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L'ex Ilva di Taranto

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Il dramma del centro siderurgico di Taranto (Ex Ilva), un fallimento che si cerca di superare con scelte da realizzare in futuro, ma non dimenticare le responsabilità del passato

Ho già scritto, in una delle mie ultime note, la serie di errori e di responsabilità politico – istituzionali di chi ha gestito, nei primi mesi, in realtà nel primo anno, il Piano Nazione di Ripresa e di Resilienza (PNRR) ed ho cercato anche di esporre, in modo dettagliato, quanto sia stato negativo l’operato del Governo Conte.

Questa nota, invece, cerca di elencare le responsabilità e gli errori del Ministro dell’allora Sviluppo Economico Luigi Di Maio e penso che nessuno possa mettere in dubbio il mio sistematico impegno nel seguire le assurde evoluzioni, le assurde involuzioni con cui il Ministro Luigi Di Maio ed il Movimento 5 Stelle, schieramento chiave della passata Legislatura, hanno praticamente portato verso una crisi irreversibile il centro siderurgico di Taranto. Sembrava davvero impossibile che uno schieramento politico potesse, in soli quattro anni, distruggere un impianto che aveva raggiunto il primo posto fra i centri siderurgici della Europa.

Chi mi legge ricorderà che meno di un mese fa, prima dell’assemblea di Acciaierie d’Italia del 23 novembre scorso, avevo anticipato integralmente le decisioni che sarebbero state prese in Assemblea e avevo ribadito che la mia non era solo una apprezzabile previsione perché, dopo quasi sei anni di vera follia gestionale sia da parte del Socio privato che da parte del Socio pubblico, era praticamente scontato quello che sarebbe successo il 23 novembre. Tuttavia ancor più grave, ed a questo punto rischiamo di entrare in una irreversibilità della emergenza Taranto, è quanto successo nell’Assemblea, sempre di Acciaieria d’Italia, rimasta aperta sin dallo scorso 23 novembre.

L’Assemblea, in realtà, doveva deliberare un fabbisogno finanziario fino a 1,5 miliardi di euro per rilanciare l’impianto siderurgico ed invece si è chiusa con la indisponibilità dell’azionista di maggioranza privato Arcelor Mittal (la cui partecipazione si attesta su un valore del 62%) a partecipare alla operazione. Di fronte a questo atteggiamento dell’azionista di maggioranza che definii scandaloso prospettai la opportunità che il Governo assumesse le decisioni che da mesi proponevo e che da mesi rimangono inascoltate; proposte che riporto ancora una volta di seguito

  1. Lo Stato annulli il rapporto contrattuale con Arcelor Mittal per inadempienze degli impegni contrattuali (doveva produrre 10 milioni di tonnellate di acciaio, oggi siamo ad appena 3 milioni);
  2. Lo Stato subentri integralmente nella gestione dell’impianto assicurando le adeguate risorse pari ad una quota annuale di 1,2 miliardi di euro per un arco temporale di quattro anni. Di tale importo una quota del 40% venga utilizzata per la riqualificazione funzionale della città di Taranto e del suo hinterland;
  3. Lo Stato, dopo trenta giorni dall’approvazione della Legge di Stabilità, nomini un nuovo Consiglio di Amministrazione;
  4. Lo Stato incarichi una primaria Società per la redazione di un apposito master plan del processo di riqualificazione funzionale della città di Taranto e del suo hinterland di cui al punto 2.

Queste possibili scelte che in realtà cercano di porre fine ad un triste percorso che senza alcun intervento urgente porterebbero verso la chiusura dell’impianto e quindi al contestuale licenziamento di oltre 20.000 lavoratori diretti ed indiretti, trovano, senza dubbio un preciso responsabile che ci ha portato a questa triste e drammatica conclusione. Elenco quindi per punti i passaggi, gli errori e le responsabilità che ci consentono di evitare che questo triste epilogo cada nel dimenticatoio.

