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Antonio Tajani

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Il discorso integrale di Antonio Tajani all’apertura del congresso di Forza Italia


Cari amici, non posso negarlo, sono davvero emozionato. In tanti anni di vita pubblica, non ho mai avvertito una responsabilità così grande come quella che ho assunto in questi mesi nei vostri confronti, nei confronti di Forza Italia, nei confronti della straordinaria eredità politica, morale, intellettuale di Silvio Berlusconi.

Il nostro leader, il nostro fondatore, il nostro Presidente è naturalmente insostituibile, nessuno potrebbe immaginare di prenderne il posto.

Del resto Egli è con noi, anche oggi, perché è nei nostri cuori, nei nostri pensieri, nei nostri ricordi. E’ con noi, perché tutto quello che stiamo vivendo in questa sala è opera sua, perché le nostre idee, i nostri valori, i nostri programmi, lo scopo del nostro agire politico sono quelli indicati da lui.

Proprio per questo molti di noi, nel giorno triste in cui Silvio Berlusconi ha lasciato questa vita terrena, nutrivano un grande timore. Un timore che comprendo benissimo, perché l’ho provato anch’io, quando venni svegliato nella notte – ero in una visita di Stato in America – con quella tragica notizia. Il timore che tutto fosse finito, che la grande storia di Forza Italia si concludesse quel giorno.

E invece siamo qui, un partito vivo, un grande partito proiettato al futuro, un partito essenziale per il governo del Paese.

Le tristi profezie sul nostro futuro sono state smentite dai fatti, dai sondaggi, ma soprattutto da voi! Sono smentite oggi da questa splendida sala, che parla di una forza politica in salute, che cresce, che aggrega, che costruisce il futuro.

Ma attenzione, il merito principale non è nostro. Il merito è, ancora una volta, di Silvio Berlusconi che saputo ideare e costruire una Movimento politico come il nostro, indispensabile per il presente e soprattutto per il futuro del nostro Paese.

Noi abbiamo fatto solo il nostro dovere, quello di non disperdere questo patrimonio prezioso. Un patrimonio di idee, di valori, ed anche di relazioni umane, perché Forza Italia, la Forza Italia che Berlusconi ha voluto, è anche, prima di tutto, una grande famiglia politica, una grande squadra di amici.

Ed è la vostra amicizia quella che mi ha dato la forza, il coraggio, la possibilità stessa di svolgere fino ad oggi questo compito difficile, arduo, impegnativo eppure entusiasmante. Il compito, non solo mio, ma di tutti noi, di andare avanti, di continuare questo sogno meraviglioso cominciato trent’anni fa, quando in un giorno – con la sua discesa in campo – Berlusconi cambiò la storia d’Italia e forse d’Europa.

Quel 26 gennaio – lo abbiamo ricordato poche settimane fa – non nacque soltanto un Movimento destinato a prendere il posto del pentapartito distrutto da Tangentopoli, nacque una forza politica che era mancata in Italia fin dall’Unità nazionale.

Una forza politica che è il luogo dei cattolici, dei liberali, dei riformisti, dei garantisti. Una forza politica che ha come punti di riferimento l’Europa e l’Alleanza Atlantica, perché i nostri valori sono quelli dell’Occidente.

L’occidente, il nostro occidente, che nasce dal grande incontro che ha cambiato la storia dell’umanità; quello fra la tradizione greco-romana e quella giudaico cristiana, da cui nasce la nostra civiltà europea. La prima civiltà nella storia basata sul primato della persona  – per i cristiani fatta a immagine di Dio e per i laici portatrice di diritti naturali – che la rendono sacra e intangibile. La nostra idea di democrazia liberale si basa proprio su questo: la persona al centro di tutto, portatrice di diritti fondamentali il primo dei quali è la libertà. 

Su questi due concetti, così strettamente legati fra loro, libertà e sacralità della persona, si fonda l’intero progetto politico di Forza Italia.

Per questo l’Europa e l’Occidente sono il nostro riferimento essenziale.

Non esiste nessun’altra forza politica in Italia per la quale l’Europa e l’Occidente siano così profondamente, così coerentemente essenziali alla propria identità.

Forza Italia è garante, verso i nostri amici e i nostri alleati, della nostra scelta irreversibile dalla parte dell’Europa e dell’Occidente.

E se questi nostri valori fondanti sono stati essenziali in ogni momento della nostra storia, lo sono a maggior ragione oggi, in un’epoca storica nella quale le vicende della politica mondiale ci riguardano e ci riguarderanno sempre più da vicino. Un’epoca nella quale i pericoli vecchi e nuovi per la nostra pace, per la nostra sicurezza, per la nostra libertà sono cresciuti in modo allarmante.

Le persone della mia generazione ricordano quell’anno straordinario che è stato il 1989. Allora il sistema comunista crollò in Europa, l’Unione Sovietica cessò di esistere, molti sperarono che l’ordine liberale, fondato sul diritto internazionale, diventasse la regola dei rapporti con le nazioni che si avvicinavano alla democrazia.

Ma la Russia si è progressivamente allontanata da quella strada.

Ha scelto la strada del conflitto all’esterno e della repressione all’interno. Ha scelto di tornare indietro, verso le pagine più cupe del ‘900. L’aggressione all’Ucraina non è solo il tentativo schiacciare la libertà di un popolo sovrano, è una sfida all’occidente e alla legalità internazionale. E la morte in carcere di Aleksej Naval’nyj ci riporta ai metodi spietati in uso nell’Unione Sovietica.

Per questo come Presidente della riunione dei Ministri degli Esteri del G7 ho chiesto alla Russia – a nome di tutti i colleghi – di “fermare la sua persecuzione inaccettabile del dissenso politico, così come la repressione sistematica della libertà di espressione e l’ingiusta limitazione dei diritti civili”.

Noi sappiamo che la Russia è un grande paese che un giorno dovrà tornare ad esercitare un ruolo importante in Europa, ma tutto questo non potrà accadere fino a quando il Governo russo continuerà ad essere un pericolo per la libertà degli individui e delle nazioni.

Quella ai confini orientali dell’Europa non è la sola crisi di questi anni difficili. Papa Francesco, con un’intuizione profetica, già da anni ha parlato del rischio di una “terza guerra mondiale a pezzi” che è diventata ormai un conflitto globale.  Paesi come la Russia, la Cina, l’Iran, con motivazioni diverse ma con strategie spesso convergenti, hanno innalzato la posta della sfida al mondo libero, in Asia, in Africa, nella stessa Europa.

Noi continuiamo a perseguire la pace, ma non vi è pace dove vi è sopraffazione.

Penso al Vicino Oriente, sconvolto da un conflitto asimmetrico ma non per questo meno doloroso. Un conflitto sul quale vorrei dire alcune parole molto chiare. Israele è un paese amico e alleato dell’Italia, una nazione libera e democratica che fa parte, per cultura, per valori, per la storia nobile e drammatica del suo popolo, della nostra idea di Europa e di occidente.

Per questo siamo vicini a Israele, sosteniamo il suo diritto a difendersi anche con le armi. Nessuna equidistanza, nessuna equiparazione è possibile fra un paese come Israele e terroristi come quelli di Hamas. Quanto è accaduto il 7 ottobre, un’ondata feroce di violenza contro persone innocenti e disarmate, ha pochi precedenti nella storia. Tutte le persone prese in ostaggio quel giorno devono essere liberate senza condizioni.

Ma di fronte a tutto questo abbiamo il dovere di chiedere ai nostri amici israeliani di comportarsi secondo quelle regole di civiltà e di umanità che condividiamo con loro. Noi non accetteremo mai una soluzione che permetta che il 7 ottobre accada di nuovo. Non accetteremo mai una soluzione nella quale Israele sia in pericolo. Ma una soluzione va trovata e non può essere soltanto la soluzione delle armi.

Hamas non è il popolo palestinese, il popolo palestinese è una vittima di Hamas, che se ne fa scudo e pretesto. Il popolo palestinese – che non significa Hamas – ha diritto a vivere in pace e nella sicurezza, esattamente come hanno questi diritto gli ebrei. Ed è interesse di tutti, in quelle terre sacre alle religioni, ma vittime di un conflitto demoniaco, giungere alla pace. Per questo non rinunciamo a credere nella soluzione basata su due popoli e due stati.

Grandi nazioni arabe, con le quali siamo in costante contatto, possono svolgere un’opera essenziale in questa direzione: penso all’Egitto, penso all’Arabia Saudita, agli Emirati Arabi Uniti, Giordania e Qatar che possono essere protagonisti di un grande sistema di sicurezza e di prosperità nel Vicino Oriente.

