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Uno dei tuguri utilizzati dalla ragazze costrette a prostituirsi

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La crudeltà e la spregiudicatezza dei protagonisti dell’organizzazione che ha sfruttato per anni a Bari 50 ragazze provenienti dalla Romania sgominata con 20 arresti dall’operazione Lover boys di polizia e Dia, la si evince dalle intercettazioni riportate nell’ordinanza firmata dal giudice delle indagini preliminari Antonella Cafagna. Su tutti quelle del 29enne Marius Alin Ceaciru, considerato il capo della rete nella quale le giovani, alcune minorenni, finivano sotto regime di schiavitù e costrette a prostituirsi. I metodo prevedeva un corteggiamento serrato delle ragazze, il loro innamoramento, la conquista della fiducia e la promessa di una relazione.

In una delle conversazioni del luglio 2018 con Siminica Ionel Sima, anch’egli finito in carcere, si coglie la brutalità della sua condotta, la violenza perpetrata nei confronti di una delle “sue” donne sfregiata e le sue preoccupazioni, ma solo per le conseguenze penali nei suoi confronti: «Credo che muoio in galera».

Non certo, quindi, per quelle fisiche e psicologiche della ragazza, Roxana Ioana Ene. «L’ho spaccata di brutto, come non ho mai fatto fino ad ora – si legge- le ho demolito la faccia, ora le metto 50 punti di sutura». Il motivo dell’aggressione lo spiega lui stesso ed è legato al desiderio della donna di una gravidanza: «Basta, facciamo dei figli. Se non facciamo dei figli io me ne vado!». Dopo le cure in ospedale la donna era stata nuovamente costretta a prostituirsi, nonostante Ceaciru sottolinei: «Non credo che esce a lavorare per altri cinque mesi».

In un’altra circostanza e conversazione, del 17 settembre dello stesso anno, Georgiana Alina Varga, fidanzata ufficiale del Sima, scovando una fitta corrispondenza con un tassista, presumibilmente un suo cliente, e Geta Tudorescu, altra donna costretta a prostituirsi. Il gruppo decide una sua punizione esemplare, da affidare a Sima. A minacciarla era però Ceaciru, in veste di capo: «Non avere paura, non ti spacco la faccia, lo so che hai paura che ti spacco la faccia». Il dramma della ragazza si consuma in un atto di autolesionismo. Alle minacce, infatti, reagiva ingurgitando pillole. Varga, che aveva il compito di sorvegliarla, entra nel panico.

«Dagli al diavolo cinque pugni in bocca! Che vengo e che muoia la mia famiglia se non gli salto con i piedi sopra! Dagli al diavolo cinque schiaffi. Che gli salto con i piedi sopra adesso», le viene suggerito da Sima. Un’altra delle tante storie drammatiche è quella che coinvolge Maria Cosmina Gubendreanu, che aveva più volte iniziato una gravidanza.

«Quella cinque volte è rimasta incinta», si ascolta in un’intercettazione Ceaciru, preoccupato della condizione che avrebbe causato perdite economiche al gruppo, per questo, dice: «L’ho fatta abortire di nuovo», accompagnandola fuori dal territorio italiano, in Romania, perché si compisse l’operazione. Il viaggio di Ceaciru per costringere indurre la donna ad abortire per poi tornare a prostituirsi diventa oggetto di interesse fra i membri del gruppo, che puntava a utilizzare il posto della donna. La ragazza in questa circostanza comprende che la persona con cui pensa di essere legata sentimentalmente è in realtà il suo sfruttatore.

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