produce automaticamente quello che Claudio Signorile definisce giustamente un assetto federativo, e forse questo nuovo impianto istituzionale potrebbe portare all’istituzione di una sede in cui le otto Regioni possano identificare congiuntamente i siti da promuovere come ambiti ottimali da incentivare e, sempre congiuntamente, equilibrare i nodi logistici che esaltano le funzioni di determinate realtà. Sarà, quindi, necessario effettuare sul Mezzogiorno una vera operazione d’urto proprio in questo 2024.

Questa azione va fatta perché in occasione del Festival Euromediterraneo svoltosi a Napoli nel mese di marzo del 2023 tra le novità sul ruolo del Mezzogiorno nel Mediterraneo abbiamo potuto apprezzarne una in particolare: una nuova narrazione sulle realtà produttive, sulle eccellenze nella ricerca, sull’articolazione delle sconosciute potenzialità. Una narrazione che trova oggi conferma nel rapporto Check Up Mezzogiorno 2023 prodotto in questi giorni dalla Confindustria in cui si legge, tra l’altro, che c’è un Mezzogiorno resiliente con rilevanti potenzialità di rilancio puntando su tre fattori: competenze (dalla formazione all’innovazione), connettività (con infrastrutture materiali e immateriali), competitività delle imprese (in termini di densità e intensità imprenditoriale).

GLI OBIETTIVI DEL 2024 PER IL SUD

Molti obietteranno ricordando che mai, e sottolineo mai, neanche nei periodi più forti dello schieramento di centro destra, erano stati assegnati al Sud 11,6 miliardi di euro per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e il continente. Ma questa scelta, senza dubbio apprezzabile, è una scelta che interessa essenzialmente l’Unione europea, interessa essenzialmente l’intero Paese.

Quindi, insisto, il 2024 dovrà essere un anno da dedicare al Sud e, in particolare, a un’area tematica chiave: quella, cioè, legata alla sua funzione logistica, alla sua capacità produttiva e alla contestuale possibilità di garantire ai vari prodotti di raggiungere le aree mercato nazionali e internazionali. È necessario, cioè, che il Mezzogiorno produca subito, addirittura nei prossimi sessanta giorni, una proposta sulla sua offerta portuale e interportuale, una proposta da canalizzare possibilmente nel redigendo disegno di legge sulla riforma portuale e interportuale. Una proposta, in sostanza, che, come ho già ricordato pochi giorni fa in una mia nota, faccia emergere le potenzialità di hub logistici come quelli di Gioia Tauro, Lamezia o quelli di Cagliari, di Augusta e del sistema logistico supportato dagli hub di Brindisi e di Taranto.

Forse sarà bene, vista la mole di lavoro che si vuole attuare nel 2024, anticipare al mese di febbraio il Def (Documento di economia e finanza) e al suo interno sarà bene descrivere, in modo più compiuto, i vari obiettivi che si vogliono attuare nel Sud e al tempo stesso poter leggere in modo capillare, oltre all’avanzamento del Pnrr, anche le varie evoluzioni sia del Fondo di sviluppo e coesione, sia del programma delle reti Ten-T (Trans European Network).
In realtà nel 2024, se si rispettasse un simile calendario, vivremmo, almeno per il Sud, interessanti evoluzioni e forse dimenticheremmo l’assenza quasi totale dello Stato nella passata legislatura.


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