La pace e la stabilità nel Mediterraneo, nell’Europa Orientale e nel Vicino Oriente sono ovviamente un interesse fondamentale per il nostro paese.

In un mondo sempre più interconnesso, anche quello che accade nelle aree più lontane ci riguarda direttamente.

Penso all’Indo-Pacifico, una parte del mondo decisiva per le nostre filiere di approvvigionamento e come destinazione per le nostre esportazioni. L’atteggiamento espansionistico della Cina è fattore di instabilità e di preoccupazione per molti paesi di quell’area. L’Italia come tutto l’Occidente ribadisce con chiarezza  che non accetteremo alcun atto di forza per alterare gli attuali assetti nello stretto di Taiwan.

Con attenzione ancor maggiore l’Italia e l’Europa devono occuparsi, dell’Africa evitando gli errori del passato.

Silvio Berlusconi lo ha detto tante volte. L’Africa è la terra del futuro, una terra di drammi ma anche di opportunità. Una terra che ha al suo interno grandi ricchezze e grandi potenzialità di crescita. L’Italia e l’Europa non possono perdere a vantaggio della Russia, della Cina o dell’Iran la sfida di uno stretto rapporto con l’Africa. A differenza loro, il nostro non sarà mai un approccio neo-coloniale, un approccio basato sullo sfruttamento, la nostra strada è quella della collaborazione con i paesi Africani nell’interesse reciproco. Il piano Mattei, varato dal nostro governo, dovrà essere parte di quel grande piano Marshall europeo per l’Africa. È l’unica strada possibile perché quel grande continente non cada in mani ostili all’Occidente e perché possa trovare le condizioni di stabilità e di sviluppo che sono necessarie ad arrestare il dramma epocale delle migrazioni.

Noi, da liberali e da cristiani, proprio perché crediamo nella sacralità della persona, non possiamo assistere inerti alle tragedie che si svolgono ogni anno nel Mediterraneo, e prima ancora sulle piste del Nord Africa: donne, uomini, bambini esposti a rischi e a sofferenza indicibili, che spesso perdono la vita nella ricerca di una speranza di vita migliore.

Non possiamo neanche assistere inerti, del resto, alla violazione della nostra sovranità, al pericolo per le nostre periferie, per i nostri giovani, per le aree più deboli nel nostro paese. Chi viene in Italia irregolarmente è un pericolo per sé e per gli altri, è condannato alla marginalità e all’illegalità, è destinato a fornire manovalanza al lavoro nero, alla piccola criminalità, allo spaccio.

La soluzione non è il buonismo della sinistra, e non è neppure il filo spinato. La soluzione dev’essere europea, perché chi sbarca a Lampedusa non vuole raggiungere la Sicilia o l’Italia, vuole raggiungere l’Europa. E l’Europa deve farsene carico, più di quanto abbia fatto finora.

Noi non consentiremo, Forza Italia non consentirà, che le ragioni della legalità e quelle dell’umanità vengano contrapposte, perché entrambe sono ragioni essenziali in una democrazia liberale.

E infatti le questioni poste da Forza Italia sono diventati parti integranti e qualificanti dell’azione di Governo. Parlo della necessità di una cornice Europea, del contrasto all’immigrazione clandestina, degli accordi bilaterali con i Paesi in transito, del Piano strategico per l’Africa, della semplificazione dei meccanismi di migrazione legale, del rafforzamento delle agenzie europee.

Forza Italia è il partito della sicurezza, della legalità, dei diritti. Non c’è contraddizione in questo, c’è la nostra visione liberale dello Stato e del cittadino.

Noi siamo garantisti, il garantismo è uno dei nostri valori fondanti, perché crediamo che le persone vengano prima dello stato. Che i diritti di ogni essere umano, di ogni cittadino, non possano essere messi in discussione mai, neppure se accusato, neppure se imputato di un reato grave.

Ma attenzione, garantismo non significa impunità. Non significa buonismo. Non significa debolezza. Le leggi devono essere severe ed i tribunali efficaci contro chi delinque. Perché chi delinque viola i diritti delle persone, i diritti che noi vogliamo garantire: il diritto alla vita, all’incolumità fisica, alla proprietà, al possesso del denaro e dei beni legittimamente guadagnati.

Noi chiediamo severità nell’esecuzione della condanna ma anche  condizioni di detenzione che rispettino la dignità umana. Se è vero, come diceva Voltaire, che “il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”, la situazione carceraria italiana non fa certo onore alla patria del diritto.  Strutture carcerarie vecchie, insufficienti, affollate, costringono i detenuti e gli stessi agenti penitenziari a vivere in condizioni inaccettabili.

Noi chiediamo grande severità verso i colpevoli, ma questo non può significare sottoporre le persone a condizioni di vita degradanti. Questo vanifica la funzione rieducativa della pena, che è anche nell’interesse della società, non solo del detenuto.

A maggior ragione questo vale per il cittadino in attesa di giudizio, quindi presunto innocente. Oggi il carcere è spesso un deterrente per estorcere una confessione, e questo contraddice tutti i principi della nostra civiltà giuridica.

Privare un cittadino della libertà è una misura estrema, da adottare prima della condanna solo in caso di stretta necessità. E le condanne devono essere punto di arrivo di un procedimento che offra davvero all’indagato ogni possibilità di dimostrare la propria innocenza. Condannare un innocente non significa solo danneggiare lui o la sua famiglia – già questo sarebbe gravissimo – significa anche lasciare libero un colpevole, significa quindi danneggiare la collettività e il principio stesso del funzionamento della giustizia.

Il giudice chiamato a decidere sulla colpevolezza o l’innocenza, sul carcere o sulla libertà, dev’essere davvero terzo, non può essere collega e amico di chi accusa, non può condividere con l’accusa gli uffici, la formazione, la carriera.

Per questo la separazione delle carriere per Forza Italia costituisce uno dei punti qualificanti del programma di legislatura del governo.

Voglio anche aggiungere che considero molto importante il lavoro che stiamo svolgendo con il ministro Nordio per una giustizia più giusta e più efficiente.  L’abolizione del reato di abuso d’ufficio; la modifica delle norme sulle intercettazioni, con particolare riferimento alla tutela dei terzi e al rapporto con il difensore; il ridimensionamento del processo mediatico; il potenziamento della esecuzione penale esterna sono grandi risultati, ma sono anche solo i primi risultati di un percorso di riforme che dovrà caratterizzare l’intera legislatura.

E’ un grande compito che ci ha lasciato in eredità Silvio Berlusconi.

Il nostro presidente, lo sapete bene, è stato vittima di una delle più gravi persecuzioni giudiziarie della storia del mondo libero. Probabilmente, la più grave di tutte. Ma la sua preoccupazione principale non era per sé – possiamo testimoniarlo in tanti – era per la libertà degli italiani. A riprova di questo, noi continuiamo la sua battaglia con la stessa forza, con lo stesso rigore, con la stessa passione civile che lui ci ha insegnato. Una battaglia non per una persona ma per un principio fondamentale.

Una battaglia che non è contro la Magistratura, per la quale abbiamo anzi un profondo rispetto e una profonda gratitudine. E’ contro gli eccessi che questo sistema ha consentito e consente ad alcune Procure della Repubblica, è contro la lottizzazione politica all’interno del Consiglio Superiore, è contro il pregiudizio ideologico che – da Mani Pulite ad oggi – ha condizionato alcuni uffici giudiziari.

La grande maggioranza dei magistrati, lo ripeto, non è così, anzi è vittima di questa situazione. La nostra battaglia è anche per loro.

Vorrei anzi a questo proposito dedicare un pensiero commosso a tutti i Magistrati impegnati nella lotta contro la Mafia, la Camorra, la ‘Ndrangheta, la Sacra Corona Unita ed ogni forma di malavita organizzata. E con loro alle Forze dell’Ordine che partecipano a questa grande battaglia per la legalità. Molti di loro affrontano ogni giorno grandi rischi e grandi sacrifici. Molti di loro hanno perso la vita per questo.

Per tutti voglio ricordare due straordinarie figure, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e il giudice Rocco Chinnici. E’ un grande onore per noi che le figlie di questi due eroi dell’Antimafia siedano nei nostri gruppi parlamentari e siano presenti in questa sala. Grazie Rita, grazie Caterina!

La vostra presenza testimonia, se mai ce ne fosse bisogno, quanto Forza Italia prende sul serio la lotta per la legalità la lotta contro tutte le mafie. La Mafia non è uno dei tanti problemi, con la Mafia non si può convivere.