  1. Vi era stata una gara internazionale per la gestione dell’impianto siderurgico ed era risultato vincente nel 2017 il raggruppamento Arcelor Mittal a cui l’allora Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda aveva affidato l’impianto sottoscrivendo apposito atto contrattuale. Dopo meno di un anno, con l’arrivo del Ministro Luigi Di Maio al Ministero dello Sviluppo Economico, il contratto venne ritenuto inaccettabile e da rivedere integralmente. In fondo il Movimento 5 Stelle aveva, nella campagna elettorale del marzo 2018, ottenuto in Puglia un grande successo proprio assumendo l’impegno di chiudere, una volta al Governo, l’impianto in quanto altamente dannoso per la salute pubblica. Il Ministro Di Maio istituì un tavolo mirato a rivedere integralmente il contratto ritenuto addirittura “scandaloso” e, in caso di mancata accettazione delle modifiche da parte di Arcelor Mittal, il Ministero avrebbe proceduto all’annullamento del contratto stesso. Dopo alcuni mesi l’Avvocatura Generale dello Stato fece presente che in realtà il contratto andava bene e, con piccole modifiche al numero di esuberi fissato inizialmente, Arcelor Mittal rimase gestore.
  2. Però la storia non finisce qui: sempre con una iniziativa del Movimento 5 Stelle, in particolare dell’allora Ministra del Sud Barbara Lezzi fu tolto, attraverso un provvedimento legislativo, il cosiddetto “scudo penale” ai gestori dell’impianto per i reati commessi in precedenza e questa variazione portò Arcelor Mittal ad aprire un contenzioso e ad annunciare la possibilità dell’abbandono dell’impianto. La motivazione della rivisitazione del contratto da un lato e della crisi dell’acciaio nel mercato mondiale dall’altro, hanno portato, in realtà, il gruppo Arcelor Mittal a non continuare il rapporto con le stesse condizioni iniziali. Da quel momento, siamo già nel 2019, si è avviato un confronto – scontro sistematico che ha praticamente avviato una crisi irreversibile dell’impianto
  3. Dal 2018 fino ad oggi siamo in possesso di un album vergognoso di comportamenti e di errori commessi oltre che dal Ministro Di Maio che senza dubbio riveste in questa assurda e paradossale “bomba sociale” un ruolo determinante, anche di altri soggetti, siamo infatti in possesso di atti e di scelte assunte o non assunte: dal Presidente Conte che in una delle sue visite a Taranto aveva anche chiesto consigli agli operai dell’ex ILVA riuniti in assemblea; da un Sindacato convinto, sin dall’inizio, di aver perso e quindi disposto solo a trattare una difficile cassa integrazione. Solo il rappresentante della UILM Palombella ha cercato, in tutti i modi, di non cadere in questa stupida rassegnazione; da un Presidente della Regione che ha solo perseguito l’obiettivo della “decarbonizzazione” dell’impianto senza mai comprendere che nel frattempo Arcelor Mittal stava solo effettuando una chiara melina prima di uscire dalla gestione dell’impianto; da un Sindaco di Taranto che forse si è reso conto troppo tardi di essere stato escluso da ogni confronto e di rimanere solo uno spettatore di decisioni che forse non arriveranno mai; 4. Dal 2021, cioè dal Governo Draghi in poi, la situazione è diventata sempre più preoccupante ed è emersa chiaramente la volontà di Arcelor Mittal di essere praticamente ormai disinteressata al rilancio del centro e, mi spiace dirlo, fino all’autunno del 2022, cioè fino alla fine della gestione Draghi non si è neppure capito che ci si avviava verso la chiusura o un forte ridimensionamento dell’impianto.

Questo Governo ha capito la grave emergenza e sin dall’inizio ha capito che la mancata soluzione rischiava e rischia di produrre, addirittura, una crisi nella stessa maggioranza. Penso, anzi ne sono ampiamente convinto, che la stessa Presidente Meloni ha compreso il rischio di un ulteriore rinvio nella soluzione della crisi dell’intero “Sistema Taranto”. Non vedo invece preoccupati i veri responsabili di una simile triste conclusione mi riferisco all’ex Ministro Di Maio che grazie al Presidente Draghi oggi ricopre un ruolo prestigioso per l’Unione Europea. Il suo incarico, infatti, è quello di Rappresentante Speciale della Unione Europea nel Golfo Persico. Il suo mandato è iniziato il 1° giugno 2023 e al momento non è nota la fine della sua attività nel territorio mediorientale ma in teoria dovrebbe durare un massimo di 21 mesi.

Non vedo preoccupato l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che invece è impegnato, nel suo ruolo di Presidente del Movimento 5 Stelle, a denunciare errori e responsabilità dell’attuale Governo; forse farebbe bene a meditare a lungo gli errori e le responsabilità accumulate dal suo Movimento e, al tempo stesso, il Parlamento farebbe bene ad istituire una Commissione di inchiesta per esaminare, in modo capillare, i comportamenti e gli atti formali compiuti nei primi mesi, nel primo anno di avvio del PNRR, dal Governo e dal Parlamento. Si fanno tante Commissioni di inchiesta anche per la morte prematura dei rettili della Locride, forse una Commissione di inchiesta che chiarisse i motivi e le cause che non ci consentiranno di utilizzare in pieno un volano di risorse così elevato e vitale per la crescita del Paese, sarebbe senza dubbio più utile.


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