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Dopo il voto di Bruxelles le divisioni tra riformisti e pacifisti: Schlein sempre più isolata, per il Pd deve ascoltare il Quirinale
Il Pd che cerca di ricomporre se stesso è una barca che fa acqua da tutte le parti. Copri una falla e se ne apre un’altra.
Se a questo aggiungiamo l’azione degli avvoltoi e dei guastatori, di quanti vorrebbero vederla affondare, il quadro della situazione è completo.
Piazza del Popolo svuotata di bandiere europee è una piazza piena di incubi e di fantasmi. Le stesse divisioni che agitavano i manifestanti si sono trasferite In Parlamento dove si prepara la presentazione delle risoluzioni. Il tentativo di ricucire uno strappo profondo, la lacerazione provocata dal voto dell’Europarlamento, un’impresa tutt’altro che facile.
Domani alla Camera assisteremo ad un acrobatico balletto delle mozioni. Più semplice sarà invece il passaggio di oggi al Senato dal momento che si voterà una sola risoluzione, quella del governo e le altre per regolamento non saranno ammesse. Decisivo sarà dunque l’incontro di oggi, alle 11, tra i capigruppo dem di Camera e Senato.
Si proverà a gettare un testo “condiviso” – un parolone, più giusto sarebbe dire “digeribile” – da entrambi gli schieramenti. Le distanze tra i fedelissimi della segretaria Elly Schlein, contrari al piano di riarmo Ue della von der Leyen, e i riformisti che hanno optato per il Si evitando spaccature con i socialisti e i popolari europei, restano abissali. L’astensione degli 11 europarlamentari dem è un fragoroso “No”che ha scavato un solco.
Francesco Boccia, capogruppo in Commissione esteri a Montecitorio, la capogruppo alla Camera Chiara Braga, Alessandro Alfieri, capogruppo in Senato e coordinatore della minoranza, Enzo Amendola, responsabile Esteri a Palazzo Madama dovranno trovare una quadra.
Il compito di riunire le due linee di racconto spetterà a Beppe Provenzano. Dovrà trovare un formulario “democristiano” , una sintesi che possa andare bene a tutti. Un artificio dialettico, un “voyage autour de ma chambre”. Per dire e al tempo stesso non dire. Che, ad esempio, il piano Ue va bene solo se si accettano dei correttivi.
Un ibrido: la Schlein non sembra affatto disposta ad arretrare di un solo centimetro e i riformisti per il momento non vorrebbero accentuare le divisioni.
L’unica cosa certa è che il Congresso non lo vuole nessuno. Idem il referendum degli iscritti, una proposta non ancora esplicitata ma che ha ricorda certe suggestioni 5Stelle. C’è chi si è mosso per suggerire alla Schlein una visita al Colle, un colloquio con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un incontro che potrebbe schiarirle le idee e riportarla verso posizioni meno intransigenti.
Del resto si sono schierati con la von der Leyen – chi più chi meno apertamente – i padri fondatori dell’Ulivo e del Pd: Romano Prodi, Walter Veltroni, Paolo Gentiloni, Enrico Letta e quel Pier Luigi Castagnetti che ha da sempre un rapporto privilegiato con il mondo cattolico.
Da Andrea Riccardi, (Sant’Egidio) non si sono levate parole di fuoco contro la baronessa tedesca.
Stesso dicasi per Pier Ferdinando Casini e Graziano Delrio. Del resto cosa avrebbero fatto in simili bellicose circostanze Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano?
Nel campo riformista si ragione intorno a questi quesiti, “Elly si faccia una domanda e si dia una risposta…”. Senza nessuna smania secessionista ma solo voglia di fare chiarezza e fermare qualsiasi deriva a sinistra che appiattirebbe il Pd sulle posizioni di Giuseppe Conte e Avs.
“Non penso che dobbiamo leggere questa vicenda esclusivamente dal punto di vista del Pd ma dal punto di vista del futuro dell’Europa e del nostro Paese – argomenta Andrea Orlando – Se si chiede agli italiani di procedere verso una economia di guerra, quindi con la possibilità di ridurre altri servizi, bisogna coinvolgere gli italiani che ho visto nei sondaggi, per due terzi, sono contrari”.
“Il consiglio che do ai gruppi parlamentari è quello di non guardare agli equilibri interni ma di provare a mettersi in sintonia con un sentimento che viene dall’opinione pubblica. Perché una discussione fatta tutta dentro le élite rischia di essere una discussione che non tiene conto di un profondo sentimento popolare che non può essere determinante ma non può essere ignorato”.
I gruppi parlamentari presenteranno ciascuno la propria proposta.
Azione ha già fatto sapere che la sua sarà identica alle risoluzioni su Ucraina e difesa approvate al Parlamento europeo.
Una trappola per i 10 parlamentari dem che l’hanno già approvata.
Più Europa si schiera a favore del riarmo europeo e della prosecuzione del sostegno a Kiev.
Al contrario i 5 Stelle confermano la linea della netta contrarietà al ReArm Eu e chiedono sia sostituito da un piano di investimenti su sanità e lavoro. Posizione simile a quella di Avs.
“Buttare 800 miliardi di euro in nuove armi significa suicidare l’Europa e il suo progetto”, ha detto anche oggi Nicola Fratoianni. “Noi non possiamo sconfessare il voto dei ‘nostri’ in Europa”, avvertono dall’area riformista. Rimettere insieme i cocci è operazione complicata ma possibile “se c’è la volontà politica di farlo”, si sottolinea.
Un solo Pd, una sola mozione. Ma quanto potrebbe reggere un accordo così apertamente provvisorio e di facciata?
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