La Mafia è il male assoluto.

Lo sviluppo del Sud è una priorità per l’Italia. Ma lo sviluppo del Sud, lo sviluppo del paese non può avvenire fuori dalla cultura della legalità.

Anche per questo un altro grazie, particolarmente sentito, lo voglio rivolgere ancora alle donne e agli uomini che vestono la divisa delle Forze dell’Ordine.  La nostra sicurezza è nelle loro mani, il rispetto della legalità è nelle loro mani. E’ un compito di grande responsabilità e di grande sacrificio, che svolgono con professionalità, con coraggio e con abnegazione.

Allo stesso modo, la nostra gratitudine va alle Forze Armate. Le nostre ragazze e i nostri ragazzi dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica sono un esempio di professionalità, di amore per la Patria, di senso dell’onore.  All’estero, ci rendono orgogliosi nelle missioni di pace, dove riscuotono la gratitudine della popolazione e l’ammirazione dei colleghi di tanti paesi, anche militarmente più attrezzati di noi. Grazie a loro, possiamo essere orgogliosi di far sventolare la bandiera italiana in tante parti del mondo e con un unico obbiettivo, quello previsto dalla Costituzione, la pace nella sicurezza di tutti.

Cari amici,

noi siamo fieri di partecipare ad un governo di centro-destra che ha preso la guida dell’Italia in un momento molto difficile e che sta lavorando bene per far ripartire il paese. Lo abbiamo sostenuto, lo sosteniamo e lo sosterremo lealmente.

Ma non dimentichiamolo mai se oggi l’Italia ha un governo di centro-destra, se da trent’anni in Italia esiste il bipolarismo, questo è possibile solo perché esiste Forza Italia, perché Silvio Berlusconi ha cambiato la storia della politica italiana.

Senza di noi esisterebbe una destra democratica, rispettabile, seria, come quella dei nostri alleati. Ma la destra da sola, non governa nessun grande paese europeo.

Non è solo una questione di numeri, è una questione di contenuti. Forza Italia è garante dei contenuti liberali, dei contenuti cristiani, dei contenuti garantisti.

E’ garante dell’economia sociale di mercato, come definita dal Partito Popolare Europeo.

Usiamo questa definizione “economia sociale” perché per noi ancora una volta è centrale la persona, non la fredda logica dei numeri, e quindi nessuno deve rimanere indietro, nessuno nella nostra società deve sentirsi abbandonato a sé stesso. Chi è troppo debole dev’essere aiutato, chi sbaglia deve avere una seconda possibilità.

Ma tutto questo può avvenire soltanto nel quadro di una moderna economia di mercato. Solo il mercato, solo il libero gioco della domanda e dell’offerta, solo l’impegno e le scelte che ogni giorno milioni di persone compiono per sé stessi e le proprie famiglie assicura il benessere della collettività: E senza benessere non c’è impegno sociale possibile.

Come scriveva Einaudi, “migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E’ la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno”.

E noi saremo sempre al fianco dei produttori, dei lavoratori, dei risparmiatori perché i loro valori sono i nostri valori, le loro ragioni sono le nostre ragioni!

Forza Italia è nata per questo, è nata da un uomo che è stato protagonista ineguagliato del lavoro e dell’impresa, prima ancora che della politica.

E’ nata per dare voce, per dare rappresentanza, per garantire questa Italia tenace e produttiva che al Nord come al Sud, fra innumerevoli difficoltà, ha fatto andare avanti il paese anche nei momenti più difficili.

La libertà economica per noi non è soltanto la dottrina più efficacie che l’umanità abbia creato, è – al pari delle libertà civili, della libertà politica, della libertà religiosa – uno dei diritti naturali della persona.

Lo Stato deve definire le regole, deve coordinare e indirizzare, ma non deve mai sostituirsi al mercato, non deve mai prendere il posto dell’iniziativa dei privati. Può controllare le infrastrutture strategiche, ma non deve mai farsi imprenditore, se non in condizioni di assoluta necessità, e per un periodo di tempo limitato.

In questo senso la privatizzazione del Monte dei Paschi, chiesta e voluta da Forza Italia, è un esempio paradigmatico. E’ stato giusto naturalmente che lo Stato ne assumesse il controllo, nella fase di salvataggio, che è stato effettuato con denaro pubblico, ma ora è altrettanto giusto che il Tesoro rimetta sul mercato la sua partecipazione azionaria.

Non abbiamo bisogno di uno stato banchiere, proprio come non abbiamo bisogno di uno stato gestore dei porti. Le privatizzazioni non sono solo un modo per fare cassa, sono soprattutto un modo per restituire al mercato ciò che i privati possono fare in maniera più efficiente per la collettività.

Se il trasporto pubblico o la raccolta dei rifiuti vengono gestiti da un privato a costi inferiori e con un servizio più efficiente, non vi è ragione al mondo perché le aziende che gestiscono questi servizi debbano essere di proprietà dei comuni.

Anche il patrimonio immobiliare pubblico italiano, che vale 358 miliardi di euro, può generare 58 miliardi da valorizzazioni e/o dismissioni. Non è possibile avere immobili vuoti e pagare affitti cospicui.

Forza Italia è garante del fatto che il governo continuerà sulla strada delle privatizzazioni.

Forza Italia è garante anche dell’impegno al contenimento della pressione fiscale ed alla razionalizzazione del sistema impositivo.

Finché saremo al governo, in Italia non vi sarà mai una patrimoniale.

Non vi sarà mai una nuova tassa sulla casa, che per molte famiglie italiane è il frutto del lavoro, dei risparmi, dei sacrifici di una vita.

Il governo ha già cominciato a ridurre la pressione fiscale su alcune categorie, ma questo ancora non ci basta.

Siamo persone responsabili e sappiamo che occorre procedere con gradualità.

Però la riduzione delle tasse, la semplificazione, l’applicazione della flat tax per famiglie e imprese, rimangono per noi impegni irrinunciabili di legislatura.

Oggi abbiamo oltre cento tributi, a fronte di un gettito fiscale che proviene per il 97% da sole 16 tasse. Un’impresa impiega fino a 312 ore all’anno per documenti amministrativi e pratiche fiscali. La strada da percorrere è quella di ridurre le aliquote fiscali e il numero di tributi, di semplificare e velocizzare gli adempimenti: ora abbiamo 30 tasse diverse e sono necessarie 100 ore l’anno per pagarle.

Dobbiamo fare esattamente il contrario. Non opprimere le imprese con tasse e burocrazia ma invece sostenere il nostro tessuto produttivo, basato su PMI che dobbiamo aiutare a crescere: la metà del nostro export è fatto da imprese sotto i 50 dipendenti.

L’oppressione burocratica è uno dei temi che rendono meno competitivo oggi l’intero sistema-Italia. Il ministro Zangrillo sta facendo un grande lavoro per semplificare e per migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione con riforme che tocchino davvero la quotidianità della vita da cittadini e imprese.

Il mondo vuole il Made in Italy: la nostra sfida è produrlo, portarglielo, tutelarlo.

Dobbiamo rilanciare gli investimenti con una Nuova Politica Industriale mettendo insieme supporto pubblico, PNRR, credito e investimenti privati. Una Industria 5.0, concentrata su investimenti verdi e d’avanguardia, come l’intelligenza artificiale, da supportare con defiscalizzazione e crediti d’imposta su ricerca e innovazione

L’intelligenza artificiale sta già avendo, e avrà sempre più, un impatto dirompente, che cambierà molti lavori e professioni. Come spesso accade per le nuove tecnologie, porta con sé grandi rischi e grandi opportunità. Non possiamo essere impreparati, né da un punto di vista giuridico e normativo, né da quello scientifico e tecnologico. Non affrontare questa sfida significherebbe rassegnarsi a rimanere ai margini dello sviluppo per i prossimi decenni.

Un tessuto industriale forte non può prescindere da una industria di base altrettanto robusta. Non possiamo perdere l’acciaio se vogliamo evitare la desertificazione industriale, visto che anche per fare pale eoliche ed auto elettriche serve l’acciaio. La questione ILVA va risolta per mantenere la produzione in Italia. Stesso discorso per alluminio, cemento, fertilizzanti ed altri prodotti strategici: evitare che scappino, cominciando anche a ridurre i costi energetici, che sono del 27% più alti della media Ue.

Il futuro della produzione automobilistica ci preoccupa. Dobbiamo difendere eccellenze e posti di lavoro incentivando la produzione in Italia.

