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Vince il concorso per dirigente scolastica e il ministero dell’Istruzione dalla provincia di Bari, dove la professoressa ha la residenza, la trasferisce in Lombardia senza tenere in considerazione le sue condizioni di salute. La docente, infatti, ha una disabilità che le impedisce di potersi trasferire sola lontano da casa, per questo decide di non accettare l’incarico al Nord e, di tutta risposta, il ministero la «depenna» dalla graduatoria.

Il provvedimento è stato impugnato davanti al Tribunale di Bari che ha dato ragione alla docente: il ministero non ha rispettato quanto prevede la legge 104 del 1992 e ha sostanzialmente leso il diritto alla tutela della salute. Per questo motivo, adesso l’insegnate dovrà essere riassegnata, assegnandole una sede in Puglia quanto più vicina al luogo di residenza. Una sentenza che segna un altro punto a sfavore per il ministero dell’Istruzione e che evidenzia l’incongruità di alcuni criteri adottati nell’assegnazione delle sedi per professori e dirigenti scolastici.

A presentare il ricorso per conto della docente è stato l’avvocato Gianluigi Giannuzzi Cardone: «Il Tribunale di Bari – spiega – accogliendo il ricorso proposto da una nostra assistita, ha affermato che il mancato rispetto della condizione di disabilità da parte del datore di lavoro può giustificare il rifiuto del lavoratore a prendere servizio». «In assenza di una specifica disposizione di legge – si legge nel dispositivo – e in mancanza di un’adeguata ragione giustificativa» l’elusione della disciplina dell’articolo 21 della legge 104/1992 comporta la violazione di diritti costituzionali posti a tutela delle situazioni di invalidità nei luoghi di lavoro.

«Nel caso posto all’attenzione del Tribunale – prosegue il legale – la ricorrente da me assistita ha lamentato che, in occasione dell’assegnazione delle sedi ai vincitori del concorso per dirigente scolastico, non era stata tenuta in considerazione la propria condizione di salute e, per tale motivo, aveva rifiutato di prendere servizio nella sede di lavoro indicata dal ministero, in quanto notevolmente distante rispetto alla regione di residenza».

E il Tribunale ha giustificato la condotta della lavoratrice in quanto «la pretermissione di una prerogativa di legge, spettante in capo alla stessa ricorrente, ha certamente rappresentato un giustificato motivo di rifiuto dell’attribuzione di incarico». In definitiva, adesso il ministero dell’Istruzione dovrà riconsiderare la posizione della lavoratrice ed assumerla nel ruolo dei dirigenti scolastici assegnandola in una sede della regione di residenza.

Con un altro provvedimento simile, d’altronde, il Tribunale di Lecce qualche settimana fa ha stabilito che gli insegnanti hanno diritto alla sede più vicina alla propria città di residenza, in linea generale. La vicenda riguardava un docente che vive in provincia di Brindisi, ma che l’Ufficio scolastico aveva assegnato ad un istituto del Leccese, «ignorando» la preferenza dell’insegnante.

«Deve ritenersi contrario a buona fede adottare un criterio di assegnazione delle sedi che lede l’aspettativa dei docenti a vedersi assegnare la sede più vicina possibile alla propria residenza senza contestualmente salvaguardare un apprezzabile interesse datoriale»: è stata questa la motivazione con cui il Tribunale di Lecce ha accolto l’istanza del professore. Due provvedimenti che aprono la strada a migliaia di ricorsi.

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