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Operai in fabbrica - immagine di repertorio

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In tutto il mondo il settore automobilistico è già interessato da profondi cambiamenti non senza ripercussioni sull’occupazione, ma in Puglia, se possibile, la situazione è ancora più complicata e preoccupante. Sarebbero a rischio sino a un terzo dei posti di lavoro, perché «gli investimenti effettuati in passato, oltre che di minore intensità rispetto alla media nazionale, hanno interessato tecnologie quali il common rail e componenti della trasmissione, che le sempre maggiori attenzioni verso le emissioni (e gli scandali internazionali sulle emissioni falsificate dei motori diesel) e il passaggio verso l’auto elettrica pongono in secondo piano».

A lanciare l’allarme era già a fine 2020 Arti, l’Agenzia regionale per la Tecnologia e l’Innovazione della Regione, in un report che, evidentemente, è stato sottovalutato. Bosch e i 700 esuberi in 5 anni, insomma, rischia di essere solo la prima scossa di terremoto nell’automotive pugliese per colpa di investimenti scarsi e sbagliati. Mentre nel resto di Italia si spendeva di più e in direzione dell’elettrico in vista della transizione, qui in Puglia si puntava ancora sui motori a diesel destinati ad essere soppiantati.

Il risultato è che un intero settore trema, ecco qualche dato: l’automotive, sempre secondo il rapporto Arti, in Puglia è composto da circa 80 aziende, il 2% del totale nazionale, che danno lavoro a circa 6mila persone. Le aziende più importanti per numeri sono però una decina e queste hanno già pagato un conto salato per via della pandemia: l’impatto del Covid-19 ha generato perdite complessive per 658 milioni di euro tra il 2020 e il 2021.

Oltre Bosch, anche Marelli holding nei giorni scorsi ha annunciato entro giugno, in tutta Italia, 550 esuberi sui 7.900 dipendenti, a rischio anche la sede di Bari anche se non ci sono notizie ufficiali. La transizione dal diesel all’elettrico, anche se non sarà imminente, mette, quindi, a repentaglio sino a 2mila posti.

«La filiera automotive pugliese – si legge nel report – si conferma ai margini, viste la predominanza di produzioni tradizionali e la sostanziale assenza di imprese attive nella fabbricazione di batterie e motori elettrici. Alcune stime evidenziano come il cambio di produzione da auto alimentate a gasolio o benzina ad auto elettriche porti alla perdita di circa un terzo della manodopera. In altre parole, andrebbe persa una moltitudine di attività legate ai motori termici e all’alimentazione da carburanti a favore di forniture in gran parte derivanti da Paesi extra-europei».

Ovviamente si tratta di stime, ma la vicenda Bosch insegna che gli allarmi lanciati nei mesi scorsi non erano poi così lontani dalla realtà. «Sul territorio regionale – si legge ancora – non mancano tuttavia alcuni tentativi di inversione di rotta, come testimoniano alcune produzioni, seppur limitate e volte a soddisfare esigenze di mercati di nicchia, come quelle della Magneti Marelli, che ha dedicato una linea di produzione ai motori elettrici per case automobilistiche di elevato pregio quali Ferrari e Porsche».

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