Le infrastrutture e la logistica vanno rafforzate. Mi riferisco in particolare al trasporto su rotaia e a quello marittimo, che da solo genera circa il 3% del Pil. Liberalizzazioni e privatizzazioni possono rilanciare il comparto, con anche l’accorpamento delle autorità portuali e la specializzazione dei porti.

Noi abbiamo grande rispetto per il lavoro. La cultura del fare per noi è sacra, è quella del nostro fondatore.

Voglio rivolgere a questo proposito un pensiero commosso ai tanti, troppi che perdono la vita nei posti di lavoro. La sicurezza sul lavoro dev’essere una priorità assoluta. Nessuno deve rischiare la vita per guadagnare il pane per sé e per i propri cari.

Lo sappiamo, i salari e gli stipendi in Italia sono ancora troppo bassi. Soprattutto in alcune aree del paese, sono del tutto inadeguati al costo della vita. Ma per farli crescere, così come per accrescere i posti di lavoro, c’è una sola strada: la produttività e la competitività delle imprese. Il salario minimo per legge non risolve il problema, anzi lo aggrava, aggiungendo altre rigidità al sistema. Non abbiamo bisogno di un salario minimo, abbiamo bisogno di un salario ricco, che non si ottiene certo dicendo ai datori di lavoro di aumentare gli stipendi. Bene il taglio del cuneo fiscale, ma il vero obbiettivo dev’essere la crescita.   Una politica industriale capace di favorire la crescita delle imprese, attraverso meno tasse, meno burocrazia, più infrastrutture, è la condizione per avere salari e stipendi migliori.  

In questo ambito consideriamo molto importante il dialogo con le rappresentanze del lavoro, in particolare la CISL, i sindacati autonomi, il Movimento Cristiano Lavoratori. Guardiamo anche con molto interesse alla proposta della CISL in materia di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende. La previsione di modalità di partecipazione dei lavoratori alla governance aziendale va sostenuta poiché il sistema di contrapposizione nelle relazioni sindacali non è più attuale e non intercetta i bisogni di una economia moderna.

Non possiamo dimenticare l’importante ruolo che svolgono in Italia, i commercianti e gli artigiani, le libere professioni e tutte le partite IVA. Centinaia di migliaia di donne e uomini che rischiando in prima persona danno un contributo essenziale al PIL. Li abbiamo sempre tutelati e continueremo a farlo.

Crescita significa anche credito a tassi ragionevoli. Noi difendiamo ovviamente l’autonomia della BCE dal potere politico, ma chiediamo con forza alla signora Lagarde di cambiare la politica dei tassi. Tassi così alti non sono efficaci contro l’inflazione degli ultimi anni e al tempo stesso rallentano la crescita.

Il mondo delle banche in Italia è solido ed è chiamato ad un compito importante per lo sviluppo. Per questo Forza Italia ha chiesto ed ottenuto di modificare una tassazione sui cosiddetti extraprofitti, che era sbagliata già nella denominazione.

Abbiamo così tutelato le banche di prossimità, indispensabili per erogare prestiti alle piccole imprese.

Non siamo e non vogliamo essere il partito delle banche, ma siamo il partito dei risparmiatori che sarebbero stati le vere vittime di quella decisione affrettata.

Siamo i sostenitori della libertà d’impresa e della leale concorrenza che non deve essere falsata da contraffazione, elusione ed evasione fiscale. L’ammontare complessivo non riscosso dallo Stato è di oltre 1.200 miliardi. Di questi, almeno l’8% è considerato recuperabile dall’Agenzia delle Entrate. Per avere una concorrenza sana e abbassare le tasse dobbiamo recuperare l’evasione e ridurre gli sprechi. Certo non uno Stato di polizia tributaria, nessuna caccia alle streghe, ma un fisco giusto, amico, efficiente e funzionale. In questo ambito, dobbiamo tassare di più i giganti del web che oggi sfuggono quasi completamente ad una equa e corretta imposizione.

Il risparmio degli italiani è una cifra molto grande: sono 5.300 miliardi di euro, dei quali 1750 miliardi sono fermi nei conti correnti. Queste risorse devono essere valorizzate e protette, senza avventure pericolose per i risparmiatori e indirizzate sempre di più alla crescita, al sostegno di investimenti necessari per migliorare il nostro Paese. Dobbiamo incoraggiare uno sforzo di sistema che metta insieme banche, assicurazioni, fondazioni, fondi pensione e casse previdenziali per investire in PMI italiane quotate, di nuova quotazione o anche non quotate.

E’ una grande opportunità, per costruire il futuro. E non possiamo lasciarcela sfuggire.

Cari amici di Forza Italia,

il nostro è il partito del futuro. Berlusconi lo ha ripetuto fino all’ultimo giorno della sua vita. Abbiamo anche trent’anni di storia gloriosa alle spalle, del resto, ma non è per questo che chiediamo il voto agli italiani. Lo chiediamo perché siamo convinti di avere le idee giuste per costruire un Italia migliore e anche un mondo migliore per i nostri figli.

Un mondo nel quale abbiamo di fronte sfide nuove, nel quale i giovani hanno sensibilità nuove e giuste preoccupazioni per il loro futuro.

Abbiamo la grande responsabilità del mondo che lasceremo alle generazioni che vengono dopo di noi.

L’ambiente è davvero una delle questioni dirimenti per il nostro futuro

Forza Italia dev’essere e sarà un grande partito ambientalista.

E’ una sfida che possiamo permetterci di lanciare.

Lo era il nostro presidente, che ancora una volta ha anticipato tutti, e di molti decenni, costruendo città nelle quali il verde è protagonista, nelle quali i pedoni, le biciclette, i bambini, gli anziani hanno percorsi sicuri, ben distinti dal traffico delle automobili. Che ha sempre trovato il tempo, fra le sue tante attività, di valorizzare il verde, di costruire parchi, di insegnarci l’amore per gli animali e per la natura.

L’ambiente è un tema troppo serio per essere affidato a Greta Thumberg o agli attivisti di Greenpeace.

Quello è un falso ambientalismo che si è tradotto nella cultura del no, nell’opposizione non soltanto alle energie fossili ma anche al nucleare, demonizzato senza ragione, anche ai pannelli solari o alle pale eoliche, accusate di consumo del suolo e di deturpare il paesaggio.

E’ un ambientalismo ideologico che si è tradotto in veri e propri paradossi, come la “decrescita felice”.

Come se potesse esserci qualcosa di felice nel rinunciare alle opportunità di vita, di realizzazione personale, di sicurezza, di salute, di benessere, che ci vengono offerte dalla modernità.

Come se si potesse chiedere alle moltitudini dei paesi più poveri di rinunciare allo sviluppo che giustamente esigono, di rinunciare addirittura a combattere la fame e le malattie.

L’ambientalismo, quello vero, quello che mettiamo al centro dei nostri programmi, è tutt’altra cosa.

L’ambiente è proprio la materia nella quale meglio si realizza quell’alleanza fra le generazioni, che secondo un grande pensatore liberale conservatore come Edmund Burke è l’essenza delle società ben ordinate. Il compito della nostra generazione è conservare il mondo che ci è stato lasciato da chi ci ha preceduto, ripararne i guasti, e consegnarlo nelle migliori condizioni a chi verrà dopo di noi.

Per questo è necessaria più scienza, più tecnologia, più ricerca, più industria, più crescita. Sviluppo e ambiente non sono antagonisti, sono alleati fondamentali per costruire un domani migliore. Come ci ricorda il nostro bravissimo Ministro Pichetto, “la transizione energetica coinvolge in Italia oltre un milione di posti di lavoro. È un tema che dobbiamo affrontare in modo concreto e senza pregiudizi ideologici”.

Questo significa naturalmente che la le risorse economiche e tecnologiche vanno poste al servizio dell’ambiente e della qualità della vita.

Non ha nessun senso negare i cambiamenti climatici o discutere se e quanto dipendano dall’uomo. La grande maggioranza della comunità scientifica ci dice che sono una grave emergenza, e che possiamo fare qualcosa, poco o tanto, per limitare i danni. Dobbiamo farlo, senza perdere un giorno.

L’Europa ha il dovere di dare il buon esempio, se vuole avere il diritto di chiedere sacrifici anche ad altri. E al tempo stesso, non è davvero un caso che i migliori risultati in tema di tutela dell’ambiente si siano finora ottenuti proprio nei paesi più avanzati dell’Occidente. Lo sviluppo non è contro l’ambiente, la libertà non è contro l’ambiente. Sono al contrario le condizioni per una concreta tutela ambientale. Condizioni che dovremmo favorire e potenziare anche attraverso la leva fiscale, non creando nuove tasse ma al contrario offrendo incentivi per i comportamenti virtuosi.

