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Sta creando polemiche sterili, prese di posizione da Inquisizione, denunce penali, accertamenti ministeriali il fatto che la casa d’aste Bertolami Fine arts di Roma abbia messo in vendita una copia del volantino originale con il quale le Brigate Rosse rivendicarono l’omicidio dell’onorevole Aldo Moro e l’uccisione della sua scorta.

Le polemiche, tra l’altro, hanno fatto da detonatore alla promozione dell’asta, infatti l’Adn Kronos, informa che già 34 richieste di acquisto sono giunte, facendo arrivare il rialzo dell’offerta a 8.000 euro, e molte altre ne arriveranno. Il fronte della polemica da destra a sinistra ritiene politicamente scorretto che ci sia un’asta su un materiale storico che ha un suo interesse.

I collezionisti di questi reperti, di ogni provenienza storica, contribuiscono spesso a ricostruire gli avvenimenti, e non si comprende la ragione dello scandalo. In pochi hanno infatti riportato la dichiarazione dell’amministratore della casa d’asta, Giuseppe Bertolami, che a riguardo della vicenda ha detto: «I collezionisti di documenti storici non sono speculatori, né volgari voyeur. Sono al contrario degli appassionati di storia, persone che la storia la studiano e la rispettano e che, talvolta, grazie alle loro piccole scoperte, contribuiscono anche a ricostruirla. È facile prevedere che chi comprerà quel foglio lo conserverà come una reliquia, una testimonianza dolorosa quanto preziosa della memoria della nostra comunità».

Sono molti, infatti, che ricercano e custodiscono documenti originali della Guerra di Spagna, della lotta armata italiana, del fascismo nei personali archivi o in collezioni tematiche e generaliste. Né è la prima volta che si vendono volantini delle Br. Nel 2012, per esempio, da Bolaffi, Marcello Dell’Utri, noto bibliofilo e non certo sospettabile di simpatie eversive di sinistra, acquistò 17 volantini e documenti delle Brigate Rosse risalenti al periodo 1974-1978 che ritengo siano ancora custoditi alla Fondazione Biblioteca di Milano. Molti altri sono conservati in centri di documentazione e in archivi privati di cultori di materia e studiosi degli anni Settanta.

Il coro d’indignazione forse vorrebbe distruggere il materiale storico alla base della ricerca e dello studio? E se la politica cerca spazio non si comprende invece l’intervento di autorevoli giornalisti come Mario Calabresi che su Twitter ha dettato la linea: “Queste pagine grondano sangue, non possono essere comprate o vendute, diventare oggetto di collezione. L’unico luogo dove possono stare è nelle Case della Memoria a ricordarci la barbaria che fu il terrorismo”. Che il terrorismo italiano sia stato bocciato dalla Storia è una consapevolezza anche della maggior parte anche di chi ne fece parte, stabilire come e dove deve essere archiviata è un altro discorso. Forse Calabresi vuole impedire a suoi colleghi o storici di acquisire un documento?

Facciamo chiarezza sul volantino messo all’asta

Per tornare alla questione del volantino messo all’asta facciamo chiarezza sul documento. Il volantino che è stato messo all’asta, non è quello originale dei nove dattiloscritti battuti a macchina dalla celebre Ibm che usarono i brigatisti.

Fa parte di quelli diffusi dall’organizzazione per la sua propaganda clandestina, come faceva la Resistenza ai tempi del nazifascismo, e di cui da conto nel suo blog Paolo Persichetti, ex aderente alle Br e che da tempo si occupa di ricerca storica sull’argomento. Persichetti basa la sua documentazione su un rapporto della Questura di Roma, che il 29 aprile 1978 riporta numeri e zone di rinvenimento di quelli sequestrati. Molti andarono a singoli cittadini. Il volantino battuto all’asta fa parte di quella diffusione. Una parte fu sequestrata dalla Digos.

Sul caso Moro è ancora aperta una ferita di una nazione. Si continui la ricerca storica seria che ha bisogno dei documenti originali per essere ben compresa. L’isteria e le urla servono solo alla propaganda di parte.


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