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Uno stand di propaganda di CasaPound

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BARI – Il Tribunale per i Minorenni di Bari ha condannato a 11 mesi di reclusione (pena sospesa) un giovane attivista barese di CasaPound ritenuto responsabile di riorganizzazione del disciolto partito fascista. L’imputato, che all’epoca dei fatti contestati aveva 16 anni, è tra coloro che furono identificati come i presunti responsabili dell’aggressione squadrista avvenuta a Bari il 21 settembre 2018 nei confronti di un gruppo di manifestanti antifascisti di ritorno da un corteo organizzato in occasione della visita nel capoluogo pugliese dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.

In particolare l’imputato, assistito dall’avvocatessa Lydia Ardito, è stato giudicato colpevole di aver fatto parte di un gruppo con «finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando e minacciando e usando la violenza e il metodo squadrista quali strumenti di partecipazione politica». E’ stato invece assolto «per non aver commesso il fatto“ dall’accusa di lesioni aggravate ai danni di uno dei manifestanti, non identificato ma il cui pestaggio è stato ricostruito grazie alle immagini delle telecamere di videosorveglianza, che sarebbe stato «rincorso, accerchiato e picchiato selvaggiamente» con una cintura.

Si tratta della prima sentenza sui fatti del settembre 2018. Per altre 28 persone, sette delle quali hanno chiesto la messa alla prova, è in corso dinanzi al Tribunale di Bari l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio. L’imputato, con altri due esponenti di CasaPound, è a processo anche per un’altra vicenda legata al suo attivismo nel movimento politico di estrema destra, relativa ad uno striscione contro l’Associazione partigiani.

«L’assoluzione dall’aggressione squadrista è il punto rilevante di questa sentenza, perché il Tribunale ha ritenuto che il mio assistito non abbia preso parte alle condotte violente di quella concitata sera. Con riferimento alla condanna per la violazione della legge Scelba e, quindi, alla ritenuta sussistenza del reato di ricostituzione del disciolto partito fascista, valuteremo se impugnare la sentenza in appello». Ha commentato l’avvocatessa Lydia Ardito.

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