Invece non ha nessun senso compiere scelte improvvisate e frettolose, come alcune di quelle fatte in Europa negli ultimi anni, scelte che non servono o servono pochissimo al clima e che hanno un costo altissimo per le nostre società, le nostre imprese, i nostri agricoltori.

Non dimentichiamo che gli agricoltori hanno un ruolo essenziale anche nella difesa della natura e nella tutela dell’integrità del territorio.

Ridurre alla fame i nostri agricoltori in nome di politiche ambientali ideologiche significa ridurre alla fame noi stessi, significa favorire una concorrenza di qualità inferiore, una concorrenza che adotta metodi e tecnologie molto più dannosi proprio per l’ambiente.

Non possiamo permetterci guerre fra poveri. Gli agricoltori sono alleati, non avversari nella battaglia per salvare il pianeta. I trattori che bloccano le strade delle città europee forse sbagliano nel metodo, ma esprimono un problema vero, che l’Europa sbaglierebbe ad ignorare. 

Un’agricoltura rispettosa dell’ambiente, così come allevamenti rispettosi del benessere animale, sono la strada da seguire, in Italia, in Europa e nel mondo, nell’interesse degli stessi agricoltori e allevatori, nell’interesse del futuro del pianeta.

Al mondo agricolo italiano ci impegniamo a garantire un’adeguata tutela in sede europea, quella tutela che in passato l’Italia troppe volte ha fatto mancare.

Per tutelare l’ambiente senza rinunciare alla crescita è necessario disporre di fonti di energia sicure e non inquinanti. Energie rinnovabili ed energia nucleare sono le due strade da percorrere in parallelo. Anche l’Europa ce lo ha indicato. Sappiamo che la strada per realizzare il nucleare di quarta generazione in Italia è molto lunga, ma proprio per questo dobbiamo cominciare a percorrerla senza perdere altro tempo.

Il nucleare, con le tecnologie di oggi e del futuro, con gli standard di sicurezza applicati in occidente, è una scelta di medio periodo sicura, non inquinante, economicamente sostenibile.

Dunque sono necessarie concretezza e determinazione ad affrontare strade nuove per la tutela dell’ambiente.

L’ambiente è un tema sul quale non dovremmo dividerci sulla base di preconcetti ideologici.

E’ il dovere – che riguarda tutti – di tutela del Creato, al quale tante volte ci ha richiamato Papa Francesco.

La narrazione della sinistra ha descritto per molto tempo la società divisa in gruppi di interesse omogenei e contrapposti.

Un tempo, quando Marx andava ancora di moda, esisteva la teoria del conflitto di classe, fra lavoratori e imprenditori. E’ una visione della quale la storia ha fatto giustizia da molto tempo, ma ne hanno preso il posto altre contrapposizioni dialettiche: gli ambientalisti contro le aziende, i giovani contro gli anziani, le donne contro gli uomini, il sud contro il nord, i garantiti contro i non garantiti.

Noi siamo diversi dalla sinistra anche per questo, perché crediamo nelle persone, ognuna delle quali è portatrice di speranze, di interessi, di bisogni diversi, e perché crediamo nell’alleanza fra i gruppi sociali, fra le generazioni, fra le diverse aree del paese

Crediamo nei giovani senza penalizzare gli anziani.

E crediamo che la doverosa tutela degli anziani, dopo una vita di lavoro e di sacrifici, non debba andare a discapito delle opportunità per i giovani.

Nei confronti degli anziani consideriamo un dovere morale assoluto quello di realizzare la promessa di un progressivo adeguamento delle pensioni minime fino a 1000 euro al mese nel corso della legislatura. Un adeguamento che è già cominciato fin dalla prima legge di bilancio di questo governo. Forza Italia è garante del mantenimento di questo impegno verso i più deboli.

Proprio perché più deboli, gli anziani sono le prime vittime di problemi e criticità che riguardano tutti i cittadini: penso alla sanità pubblica, della quale gli anziani sono i maggiori fruitori, penso alla sicurezza, che vede gli anziani particolarmente esposti a truffe e aggressioni.

Vedere un anziano costretto ad attendere per mesi un esame o una visita, sapere di un anziano truffato, aggredito, rapinato, senza che si possa difendere, sono cose che fanno male al cuore, che offendono il nostro senso di giustizia. Dobbiamo affrontare questi problemi, che riguardano tutti i cittadini, con particolare attenzione proprio alla terza età.

Sulla sanità in particolare è necessario un grande lavoro, che non riguarda solo gli anziani. La sanità deve migliorare, anche con più risorse, con il rafforzamento della medicina di prossimità e dei medici di base. Serve dare una risposta al grave problema della carenza di personale medico, anche garantendo retribuzioni più adeguate ai medici e agli operatori sanitari.

Dobbiamo promuovere i diritti delle persone fragili, diversamente abili, in condizioni di povertà, non autosufficienti, escluse o marginalizzate, discriminate, al fine di garantire il benessere generale e la dignità di ogni persona in tutti gli ambiti. Serve più medicina digitale, al servizio del paziente 24h, per allentare la pressione sui Pronto Soccorsi e per ridurre le liste di attesa, in particolare proprio per gli anziani.

Serve tenere conto anche della salute mentale delle persone, ecco perché siamo favorevoli alla presenza dello psicologo anche nelle scuole di ogni ordine e grado.

Del resto, l’invecchiamento della popolazione è un fenomeno comune a tutte le società avanzate.

E’ un fenomeno grave, che non possiamo più trascurare.

C’è un tema importante di sostenibilità economica, ma al fondo c’è una questione culturale ancora più importante, per l’Europa e dell’Occidente.

Società che non fanno più figli sono società che non credono nel futuro, sono società rassegnate e ripiegate su sé stesse.

Favorire la natalità, lo dico senza esitazioni, significa mettere al centro la famiglia. Intendo la famiglia naturale, costituita da una donna e da un uomo, ed orientata alla procreazione e all’educazione dei figli.

Non lo dico da credente, pur essendo un cristiano cattolico, lo dico da laico liberale. La famiglia ha una funzione sociale, riconosciuta anche dalla Costituzione, che merita una tutela particolare.

Questo non significa meno rispetto per qualsiasi altro stile di vita. In uno stato liberale i cittadini non possono essere mai in nessun caso discriminati per le loro scelte e i loro legittimi orientamenti. Lo ripeto ancora una volta, per noi la libertà di ogni persona è sacra, in qualunque aspetto della vita. Ogni linguaggio di odio va combattuto e respinto, ogni tentativo di discriminazione o peggio di violenza deve essere contrastato con tutta la forza della legge.

Su tutti i temi etici Il Presidente Berlusconi da liberale ha sempre garantito libertà di coscienza, ma si è sempre pronunciato con chiarezza per la tutela della vita, dal concepimento alla morte naturale, e per la valorizzazione della famiglia. Noi naturalmente continueremo su questa strada con la più grande coerenza.

Invertire la tendenza demografica del resto non sarebbe possibile senza offrire una prospettiva ai giovani. Oggi si fanno meno figli anche perché è difficile – e molto costoso – garantire loro un futuro adeguato. Per la prima volta da secoli, le nuove generazioni potrebbero avere un tenore di vita inferiore a quelle che le hanno precedute.

I nostri padri e i nostri nonni sono passati attraverso due guerre mondiali, hanno saputo ricostruire un’Italia lacerata e ridotta in macerie, ci hanno consentito di vivere in un mondo fatto di benessere e di opportunità senza precedenti. Noi abbiamo il dovere di garantire lo stesso avvenire ai nostri figli e ai nostri nipoti.

Ai giovani dobbiamo offrire percorsi formativi più adeguati, garantendo al tempo stesso l’effettività della parità scolastica e il pluralismo degli indirizzi educativi.

Dobbiamo valutare con attenzione se cinque anni di istruzione superiore non siano troppi, se non sia il caso di anticipare di un anno l’ingresso dei ragazzi all’università e di conseguenza al mondo del lavoro, anche per non farli partire in svantaggio rispetto ai loro coetanei di tanti paesi europei.

Certamente va risolto il disequilibrio tra formazione e offerta di lavoro, orientando le studentesse e gli studenti a scegliere percorsi formativi più adatti. Siamo fra gli ultimi in Europa per la percentuale di laureati, con un notevole “disallineamento” tra i percorsi di studio e le esigenze del mercato del lavoro.

