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La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, a Bari

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Arriva puntuale, accompagnata dal rombo dell’elicottero che sorveglia la zona e fa da colonna sonora all’incontro. La ministra della Giustizia Marta Cartabia, a Bari per una visita istituzionale, all’ingresso del palagiustizia penale di via Dioguardi viene accolta dal procuratore Roberto Rossi, fresco di nomina. Con lui, per una visita agli uffici giudiziari e alla “seconda torre Telecom” che secondo i programmi nei prossimi mesi ospiterà la Procura (in aggiunta all’attuale edificio dove oggi hanno sede Procura e Tribunale), il sottosegretario alla Giustizia, l’avvocato barese Francesco Paolo Sisto e il presidente dei penalisti baresi, l’avvocato Guglielmo Starace.

Le congratulazioni al procuratore Rossi di rito, il giro negli uffici e poi di volata all’altro appuntamento, in una delle tante sedi giudiziarie che compongono la costellazione barese. Aveva preparato dieci pagine sulla riforma dell’ufficio del processo, come sta facendo in vari distretti del Paese, ma «quando l’impatto con una Corte di Appello parte dalla visita dei locali delle torri che temporaneamente, per emergenza, ospitano gli operatori della giustizia, non ci si può limitare ai convenevoli» si stringe nelle spalle.

E ricorda «l’immagine delle tende che – afferma – chiamava a una risposta pronta, urgente, immediata, era il 2018 e l’idea che lo Stato rispondesse dieci anni dopo, mi sembrava semplicemente inaccettabile», riferendosi all’iniziale cronoprogramma che prevedeva la consegna del primo lotto del nuovo Parco della giustizia nel 2028.

Per la Guardasigilli «quello che sta accadendo con l’edilizia giudiziaria a Bari ha un valore emblematico di come vorrei che andasse questa stagione di riforme – annuncia – Questa risposta dello Stato sarebbe bene che diventasse l’emblema della linea d’azione del governo di fronte ai tantissimi problemi della giustizia italiana». E sulla questione dell’edilizia «si giocano due aspetti – spiega – Il primo è mettere la giustizia nelle condizioni di funzionalità, poter rispettare tempi, necessità organizzative, spazi di vita che sappiamo essere particolarmente decisivi dopo questa esperienza della pandemia.

Il secondo aspetto, non secondario, è l’immagine che noi vogliamo veicolare del ruolo che ha la giustizia nella vita di un Paese. I luoghi parlano della vita che si svolge dentro quei luoghi. Quando ci sarà da costruire, da fare scelte – conclude – non trascurate gli aspetti così materiali, perché come tutte le cose umane, siamo fatti di anima e corpo e anche l’anima della giustizia passa attraverso i mattoni, i vetri, i legni di cui sarà fatto il nuovo palazzo».

Intanto, le problematiche attuali sono evidenziate dal procuratore Rossi: «Abbiamo mostrato le specificità della città di Bari dal punto di vista della giustizia e siamo certi di essere stati ascoltati – sostiene – Il cammino è ovviamente lungo per le questioni complesse, ma c’è una collaborazione con le istituzioni che è molto utile».

Molto soddisfatto anche il presidente della Corte di Appello di Bari, Franco Cassano: «Pensiamo che il risultato sia da ascrivere alla sua sensibilità politica e alle sinergie che finalmente si sono determinate nella città, oltre che al particolare momento politico, che vede il Paese governato da un esecutivo forte e autorevole, circondato da ampio consenso».

Ed esprime apprezzamento, a nome di tutto il distretto giudiziario, «per la forte accelerazione impressa alla soluzione della questione dell’edilizia giudiziaria con la nomina, nel luglio scorso, di un commissario straordinario preposto alla realizzazione del Parco della giustizia e con la previsione, agli inizi di questo mese, di procedure più rapide per l’esecuzione delle opere.

Vorremmo – aggiunge – che con la stessa fermezza e con la stessa sinergia, seguendo il metodo della concertazione, si affrontassero ora gli aspetti ancora irrisolti che concernono il tipo di progettazione a compiersi e i suoi ambiti contenutistici. Auspichiamo che al più presto sia reso noto il nuovo cronoprogramma dei lavori e che avvocati, magistrati e personale amministrativo degli uffici giudiziari siano adeguatamente informati sull’andamento effettivo dei lavori».

La ministra tocca temi importanti come la riforma dell’ufficio del processo, «credo che possa servire a dare energie, credo che qui passi un cambiamento epocale – spiega – perché si passa da un giudice solo a un lavoro di squadra e già questo di per sé è entusiasmante, perché dà il senso di un’opera collettiva, di un lavoro per il bene comune. E c’è un’altra ragione: nell’ufficio del processo c’è un incontro intergenerazionale, stiamo creando un ponte tra generazioni».

E la massiccia risposta dei giovani al bando per l’ufficio del processo, quasi 67 mila: «Sicuramente in questi 67mila c’è una questione occupazionale ma forse, mi piacerebbe leggerla così, c’è anche dell’altro, c’è in atto una riscoperta del valore inestimabile, altissimo, nobile che è spendere la propria personalità al servizio della domanda di giustizia che i cittadini hanno».

E infine: «Questo è un momento in cui il Governo sta investendo, a differenza di qualche anno fa quando la giustizia rimaneva sempre un po’ all’angolo, mi sembra che ci sia la consapevolezza della necessità di mettere risorse nuove».

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