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Gli agenti della polizia locale si sono finti clienti per entrare in bar e ristoranti della movida barese e controllare se gli esercenti richiedevano il Green pass ai loro avventori. In cinque sono stati sanzionati con 400 euro perché intenzionalmente non verificavano il possesso della certificazione.
«Questa settimana convocherò un’assemblea cittadina con gli operatori del settore, il 30 ottobre è dietro l’angolo e ci sono tante cose da discutere».

Gianni Del Mastro è uno dei decani tra i ristoratori baresi. Gestisce l’Osteria del Borgo antico in piazza Mercantile, è da sempre impegnato dal basso in politica ed è tra i rappresentanti più attivi della categoria. Il suo intento è quello di portare avanti istanze che ritiene fondamentali: proroga della possibilità di allestire le pedane all’esterno dei locali, possibilità di chiusura degli spazi esterni con vetrate in materiale plastico, più voce in capitolo per i ristoratori su decisioni che coinvolgono la loro attività.

Che ne pensa delle sanzioni?
«Che la norma va rispettata. Chi sbaglia è giusto che paghi. Ma è la norma che contesto. Sono vaccinato e non discuto certo l’importanza che hanno avuto nell’abbattere i contagi Covid i vaccini, però sono una persona democratica. Non ritengo giusto obbligare di fatto le persone a vaccinarsi, è una decisione che ha a che fare col proprio corpo e il principio di autodeterminazione, in un momento storico in cui si discute di eutanasia ci vedo un precedente pericoloso in questa imposizione. C’è poi la questione legata all’applicazione della norma».

In cosa è errata l’applicazione?
«Lo Stato non lo rende obbligatorio e in questo modo si deresponsabilizza. Detto ciò non possiamo essere noi a fare i poliziotti. Alle persone possiamo chiedere se hanno il certificato o meno, saranno poi i controlli, come è avvenuto in questi casi, a verificarlo. Sarà il cliente poi a pagarne le conseguenze. Il Green pass, comunque, penalizza tanti di noi con spazi piccoli all’interno. Eppure fino a qualche mese fa valevano le regole del distanziamento, dell’igienizzazione e delle mascherine indossate quando ci si alza per andare al bagno. Erano regole ritenute sufficienti, non si comprende perché ora non lo siano più».

Ha avuto difficoltà ad applicare la regola?
«Per adesso è andata bene perché il mio locale usufruisce dello spazio esterno e quindi chi non ha il Green pass viene fatto accomodare, quando è possibile, lì. Però rimane antipatico doverlo chiedere, è entrare nella sfera della privacy di una persona in maniera quasi brutale. Eppure, ricordiamoci che i numeri dicono come i contagi all’interno di bar e ristoranti siano lo zero virgola zero qualcosa. Basterebbe quindi rispettare quelle regole».

Torniamo all’iniziativa della riunione cittadina. Perché è urgente?
«Perché non ci riuniamo da tanto tempo e perché ci sono quei punti dirimenti di cui discutere. Il sindaco ci deve ascoltare come dovrebbe farlo la Regione. Gli spazi esterni, una nostra proposta, ci hanno aiutato tantissimo da questa estate a oggi. Ma le istituzioni non devono dimenticare i 18 mesi di chiusure che ci hanno messo in crisi. Ognuno di noi tra Regione e banche, se pur a tasso agevolato, ha contratto debiti da 70 – 80 mila euro. Abbiamo anche difficoltà a trovare personale specializzato, non perché non lo paghiamo, ma perché con la crisi molti hanno deciso di lasciare questo settore, dopo aver visto la cassa integrazione coprire solo parte del proprio stipendio e arrivare in ritardo. Un pizzaiolo bravissimo che lavorava con me ora è in un supermercato. Ha tre figli e 600 euro di affitto da pagare, non poteva certo aspettare ancora».

In cos’altro sbagliano le istituzioni?
«Nessuno ci ha mai coinvolti, nessuno che ci abbia chiesto come stia andando. Eppure Bari è piena di turisti e se la Puglia è la regione più gettonata di tutte lo è grazie a noi. Il 90 per cento delle persone la scelgono non solo per il mare ma anche per il cibo. Siamo un valore aggiunto, portiamo economia e ricchezza, siamo un settore trainante, ma non siamo mai considerati una risorsa».

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