Dobbiamo ripensare determinate barriere d’ingresso all’Università, come sta ben facendo il Ministro Bernini per quanto riguarda la facoltà di Medicina, e al tempo stesso orientare una maggiore quota di studenti verso le materie cosiddette STEM, le materie scientifiche più utili alla crescita e più richieste nei settori dinamici del mercato del lavoro.

Non possiamo più permetterci di avere tanti giovani che hanno smesso di studiare ed hanno rinunciato a cercare un lavoro. Che vivono di lavoro nero o del sostegno delle famiglie. Tanti altri sono costretti ad accettare lavori precari o sottopagati. La colpa non è dei datori di lavoro, è di un sistema che rende moltiplica il costo del lavoro, in particolare per quanto riguarda l’occupazione giovanile. Per questo abbiamo pensato ad un reddito integrativo, perché non si può vivere – soprattutto in una grande città – con meno di 1000 euro al mese. Ma soprattutto vogliamo realizzare un grande piano di inclusione, per incoraggiare le imprese ad assumere i giovani, attraverso la detassazione del primo impiego per tre anni.  Meno oneri per le imprese e nessun onere per lo stato, perché chi non lavora e chi lavora in nero non produce alcun gettito fiscale.

Dobbiamo anche incoraggiare i giovani a diventare imprenditori. Possiamo per esempio offrire prestiti bancari con garanzia pubblica al 100% ai ragazzi che vogliono fare impresa, utilizzando i fondi Ue su tutto il territorio nazionale, e sgravi fiscali alle start-up innovative che nascono in Italia, attirando anche player internazionali. Il nostro sogno è far nascere nel nostro paese, magari al Sud, una Silicon Valley del Mediterraneo.

Vogliamo dunque che i nostri giovani più capaci non siano più costretti a cercare un lavoro adeguato all’estero. Ma non ci accontentiamo di questo. Vogliamo che l’Italia diventi un paese attrattivo per le menti più brillanti degli altri paesi. Vogliamo che vengano in Italia risorse umane di qualità, per contribuire ad un nuovo ciclo di sviluppo, puntando ad un rinascimento industriale, fondato sul capitale umano qualificato, in grado di attivare e attrarre nuovi investimenti. Ci possiamo riuscire, in Italia abbiamo condizioni di contesto molto apprezzate nel mondo, ma soprattutto abbiamo tutte le competenze necessarie.

Non possiamo però dimenticare i milioni di italiani che sono stati costretti a lasciare la Madrepatria per cercare fortuna in paesi lontani. Hanno reso e rendono ancora onore all’Italia.

A tutti loro questo congresso rivolge un saluto affettuoso e riconoscente.
In modo particolare ai giovani emigrati che oggi all’estero si inseriscono a pieno titolo nelle élites dei paesi ospitanti.

A proposito di giovani, il loro futuro passa anche attraverso la possibilità di avere una casa, a condizioni e in tempi ragionevoli.

Il tema della casa è essenziale. Significa la possibilità di dare il via ad un percorso di vita autonomo, di creare una nuova famiglia, di far nascere e crescere dei figli.

La casa di proprietà è un grande valore, non solo economico, ma anche morale e civile. Per questo dobbiamo intervenire con misure fiscali per rendere più accessibili i mutui per la prima casa.

Al tempo stesso, sappiamo che il mercato degli affitti, soprattutto nelle grandi città, è inavvicinabile per i giovani, e in molti casi non solo per loro. Le case in affitto non si trovano e se si trovano sono inavvicinabili. Noi vogliano tutelare i proprietari di case, per esempio con l’abbattimento dell’IMU su abitazioni locate a prezzo concordato. Senza danneggiare il settore privato è necessario e possibile aumentare l’offerta di edilizia residenziale pubblica: ci sono le condizioni per ricuperare 100.000 appartamenti in tempi brevi e con costi ragionevoli, riconvertendo strutture pubbliche inutilizzate o sottoutilizzate.

Non posso naturalmente trascurare, in questa riflessione sulle diseguaglianze, la più significativa di tutte, anche sul piano dei numeri. Mi riferisco alla grande questione femminile, alla discriminazione di cui sono ancora vittime le donne. Nella nostra visione liberale della società dovrebbero contare solo il merito, l’impegno, il talento. L’idea di una discriminazione basata sul genere di appartenenza dovrebbe essere altrettanto odiosa di quelle  basate sul colore della pelle o sulla fede religiosa.

Eppure di fatto il percorso della donne nel mondo del lavoro è molto più ricco di ostacoli, la conciliazione fra maternità e carriera è spesso penalizzante, a parità di mansioni le retribuzioni sono più basse. C’è di peggio. Il tasso d’occupazione femminile italiano è di quasi 20 punti sotto quello maschile, ed è tra i più bassi in Europa. Dobbiamo sostenere il lavoro delle donne e fare in modo che la maternità e la crescita professionale non si ostacolino vicendevolmente, per non costringere una donna a scegliere tra l’essere madre e la realizzazione nel lavoro.

Non è soltanto una questione di giustizia, è anche un tema di efficienza. Di fatto discriminando il genere femminile ci priviamo di capacità, competenze, potenzialità preziose per la società e per il sistema produttivo. Le azioni positive come le quote rosa, che in astratto sono contro i nostri principi, in concreto però sono uno strumento indispensabile fino a quando la parità, sancita dalle leggi diventerà anche una parità effettiva nel costume e nella prassi.

Cari amici,

abbiamo parlato di alleanza fra le generazioni, delle necessità di ricomporre la frattura fra giovani ed anziani. Ma c’è un’altra frattura, ancora più grave, della quale dovremmo scandalizzarci ogni giorno

E’ inconcepibile che ad oltre 150 danni dall’unità nazionale, esista ancora in Italia una questione meridionale. Peggio, il divario fra il Nord e il Sud del paese, in un secolo e mezzo, lungi dal ridursi, si è probabilmente aggravato.

In tutti i paesi esistono aree più o meno deboli, ma in nessuna nazione d’Europa esiste un divario interno così grave e così prolungato nel tempo.

Dobbiamo dirlo con chiarezza: quello del Sud non è un destino inevitabile, al quale ci dobbiamo rassegnare. Anzi, proprio la rassegnazione, anche di tanti meridionali, è il primo dei mali da combattere.

Non possiamo rassegnarci al fatto che un ragazzo nato al Sud debba trasferirsi al Nord o addirittura all’Estero per studiare o per trovare un lavoro adeguato alla sua formazione. Non possiamo rassegnarci al fatto che un’impresa del Sud debba affrontare la competizione dei mercati con l’handicap di collegamenti precari e infrastrutture inadeguate. Non possiamo rassegnarci al fatto che esista un contropotere mafioso che detta le sue regole su una parte del paese.

Un grande paese europeo non può permettersi di lasciare la metà del suo territorio, e un terzo della sua popolazione, ai margini dei processi di sviluppo. L’Italia non crescerà mai davvero se non crescerà tutta insieme.

Possiamo essere orgogliosi del fatto che i Governi Berlusconi siano stati, fino ad oggi, quelli che hanno investito più risorse nel Mezzogiorno d’Italia. Possiamo essere orgogliosi del fatto che i Governi Berlusconi siano quelli che hanno assicurato alla Giustizia il maggior numero di ricercati per i reati di Mafia, di Camorra, di ‘Ndrangheta, e che sia il Governo Meloni ad aver ottenuto la cattura dell’ultimo grande latitante, Matteo Messina Denaro.  Possiamo essere orgogliosi del fatto che sia stato il Governo Berlusconi a rendere più corta l’Italia, realizzando l’Alta Velocità ferroviaria fino a Salerno.

Ma tutto questo non basta. Occorre un nuovo ciclo di sviluppo, puntando ad un rinascimento industriale, fondato sul capitale umano qualificato, in grado di attivare e attrarre nuovi investimenti. Un modello di sviluppo che sostenga il mondo delle imprese e dia sostegno all’amministrazione per realizzare i progetti del PNRR e dei Fondi europei.

Le tensioni geopolitiche, l’esigenza di accorciare le filiere produttive e il rinnovato interesse per l’Africa, possono fare del Sud la nuova piattaforma logistica dell’Unione Europea e l’hub europeo dell’energia. Per sfruttare al meglio questa occasione servono investimenti per nuove infrastrutture, per prolungare ancora l’alta velocità, per potenziare la rete, per le attività portuali, per realizzare la grande opera simbolo, tenacemente voluta da Silvio Berlusconi, il Ponte Sullo Stretto, che finalmente vedrà la luce dopo decenni di ritardi imposti dai governi di sinistra.  Se oggi la realizzazione del Ponte è definitivamente avviata lo si deve al Governo Meloni, ma lo si deve anche alla tenacia dei due Governatori di Forza Italia della Calabria e della Sicilia, che non hanno risparmiato energie per arrivare a questo obbiettivo. Ora la grande scommessa, la grande prova che abbiamo davanti è rispettare tempi e costi, dimostrando agli scettici che l’Italia è in grado di realizzare nel migliore dei modi un’opera di ingegneria fra le maggiori al mondo, che cambierà il volto di due regioni.

Il Sud non vuole assistenza, ma crescita solida. Non vuole neppure una sterile contrapposizione con il Nord, che ha altri e diversi problemi. Forza Italia è un grande partito nazionale, il nostro impegno è da sud a nord per la crescita, senza trascurare il cuore della nazione, la nostra capitale, il simbolo dell’Italia nel mondo, il cuore della Cristianità. Roma capitale merita uno statuto speciale, come le altre grandi capitali europee.

Noi siamo per l’autonomia differenziata. Abbiamo sostenuto e vinto i referendum consultivi che si sono tenuti in Veneto e in Lombardia, che hanno espresso una forte richiesta di autonomia che era doveroso rispettare. Saremo sempre a fianco delle aree più produttive del paese, che non devono essere penalizzate, e questo nell’interesse di tutti.

Era tuttavia necessario avere la assoluta certezza che non si determinassero nuove sperequazioni ai danni del Sud.

Per evitarlo però non servono davvero a nulla proteste scomposte come quelle di qualche governatore.  Sull’autonomia differenziata Forza Italia ha compiuto invece un grande lavoro al Governo e in Parlamento. Attraverso l’introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni si garantirà una qualità dei servizi univoca in tutta Italia e si genererà una competizione positiva tra le Regioni per l’erogazione dei migliori servizi.

Naturalmente il rafforzamento dell’autonomia delle regioni è solo un aspetto della grande riforma dello Stato. Quella riforma che il presidente Berlusconi propose fin dal 1995, con un grande discorso alla Camera, pronunciato a nome di tutta la coalizione di centro destra. La sua proposta di allora è quella che stiamo realizzando oggi: l’elezione diretta del capo dell’esecutivo, in modo che siano i cittadini a scegliere la figura del leader da cui vogliono essere governati. In modo cioè da garantire stabilità e rappresentatività democratica.

Troppe volte negli anni il Parlamento ha sovvertito la volontà degli elettori. Prima del governo Meloni, dobbiamo risalire al 2008, all’ultimo governo Berlusconi per trovare un premier espresso da voto elettorale. Nel frattempo, abbiamo avuto governi – tutti di sinistra – nati da ribaltoni e da manovre di palazzo, costituzionalmente legittimi ma politicamente lontani dal principio stesso della democrazia rappresentativa.

La sovranità appartiene al popolo, è uno dei capisaldi della nostra costituzione. E noi al popolo la stiamo restituendo. Il ministro Casellati ha fatto uno straordinario lavoro di raccordo, di cui le sono grato, per giungere a un testo condiviso ed aperto al contributo di tutti. Un testo che non tocca le prerogative del Capo dello Stato, al quale voglio con l’occasione rivolgere a nome dell’intero congresso un saluto deferente.

Le riforme costituzionali appartengono a tutti, non ad una maggioranza. Questo però non significa che qualcuno abbia un diritto di veto. Io continuo a pensare che un percorso condiviso in Parlamento sia da augurare. Ma se la sinistra dimostrerà ancora una volta di essere il partito del no, avrà perso un’altra occasione storica per dimostrare di essere un’opposizione europea, responsabile, capace di assumersi delle responsabilità verso il paese. Un’opposizione che non fa tattica politica sulle grandi scelte per il futuro della Nazione.

Certo, siamo tutti in campagna elettorale. Importanti elezioni regionali si svolgeranno fra pochi giorni, e sono certo che gli elettori premieranno la proposta di buongoverno del centro-destra e la qualità dei candidati di Forza Italia in Abruzzo e in Sardegna.

Ma la prova decisiva che abbiamo di fronte sono certamente le elezioni europee.

Forza Italia si prepara per le elezioni europee con grande ottimismo e con grande fiducia. Tutti i riscontri ci sono favorevoli, il trend di crescita è confermato da tutte le case di sondaggi. Non ci interessa una competizione interna al centro-destra, come mi capita di leggere sui giornali: gli altri partiti della coalizione sono nostri alleati e noi speriamo abbiano successo.

Ma Forza Italia punta senza esitazione a raggiungere il 10% alle europee.

Punta a riportare a casa il 20% fra quattro anni, alle prossime elezioni politiche.

Non dobbiamo aver paura di essere ambiziosi, di fissare traguardi importanti, magari suscitando lo scetticismo di qualcuno.

Vogliamo riconquistare lo spazio elettorale che Forza Italia ha sempre avuto nella sua storia.

Sta a noi riuscirci, con la serietà, con l’impegno, con il lavoro quotidiano di tutti.

In queste elezioni europee ci sono ragioni importanti per votarci, che non riguardano solo la politica italiana.

Noi siamo la componente italiana dal Partito Popolare Europeo, la maggiore famiglia politica europea, quella che esprime oggi e continuerà ad esprimere in futuro i vertici delle istituzioni europee. Il messaggio di Ursula von der Leyen, la presenza al nostro congresso di Manfred Weber, di Roberta Metsola, di Antonio Lopez ci onorano, e li ringrazio dal profondo del cuore. Ma sono presenze che hanno anche un grande valore politico: i massimi vertici del popolarismo europeo sono con noi in un grande impegno comune per l’Europa e per l’Italia.   Questo ci consente oggi e ci consentirà in futuro di partecipare dall’interno alle politiche dell’Unione Europea. Nessun’altra forza politica si trova in questa condizione, né fra i nostri alleati né fra i nostri avversari.

Quindi dobbiamo spiegarlo bene agli elettori: il voto utile alle elezioni europee è quello per Forza Italia.

Più saremo forti, anche all’interno del PPE, più peso avremo nel governo dell’Europa, più l’Italia conterà in Europa.

L’Europa che vogliamo non è una somma di interessi e di egoismi nazionali, è una comunità di popoli uniti da valori condivisi, da una comune idea della persona, della libertà, della democrazia.  Un’Europa quindi in grado di esercitare un ruolo nelle grandi vicende del mondo globalizzato, sulla base dei valori e degli interessi condivisi fra i popoli europei.  

Un’Europa davvero unita, guidata da una figura che riunisca in sé quella di Presidente della Commissione europea e quella di Presidente del Consiglio europeo, una figura unica eletta direttamente dai cittadini europei.

Un’Europa capace di svolgere il suo ruolo nel mondo, grazie ad una comune politica estera e di difesa, supportata da forze armate comuni.

Nessuno stato nazionale oggi ha le dimensioni o la forza, né economica né militare, per competere alla pari con le altre grandi potenze mondiali, con la Russia, la Cina, l’India. Del resto, anche se la nostra fedeltà atlantica è assolutamente incrollabile, dobbiamo fare i conti con le possibili scelte isolazionistiche negli Stati Uniti, che potrebbero nel futuro lasciarci soli nell’affrontare per esempio l’espansionismo russo, i fenomeni migratori, gli effetti della crisi in Medio Oriente. Io spero e credo che questo non accadrà mai, ma certamente dobbiamo fare i conti con la legittima richiesta americana di un maggiore impegno dell’Europa nel concorrere alla difesa comune nell’Alleanza Atlantica.

L’Europa che vogliamo dovrà completare la riunificazione accogliendo i Balcani occidentali, aprendosi a paesi di recente ma consolidata democrazia che sono partner essenziali per l’Italia.

L’Unione Europea dovrà soprattutto darsi una fisionomia politica più definita. Noi abbiamo sostenuto Ursula von der Leyen e non ne siamo certo pentiti. Ha fatto un buon lavoro, il miglior lavoro possibile nelle circostanze date, e ne chiediamo con convinzione la riconferma.

Tuttavia l’Europa in questi anni ha sofferto di essere governata da una maggioranza consociativa, l’unica possibile, ma certo non la più efficace per dare alle istituzioni europee la necessaria unità di indirizzo politico. Provvedimenti affrettati e confusi come il Green Deal ne sono la conseguenza. Non è quello il nostro ambientalismo. E’ solo un modo inutile, e profondamente ideologico, di danneggiare i produttori europei. Così come la direttiva sulle case green, nonostante i miglioramenti che siamo riusciti ad ottenere, impone sacrifici intollerabili ai proprietari di case.  Occorre una svolta: non vogliamo meno ambiente, vogliamo più ambiente, ma un ambientalismo serio, non ideologico, compatibile con il benessere degli europei.

Un’Europa capace di sostenere un serio Green Deal e un vero Esercito europeo emettendo debito comune, proprio come è accaduto – anche per la nostra insistenza – all’epoca della pandemia per il fondo Sure e per Next Generation EU. Titoli emessi dall’Unione europea, ma garantiti da tutti gli stati. I capitali in cerca di titoli sicuri nei quali investire sul mercato europeo non mancano davvero.

E’ questa una delle grandi sfide del prossimo quinquennio.

Idealmente, preferirei che potessimo affrontare questa sfida con una maggioranza di centro-destra a supporto della signora von der Leyen. Una maggioranza come quella che mi ha eletto alla Presidenza del Parlamento Europeo nel 2017, con un centro-destra simile a quello con il quale governiamo in Italia.

Ma non è detto che i numeri e le condizioni lo consentano.

Certamente noi Popolari non potremo collaborare con forze di estrema destra o di estrema sinistra che contraddicono i nostri valori di riferimento e la nostra idea di Europa.

Comunque vada, il PPE sarà la prima forza politica europea, quella senza la quale nessuna maggioranza sarà possibile. Del resto i padri fondatori dell’Europa appartengono alla nostra cultura cristiana e liberale e alla nostra famiglia politica: penso ad Adenauer, a Schumàn, al nostro Alcide De Gasperi che in un’Europa uscita lacerata dalla guerra ebbero il coraggio di pensare ad un futuro di pace, di collaborazione, di unione fra i popoli europei.

Votare per Forza Italia, quindi per i Popolari, significa votare per quel sogno. Significa votare per un’Europa più forte e più vicina ai cittadini. Significa votare per una migliore tutela dei nostri interessi.

Per questo faccio appello a tutte le forze che si riconoscono nel Popolarismo, alle realtà civiche, a tutti gli elettori che condividono le idee liberali e i valori cristiani, che credono nell’Europa. Non disperdiamo neppure un voto. Venite con noi a costruire un grande partito popolare e liberale di tipo europeo!

Non è però solo una questione elettorale, è un grande progetto politico per costruire la “Dimora degli italiani”, la pietra angolare della politica italiana. Una grande forza capace di dare sicurezza agli elettori che cercano quel “centro di gravità permanente” (per dirla con Battiato) del quale la politica italiana ha un grande bisogno.

Forza Italia è pronta a questa battaglia decisiva. Siamo un partito in salute, che ha saputo ritrovare nell’insegnamento di Silvio Berlusconi la capacità di andare avanti nonostante la sua assenza incolmabile.

Vorrei davvero dirvi grazie uno per uno, perché ognuno di voi ha fatto la sua parte, una parte importante, perché questo nuovo miracolo fosse possibile. Con moltissimi fra voi ci conosciamo da anni o decenni, con tanti altri ci siamo conosciuti in questi mesi di intenso lavoro comune. Voglio dirvi che al di là della politica, delle idee e dei valori che ci uniscono, questa è stata un’esperienza umana straordinaria, che non ha uguali nella mia vita.

Voglio dire un grazie anche a tutti coloro che sono venuti prima di noi, che hanno ricoperto nel passato ruoli importanti in Parlamento, al Governo, come dirigenti di partito, nello staff del presidente Berlusconi. Alcuni purtroppo ci hanno lasciato. Molti hanno mantenuto un impegno pubblico in ruoli importanti. Voglio assicurare che non dimenticheremo mai il loro impegno, il loro contributo, la loro capacità di scrivere pagine importanti della nostra storia.

Io credo che il Presidente Berlusconi ci guardi dal Cielo e sia orgoglioso di questa sala. Sia orgoglioso di questo suo partito.

Credo che abbiamo una delegazione al governo di prim’ordine, fatta dei colleghi Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari che svolgono il loro compito con autorevolezza, e abnegazione, raccogliendo ovunque grandi attestazioni di stima.

Abbiamo dei gruppi parlamentari che sono riconosciuti da tutti come i più competenti e i più qualificati del Senato, della Camera, del Parlamento Europeo. Un grazie di cuore a tutti loro e in particolare ai nostri bravissimi capigruppo Paolo Barelli, Maurizio Gasparri e Fulvio Martusciello.

Abbiamo cinque presidenti di regione, da sud a nord, da regioni grandi a regioni piccole, ciascuno dei quali è un esempio di buon governo. Consentitemi fra loro di rivolgere un saluto particolare al governatore della Basilicata, generale Vito Bardi, che fra poco si sottoporrà al giudizio delle urne e che sono sicuro condurrà il centro-destra ad una nuova meritata vittoria.

Abbiamo tanti consiglieri e assessori regionali, tanti sindaci, tanti amministratori locali che mantengono uno stretto rapporto con il territorio, favorendo la crescita della credibilità di Forza Italia. La nostra classe dirigente nelle regioni e nei comuni è un patrimonio prezioso al quale dovremo attingere abbondantemente nelle prossime candidature al parlamento europeo e più in là per quello nazionale.

E poi ci sono i tanti dirigenti di Forza Italia, il nostro portavoce, i responsabili degli uffici nazionali, i coordinatori regionali e provinciali, i dirigenti locali che tengono alta la bandiera di Forza Italia in tanti comuni piccoli e grandi. Sono tutti volontari, non percepiscono un euro per questo loro impegno, anzi spesso devono finanziare di tasca loro l’attività di Forza Italia. Abbiamo operato nelle scorse settimane un profondo rinnovamento, eleggendoli dal basso in occasione dei congressi provinciali.

 A tutti loro un grazie di cuore, senza di loro tutto il resto non esisterebbe.

E ancora un grazie voglio porgere alle nostre organizzazioni interne, a Forza Italia Giovani, ad Azzurro Donna, ai Seniores, tre realtà importanti e attive, sempre in prima linea nelle iniziative sul territorio, molto attive e molto capaci di proposta politica nei settori di loro competenza.

Ancora, voglio ringraziare tutti i membri della Consulta e in particolare la sua Presidente Letizia Moratti, che ha messo a disposizione la sua autorevolezza e la sua competenza. Il prestigio dei componenti della consulta e la qualità dei contributi che ci fanno pervenire è di grande importanza per la nostra azione politica.

Infine, non posso non rivolgere un saluto colmo di gratitudine alla famiglia Berlusconi, ai familiari del nostro Presidente che in questi mesi hanno seguito con affetto il mio e nostro impegno per continuare la straordinaria opera del nostro fondatore. E un grazie di cuore al dottor Gianni Letta, che non ha mai voluto essere uomo di partito ma che è stato il più stretto e il più autorevole collaboratore nel nostro Presidente e che più di ogni altro rappresenta la continuità con lui, con la sia vita, con ul suo insegnamento.

Cari amici,

da domani il segretario di Forza Italia sarà eletto dai voi, che rappresentate i nostri aderenti, i nostri militanti, i nostri elettori. Non è solo un passaggio formale, richiesto dallo statuto, è un fatto politico importante. Se nessuno può sostituire Silvio Berlusconi, che non aveva bisogno di legittimazioni, nessuno può aspirare a guidare la sua creatura politica senza il vostro consenso e il vostro appoggio.

Se domani vorrete confermare con il vostro voto la mia candidatura, questo sarà il più grande onore della mia vita ma anche la più grande responsabilità. Vi prometto di metterci ancora più dedizione, ancora più passione, ancora più entusiasmo.

Ma avrò ancora più bisogno dell’aiuto di tutti voi, di ciascuno di voi: dei Vice Segretari, dell’Ufficio di Segreteria, del Consiglio Nazionale, di ogni singolo militante di Forza Italia. Avrò bisogno di avere intorno una famiglia politica unita, come lo è in questo congresso e come Silvio Berlusconi ha sempre voluto Forza Italia.

Insieme, sono certo che ce la faremo.

Sono certo che le elezioni europee saranno il primo passo, per tornare ad occupare lo spazio politico che ci spetta.

Per tornare a rappresentare l’Italia moderata, di centro, alternativa alla sinistra. L’Italia cristiana, liberale, riformatrice. L’Italia fatta di persone serie che alla politica chiedono prima di tutto serietà.

Questa è Forza Italia, questo è il grande sogno di Silvio Berlusconi.

Sta a noi, fin da domani, esserne all’altezza

Perché, come avrebbe detto il nostro Presidente, chi ci crede combatte, chi ci crede supera ogni ostacolo, chi ci crede alla fine vince!


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